Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti.


Si verifica al culmine di un anno di attentati e di progressivo aggravamento della situazione politica e dell'ordine pubblico. Col senno di poi e alla luce di tutto ciò che è stato poi appurato in ordine ai prodromi della strage, è del tutto evidente come vi fossero elementi importanti per indirizzare le indagini nei confronti del gruppo veneto.

Della strage di piazza Fon tana si conosce ormai quasi tutto, anche a seguito delle ammissioni tardive del generale Maletti e dello stesso ministro degli Interni del tempo Taviani. Ma soprattutto per l'accurato lavoro di ricerca di giudici, storici e giornalisti d'inchiesta. Sta di fatto che non è stata pronunciata alcuna condanna, salvo che per Carlo Digilio, reo confesso.

Alla luce dell'imponente materiale documentale disponibile, possiamo delineare un percorso che conduce all'evento del 2 agosto 1980, seguendo un filo di continuità storica che dà fondamento al quadro definito dall'accusa per rendere finalmente comprensibile la causale della strage del 2 agosto, che in tutti questi anni è rimasta sostanzialmente inaccessibile. E da qui il conflitto interpretativo di cui si trova eloquente ed esplicita traccia nella sentenza Cavallini.

Alla fine del 1969 la sequela di attentati di cui si è dato sommariamente conto poneva seriamente il tema di un possibile colpo di Stato in Italia attuato da ufficiali dall'esercito con il sostegno dei militanti dell'estrema destra e il sostegno del regime militare greco. L'ipotesi non circola clandestinamente ma è enunciata esplicitamente nel dibattito pubblico; si parla di scioglimento delle camere, di elezioni e del che fare nel caso in cui le sinistre fossero sconfitte in questo straordinario round elettorale (tenuto sotto il ricatto dei militari, è da pensare) e non accettassero il responso delle urne; che nel contesto dell'insicurezza e della condizione di paura suscitati dagli strateghi della guerra psicologica avrebbe dovuto premiare la destra. Al centro del dibattito, come da alcuni anni, la riforma presidenziale delle istituzioni, di tipo gollista, mirante ad accrescere il ruolo di decisore di ultima istanza del Capo dello Stato, con ridimensionamento del ruolo dei partiti, in modo da restituire stabilità all'assetto.

La strage del 12 dicembre con i suoi morti e le decine di feriti, le contemporanee esplosioni a Roma con rilevante numero di feriti, l'ordigno inesploso alla Banca commerciale di Milano intervengono in questa temperie. E' "strage indiscriminata" che inaugura il ciclo che porta al 2 agosto 1980.

Non possono esservi dubbi che vi sia un denominatore comune che collega piazza Fontana alla strage della stazione, passando per le stragi intermedie, in un continuum che deve essere spiegato, per giungere alla spiegazione di ogni fatto.

E' del tutto comprensibile l'ostinazione consapevole che ha accompagnato per oltre quaranta anni i familiari delle vittime, nel chiedere l'individuazione della causale della strage modo essenziale per individuare tutti i responsabili, sapere da chi fu ideata, decisa, organizzata, finanziata. L'idea dell'estemporanea determinazione di un gruppo di neo fascisti "folli" appare obiettivamente irriverente per la memoria, perché si può morire per mano di un folle, ma morire in 85 o essere irreparabilmente lesi in centinaia per mano dì un gruppetto di fanatici che nessuno è riuscito a fermare, nonostante la notorietà delle loro imprese, dopo anni di processi e di depistaggi, con una parte dell'opinione pubblica e del mondo politico che vorrebbe chiudere persino questo capitolo con un revisionismo storico che si ripresenta a ondate, non permette di elaborare il lutto e di avere pace che può venire soltanto dalla comprensione, dalla conoscenza, dalla verità.

Torniamo al 12 dicembre. La falsa pista anarchica, la c.d. "pista rossa" con le conoscenze postume e dopo le sentenze e le indagini del giudice Salvini, appare in perfetta linea con il manuale della guerra controrivoluzionaria.

Nella sentenza ordinanza del giudice istruttore milanese Guido Salvini la situazione politica alla data del 12 dicembre viene descritta a partire dalla programmata manifestazione dell'MSI e di Ordine Nuovo fissata proprio per il 14 dicembre.

La fonte principale è Vincenzo Vinciguerra un testimone che anche questa Corte ha potuto apprezzare e sulle cui dichiarazioni si fa particolare affidamento:

Scrive, dunque, il giudice Salvini a pag. 205 della sentenza ordinanza del 1995:

"Sul piano generale VINCIGUERRA ha innanzitutto confermato quanto già dichiarato sin dal 9. 8. 1984 al G.I. di Bologna, poco tempo dopo avere rivendicato la propria responsabilità per l'attentato di Peteano e cioè che il baricentro della struttura stragista al servizio degli apparati dello Stato si trovava in Veneto e in Lombardia, pur dipendendo dalla struttura centrale di Ordine Nuovo di Roma e ne facevano parte i militanti responsabili e operativi della varie cellule: fra gli altri MAGGI e ZORZI a Venezia; SOFFIATI e il colonnello SPIAZZI a Verona; l'intero gruppo di FREDA e FACHINI a Padova; NEAMI, PORTOLAN e BRESSAN a Trieste; Roberto RAHO a Treviso; ROGNONI a Milano; Cristano DE ECCHER a Trento; con agganci minori a Mantova, a Rovigo e in Carnia (...).

"Tale gruppo di persone era rimasto in stabile collegamento sin dagli anni '60, formando una struttura politicamente ed umanamente omogenea e, anche al momento del rientro di Ordine Nuovo nel MS.I., aveva mantenuto all'interno del Partito la propria identità e le proprie capacità operative.

"Solo l'attentato di Peteano (concettualmente non una strage, ma un'azione di guerra), compiuto dal piccolo gruppo di Udine, si differenzia dagli altri episodi dell'epoca in quanto commesso contro lo Stato e non in collusione con gli apparati dello Stato e oggetto di attività di depistaggio all'insaputa e contro la volontà dei suoi autori.

"Gli attentati del 12.12.1969 si inquadrano in una strategia golpista e per essi erano stati utilizzati uomini sia di Ordine Nuovo sia di Avanguardia Nazionale (...).

"Tale strategia era stata introdotta nel nostro Paese grazie all'elaborazione teorica e all'ispirazione dell'AGINTER PRESS di GUERIN SERAC (...) che era la "mente" degli attentati e, in particolare, era in contatto con Stefano DELLE CHIAIE (...).

"Elemento caratterizzante di tale strategia era la creazione di falsi gruppi di estrema sinistra e l'infiltrazione in altri già esistenti, al fine di far ricadere su di essi la responsabilità degli attentati (...), provocare l'intervento delle Forze Armate ed escludere il Partito Comunista da qualsiasi possibilità di influenza significativa sulla vita politica italiana (...).

"Centrale nella ricostruzione degli avvenimenti del 12.12.1969 è poi, secondo il racconto di VINCIGUERRA, il significato della manifestazione indetta per il 14.12.1969, a Roma, dalla Direzione del MSI, subito dopo il rientro di Ordine Nuovo nel Partito, manifestazione che, all'indomani degli attentati, avrebbe dovuto innescare la richiesta da parte della "piazza di destra" di un "Governo forte" e di un intervento dei militari.

"Vincenzo VINCIGUERRA, pur ignaro in quel momento del vero significato strategico dell'adunata, la sera del 12.12.1969 era già partito alla volta di Roma:

" ... In merito all'adunata di Roma, posso specificare che io partii da Udine con Cesare Turco, proprio la sera del 12 dicembre 1969, in treno per Roma per recarci appunto alla manifestazione. Vi era già, ovviamente, la notizia degli attentati e ricordo che alla stazione fummo fermati da un Commissario di Polizia di Udine che ci interpellò pensando che fossimo diretti a Milano. Ritengo significativo ricordare che era giunta per quella manifestazione una convocazione a parteciparvi anche con i simboli di Ordine Nuovo, ed infatti avevamo un cartellone con l'ascia bipenne che noi stessi avevamo preparato per quell'occasione.

La convocazione era avvenuta tramite Maggi e non escludo che mi fosse giunta anche da Roma. In sostanza, la convocazione per la manifestazione era avvenuta come se il rientro di Ordine Nuovo nel MS.I. non ci fosse stato e in quel momento Ordine Nuovo si presentava ancora come un'entità autonoma rispetto al MSI con i propri dirigenti ed i propri simboli. Giunti a Roma restammo tutto il giorno di sabato 13 dicembre in attesa di notizie in quanto non vi era più la certezza che l'adunata si sarebbe svolta ugualmente. Sino a tarda notte le notizie erano ancora incerte. La domenica mattina, e cioè il 14, si seppe che l'adunata non si sarebbe svolta, in quanto sospesa dal Governo, e in serata ripartimmo per Udine. Nel libro io cito la confidenza di Angelo Ventura a Franco Comacchio, riferita da questi all'Autorità Giudiziaria, per sottolineare quello che anche per mia conoscenza era un collegamento tra i due episodi, cioè gli attentati del 12 dicembre e l'adunata di Roma, come inseriti in un 'unica operazione politica. Indico negli attentati del 12 dicembre 1969 non l'inizio della strategia della tensione, bensì il detonatore che, facendo esplodere una situazione, avrebbe consentito a determinate Autorità politiche e militari la proclamazione dello stato di emergenza.

A domanda dell'Ufficio, questo mio elemento di conoscenza della verità del collegamento dei due episodi di cui parla Comacchio risale agli anni '70, prima della mia carcerazione ... "(...).

"Gli articoli e le manchettes delle pagine del quotidiano "Il Secolo d'Italia" del dicembre 1969, acquisite in copia, sono in piena corrispondenza con la descrizione di Vincenzo VINCIGUERRA relativa a tale manifestazione.

"Sin dai primi giorni di dicembre, infatti, il quotidiano del Movimento Sociale Italiano annunzia con grande enfasi la manifestazione al Palazzetto dello Sport, definita "Incontro con la Nazione", "Appuntamento con la Nazione" e "Grande Adunata". "Oratore principale della giornata era ovviamente il Segretario del Partito, on. Giorgio Almirante, il quale, con il suo discorso, avrebbe dovuto fare appello all'intesa e compattezza delle forze nazionali nel momento di emergenza" che si stava vivendo, riservando al suo Partito solo il privilegio, nella lotta per salvare l'Italia, di "combattere sulla trincea più avanzata" (cfr. "fl Secolo d'Italia", 12.12.1969, pagine 1 e 8).

"Solo il 14.12.1969, giorno della manifestazione, il quotidiano darà la notizia del divieto, per tale giornata, di qualsiasi manifestazione pubblica e quindi anche della "Grande adunata", attribuendo tale provvedimento alla "debolezza del regime verso il P.C.I." e ad interventi in tal senso dei socialisti del P.S.I e dei repubblicani.

"Anche Martino SICILIANO ha ricordato l'importanza della manifestazione, a cui Ordine Nuovo avrebbe dovuto presentarsi in ranghi compatti con scudi e insegne, e di essere stato fermato, mentre insieme ad altri mestrini stava per partire alla volta di Roma, dal contrordine del dr. MAGGI che comunicava l'annullamento della manifestazione (int.21.8.1997).

"Martino SICILIANO ha anche ricordato che, nei giorni precedenti, Delfo ZORZI aveva partecipato a Mestre ai preparativi della manifestazione, a dispetto della versione di ZORZI che, quale linea difensiva, ha cercato di sostenere di essere stato ormai lontano, in quel periodo, dalla vita politica attiva, di non avere frequentato quasi più Martino SICILIANO e soprattutto di avere trascorso a Napoli i giorni precedenti il 12.12.1969.

"Punto centrale è certamente il fatto che Vincenzo VINCIGUERRA, militante ancora giovanissimo nel dicembre 1969 e non inserito nei progetti strategici più delicati, avesse appreso a metà degli anni '70 (come precisato nell'interrogatorio in data 16.6.1992) che gli attentati del 12.12.1969 e l'adunata di Roma facevano parte di un'unica operazione politica.

"Si tratta, come rilevato dallo stesso VINCJGUERRA anche nel suo libro "La Strategia del Depistaggio", citato nell'interrogatorio in data 13.1.1992, di una notizia del tutto analoga alla confidenza che Angelo VENTURA, fratello di Giovanni, aveva fatto a Franco COMACCHIO e che quest'ultimo aveva riferito agli inquirenti nel corso dell'istruttoria sulla cellula padovana (int. COMACCHIO al P.M di Treviso, 6.11.1971).

"Franco COMACCHIO aveva infatti ricevuto da Angelo VENTURA, pochissimi giorni prima del 12 dicembre, la confidenza che di lì a poco sarebbe "avvenuto qualcosa di grosso", in particolare "una marcia di fascisti a Roma e qualcosa che sarebbe avvenuta nelle banche".

"Due avvenimenti strategicamente collegati, dunque, ed è significativo che quanto appreso da VINCIGUERRA da fonte diversa rispetto a quella di COMACCHIO (int. VINCIGUERRA, 16.6.1992) confermi a posteriori il racconto di quest'ultimo, purtroppo sottovalutato nelle fasi dibattimentali come è avvenuto per tante circostanze raccolte nel corso delle prime istruttorie.

"Per di più nel corso della presente indagine anche Giampaolo STIMAMIGLIO, gravitante nell'ambiente veronese di Ordine Nuovo e molto legato, anche sul piano amicale, alla famiglia VENTURA, ha riferito che sia Giovanni VENTURA sia i/fratello Luigi gli avevano confidato, prima dei fatti del 12.12.1969, che presto sarebbe avvenuto "qualcosa di grosso" che avrebbe cambiato la situazione politica in Italia (dep. 16.3.1994,).

"Giuseppe FISANOTTI, anch'egli appartenente all'area di Ordine Nuovo di Verona e cognato di Giampaolo STIMAMIGLIO avendone ;posato la sorella Rita, ha confermato che sia Giampaolo sia Rita gli avevano riferito le confidenze a loro volta ricevute da Giovanni VENTURA già all'epoca dei fatti, circostanza questa che conferma 1'attendibilità della testimonianza di Giampaolo STIMAMIGLIO (dep. FISANOTTI a questo Ufficio, 8.5.1993),

"Gli avvenimenti del 12.12.1969 erano stati, quindi, senza troppe cautele e in varie occasioni, preannunziati dai fratelli VENTURA ed era stato rimarcato il collegamento con la manifestazione del 14.12.1969 così come VINCIGUERRA aveva in seguito appreso da fonti del tutto differenti.

"Per quanto concerne la materiale esecuzione degli attentati, il gruppo di Ordine Nuovo di Trieste aveva partecipato agli attentati ai treni dell'8/9 agosto 1969 (int.2.12.1992; 21.12.1992,), mentre Avanguardia Nazionale era responsabile, fornendo un apporto operativo determinante, degli attentati della giornata del 12 dicembre 1969 avvenuti a Roma (int.29.6.1992).

"Si noti che tali indicazioni di VINCIGUERRA, seppur laconiche e incomplete, sono in perfetta sintonia con le altre acquisizioni processuali e cioè le dichiarazioni di Carlo DIGILIO e, per quanto concerne gli attentati all'Altare della Patria, quelle di Graziano GUBBINI e di Giuseppe ALBANESE (rispettivamente, dep ai GG.II di Milano e Bologna in data 24.1.1994, e dinanzi al G.l di Bologna in data 3.9.1992).

"Aldo TRINCO, commesso della libreria "Ezzelino" di Padova e appartenente alla cellula di Franco FREDA, incontrando Vincenzo VJNCIGUERRA nel 1972, aveva più volte rivendicato al gruppo di "Padova la corresponsabilità nella strage esprimendosi in modo cinico con le parole "Siamo stati noi, infondo era plebe" (int. 16.6.1994).

"Delfo ZORZI, nel 1973, aveva proposto a Vincenzo VINCIGUERRA di collaborare alla fuga di Franco FREDA, il quale avrebbe dovuto evadere dal carcere ove era detenuto ed espatriare inizialmente in Austria attraverso un valico di confine non troppo sorvegliato e il cui attraversamento clandestino non doveva essere troppo impegnativo sul piano fisico in quanto, all'epoca, FREDA soffriva di problemi alla schiena.

"Compito di VINCJGUERRA era quello di individuare il valico più adatto ed egli aveva scelto a tal fine il Passo del Giramondo, che era sorvegliato da pochissimi militari della Guardia di Finanza e tramite il quale si poteva raggiungere l'Austria senza troppe difficoltà (int. 13.1.1992).

"Il progetto era stato poi abbandonato senza che VINCIGUERRA ne avesse mai potuto conoscere le ragioni.

"Le non buone condizioni fisiche di Franco FREDA sono state confermate da lui stesso, il quale ha riferito che all'epoca portava un busto ortopedico soffrendo di un 'ernia del disco.

"L'episodio ricordato da VINCIGUERRA è in perfetta sintonia con la proposta fatta nello stesso periodo da Delfio ZORZI a Carlo DIGILIO di collaborare all'evasione di Giovanni VENTURA adoperandosi per duplicare la chiave della cella ove questi era detenuto (int. DIGILIO, 29.1.1994; 16.4.1994,) ed entrambi i progetti sono evidentemente indicativi della pregressa comune operatività del gruppo di FREDA e del gruppo di ZORZI nell'operazione del 12.12.1969.

"Infine VINCIGUERRA ha rievocato un colloquio avuto con Adriano TILGHER, braccio destro di Stefano DELLE CHIAIE, nell'estate del 1979, pochi mesi prima che VINCIGUERRA scegliesse di costituirsi anche per non essere più coinvolto nelle attività di forze che si dicevano "rivoluzionarie", ma in realtà gli apparivano sempre di più al servizio dello Stato e delle sue logiche di potere.

"Era da poco stato pubblicato un libro scritto da Massimo FINI concernente le indagini sulla ''pista nera", soprattutto l'istruttoria milanese dei Giudici D'Ambrosio e Alessandrini, e nel libro l'autore aveva sostenuto la corresponsabilità di Avanguardia Nazionale negli attentati del 12.12.1969.

"Commentando il contenuto del volume, VINCIGUERRA, all'epoca divenuto già militante di Avanguardia Nazionale ed ancora convinto dell'estraneità almeno di tale organizzazione alla strategia delle stragi (mentre gli erano ormai chiare le responsabilità dell'organizzazione in cui aveva militato in precedenza e cioè Ordine Nuovo), aveva affermato che la ricostruzione del giornalista era comunque priva di significato, ma Adriano TILGHER lo aveva smentito rispondendogli testualmente "Ti sbagli, perché D'Ambrosio ha capito tutto" (int. 16.6.1992).

"La preoccupazione di Adriano TILGHER, espressa con tale commento. si riferiva non solo alla corresponsabilità di Avanguardia Nazionale, ma anche agli agganci istituzionali individuati dagli inquirenti e al ruolo di GUERIN SERAC, la cui importanza era stata compresa nel corso dell'istruttoria milanese, ma non aveva potuto essere approfondita anche a seguito del trasferimento dell'istruttoria.

"Il commento preoccupato di Adriano TILGHER ricorda il fastidio con cui Stefano DELLE CHIAIE, a Madrid nel 1974, aveva rinfacciato a GUERIN SERAC l'incauta intervista rilasciata dal suo braccio destro, Robert LEROY, al settimanale "L'Europeo" in cui questi, pur senza ovviamente far riferimento ad azioni eversive, aveva rivelato i rapporti esistiti in passato fra lo stesso LEROY e gli italiani DELLE CHIAIE, MERLINO e SERPIERI (int. VINCIGUERRA, 20.5.1992;...).

Tale affermazione, secondo DELLE CHIAIE, era pericolosissima in quanto DELLE CHIAIE e MERLINO erano indicati nell'appunto del SID del 16.12.1969 (forse in parte originato proprio dalle confidenze di Stefano SERP IERI legato al SID) come elementi in contatto con SERAC e LEROY, gerarchicamente dipendenti da questi e organizzatori, in tale veste, di alcuni degli attentati del 12.12.1969 proprio su ispirazione dell'AGINTER PRESS.

Ogni riferimento a tali collegamenti era quindi potenzialmente molto dannoso in quanto toccava un nervo scoperto della strategia complessiva degli attentati e gli inquirenti (che, secondo una fonte attendibile come Adriano TILGHER, "avevano capito tutto") avrebbero potuto non lasciarsi sfuggire l'occasione di approfondire ancora, anche alla luce dell'intervista, tale pista. "

Il risultato finale è incertezza nell'attribuzione della strage, una strategia in cui si alternano e confondono piste di destra e di sinistra con l'obiettivo, più volte richiamato da Vincenzo Vinciguerra, di stabilizzare al centro gli equilibri politici, isolando politicamente le ali estreme dello schieramento politico.

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