io posso ripetere questo: Costa veniva da Caltanissetta, piccolissimo centro rispetto alla grande città, quindi con problemi piccoli rispetto ai grandi problemi di una città come Palermo; Costa era un uomo intelligente e soprattutto un osservatore; cercava di penetrare un po’ in quello che era l’ambiente del Palazzo di Giustizia che a lui era completamente sconosciuto...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo il libro “L'illegalità protetta”, edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia
Io avevo saputo – ma la mia informazione può non essere esatta – che quegli appalti furono aggiudicati a cinque ditte formalmente differenti anche se tutte legate allo stesso gruppo – ma la particolarità era che per ogni appalto concorreva una ditta sola.
Sì, certo, questo è vero; difatti poi uno degli atti del Presidente Mattarella fu quello di fare annullare questi appalti; infatti le scuole non sono state più costruite.
Insomma, c’erano tante vie da battere, perché mentre per Terranova, per Giuliano avevamo già certi orientamenti, per il presidente della Regione un orientamento ben preciso non c’era, perché il presidente Mattarella voleva mettere ordine e legalità nei settori della vita regionale dove l’ordine e la legalità non esistevano; c’era corruzione e un po’ di tutto.
Ci fu l’inchiesta Cardillo, che era allora assessore regionale ai lavori pubblici, ma il presidente Mattarella cercò e fece di tutto per eliminare tutte quelle situazioni abnormi che c’erano alla Regione Siciliana. Quindi avevamo questi contatti con Costa; io posso ripetere questo: Costa veniva da Caltanissetta, piccolissimo centro rispetto alla grande città, quindi con problemi piccoli rispetto ai grandi problemi di una città come Palermo; Costa era un uomo intelligente e soprattutto un osservatore; cercava di penetrare un po’ in quello che era l’ambiente del Palazzo di Giustizia che a lui era completamente sconosciuto; non era mai stato a Palermo, la sua carriera si era sempre svolta a Caltanissetta, non aveva molte relazioni.
Aveva rapporti di amicizia, molto buoni, con il presidente del Tribunale: difatti andava spesso a trovarlo perché, diceva, essendo il procuratore della Repubblica presso il tribunale, era giusto che i loro rapporti fossero buoni; poi so che si erano conosciuti, non so in che occasione.
Aveva rapporti molto buoni. Con i sostituti, non penso che ci fosse, perlomeno nei primi tempi, un rapporto intenso, voglio dire di collaborazione, perché Costa in quel periodo era in una fase di assestamento, una presa di contatto, anche con i singoli sostituti, per cercare di sapere a chi appoggiarsi o a chi affidare certe inchieste delicate, perché lui era un uomo estremamente cauto e prudente.
Fino al maggio ’80 il procuratore Costa non ebbe modo di manifestare quella che era la sua vocazione contro la mafia, perché intanto quegli omicidi che si erano verificati, erano tutti ad opera di ignoti; la polizia mandava i rapporti anche dopo un anno, un rapportino preliminare e poi dopo 8-12 mesi arrivava il rapporto con gli allegati.
Dove Costa manifestò l’impegno che già lui coltivava (ma che non aveva avuto modo di esternare) fu appunto in occasione del processo «Mafia e droga».
Pare che avesse già chiesto un rapporto informativo, dopo l’omicidio Mattarella, proprio per quei famosi appalti?
C’è la missiva in atti perché del processo mi occupo io: più che rapporto informativo lui si rivolse alla Guardia di Finanza per chiedere un’indagine molto approfondita sugli appalti e le attività, anche economiche, di queste persone che erano indiziate; o perlomeno anche sospettate, perché a livello di sospetto si pensò che l’omicidio forse poteva essere maturato in quell’ambiente mafioso, e lui proprio si occupò in modo non eclatante.
Convocò il comandante del Nucleo di Polizia Tributaria e gli richiese un’indagine, come atto estremamente riservato del processo. Dove Costa venne allo scoperto, fu quando, andando in contrario avviso dei sostituti, convalidò quegli arresti. Qui è doveroso che io faccia una precisazione: si è detto che dei 55 arrestati, 20 furono poi prosciolti dal giudice Falcone. La notizia è inesatta, completamente inesatta. Dei 55 arrestati, i prosciolti dal giudice Falcone nel corso dell’indagine istruttoria sono stati sei o sette, due dopo un mese circa e cinque, o sei, o quattro (non ho ricordi precisi, ma su questo potrà essere preciso Falcone se voi riterrete di sentirlo) dopo otto mesi o dopo un anno o forse più.
Ci furono scarcerazioni per mancanza di indizi o furono delle libertà provvisorie?
No, no, parlo di scarcerazione per mancanza di indizi, però non è che gli indizi non ci fossero al momento dell’arresto, gli indizi vennero meno nel corso dell’indagine istruttoria.
Vi faccio un esempio: c’era un bancario arrestato; nel momento in cui il bancario venne arrestato, la polizia utilizzò delle conversazioni telefoniche con dei mafiosi che facevano riferimento a delle operazioni poco pulite apparentemente; dopo venti giorni si chiarì la posizione del bancario e lo stesso fu messo fuori per insufficienza di indizi; però altri mafiosi furono messi fuori dopo un anno di indagine, perché, secondo quello che mi diceva Falcone (e credo che lo dovrà dire se sarà convocato), le condizioni per convalidare l’arresto c’erano, solo che vennero meno nel corso dell’istruzione. Per sei o sette, non di più; poi ci furono parecchi prosciolti, altri furono prosciolti però da un reato, cioè dall’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, mentre ora sono stati rinviati a giudizio per il 416 C.P. (il reato già contestato fin dall’inizio), questa è la prova certa che al momento in cui Costa convalidò gli arresti, le condizioni per la convalida c’erano.
Io devo dire che questo episodio doloroso, estremamente doloroso, si ripercosse negativamente anche sul mio ufficio, perché già i detenuti sapevano (per il fatto che la notizia era stata pubblicizzata, di questa diversità di vedute, per non dire altro) che non appena sarebbero arrivati all’Ufficio istruzione questi sarebbero stati messi fuori; ma le cose non andarono come loro prevedevano per un processo, perché purtroppo per un altro processo le cose andarono così come loro pensavano. Era un processo affidato ad altro giudice e non fu condotto nella stessa maniera di come fu condotto il processo affidato a Falcone.
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