Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo il libro “L'illegalità protetta”, edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia


Io penso che sia dovere di ogni cittadino cercare di conoscere e approfondire il problema della tossico-dipendenza che, negli anni Ottanta, è diventato pressante, grave e preoccupante.

È un problema che fino a cinque o sei anni fa era stato sottovalutato e, per questo, affrontato con criteri di approssimazione e con quel pressapochismo che a volte caratterizza, purtroppo, noi italiani.

Non già che il problema non si conoscesse o non si manifestasse; se è vero che nel 1970 in tutta Italia avevamo appena 200 tossicodipendenti, è vero anche che, fin da allora, questo avrebbe dovuto rappresentare un campanello d’allarme.

Era inevitabile che, col dilagare della cosiddetta civiltà dei consumi, la droga, così come aveva cominciato ad affliggere l’America, l’Inghilterra e altri stati del Nord Europa, avrebbe finito col diffondersi anche nel nostro Paese Erano gli anni nei quali risentivamo ancora di un certo benessere, del cosiddetto «miracolo» economico. Erano gli anni immediatamente successivi al 1968, gli anni in cui si guardava all’avvenire già con una certa preoccupazione e con una certa ansia, specie da parte dei giovani.

Eppure, fin da allora il problema della tossicodipendenza non fu avvertito nella sua reale portata e nella sua gravità, per come avrebbe dovuto. In Italia abbiamo fatto la politica di quel volatile che no vola ma corre, e che quando si trova di fronte al pericolo nasconde la testa in mezzo alla sabbia: la politica dello struzzo. Pensavamo che il flagello della droga non dovesse toccarci.

Invece i guai sono venuti anche per noi e in forma molto più acuta di quanto non accada in altri paesi europei ed extraeuropei, perché purtroppo l’Italia – e in particolare la nostra Isola e segnatamente Palermo – è diventata un centro di produzione della droga. Noi sappiamo che quintali, per non dire tonnellate, di eroina arrivano ogni anno negli USA dalla Sicilia, da Palermo; sappiamo anche che se il prodotto non è siciliano, è comunque smistato attraverso la Sicilia.

Le più grosse bande di trafficanti e di produttori hanno fissato il loro campo di azione e il loro quartiere generale proprio da noi, a Palermo, in Sicilia. Noi eravamo impreparati; soprattutto perché non pensavamo che la nostra Sicilia e la nostra città potessero divenire un centro di produzione di stupefacenti. se è vero che alcune raffinerie di eroina sono state finora scoperte e smantellate, è altrettanto vero che almeno altre quattro o cinque di esse sono tuttora in piena efficienza.

Gli arresti avvenuti negli Usa in queste ultime settimane coinvolgono grossi trafficanti, i cui nomi risultano implicati anche in processi che noi stiamo istruendo; questa costituisce la riprova che la droga continua a essere prodotta in Sicilia e continua a essere esportata negli Usa In questo traffico vengono investiti milioni e milioni di dollari, che producono una resa del cento per cento nel giro di ventiquattr’ore; mi diceva un esperto di economia che l’impiego di capitali più redditizio è quello che viene fatto proprio nel settore del commercio e della produzione dell’eroina.

Un chilogrammo di eroina pura prodotto a Palermo, e che qui viene venduto mezzo milione di lire, al dettaglio viene venduto il doppio o addirittura il triplo. Gli utili, insomma, sono rilevantissimi

Noi sappiamo che dagli Usa sono arrivati in Sicilia centinaia di milioni di dollari in pagamento dell’eroina là spedita.

La nostra è un’economia che in misura rilevante, perlomeno dagli anni Settanta ad oggi, si è basata sulla droga, sul denaro che gronda sangue, perché ricavato grazie allo smercio dell’eroina che uccide. Ecco perché sarebbe da insensibili non avvertire la necessità umana di dare un contributo – qualunque esso sia – per cercare di individuare gli strumenti capaci, se non di sconfiggere, quantomeno di circoscrivere e limitare il fenomeno, per poi affrontarlo con decisione.

Quando si parla di droga, in genere non si hanno le idee molto chiare. La droga – soprattutto quella cosiddetta leggera – non crea neppure dipendenza: non c’è dipendenza da hascisc o marijuana.

Si pensa poi che, in fin dei conti, la droga non uccida sempre e in ogni caso. E, in effetti, si muore di eroina solo in casi estremi; nella maggior parte delle situazioni, invece, l’eroinomane vive, continua a vivere la propria condizione per dieci, quindici anni fino a quando l’organismo non è completamente debilitato, distrutto.

Molti, allora, ritengono che quello della tossicodipendenza sia certamente un problema, ma neanche tanto grave da interessare la generalità dei cittadini. È un errore gravissimo. In tutto il Paese il consumo di droga è in continuo espandersi.

A Milano si contano più di 15.000 tossicodipendenti, a Bologna ne sono stati censiti circa 8.000 e così anche a Firenze; a Palermo si parla ancora di 2.000 tossicodipendenti, ma sono dati approssimati per difetto. Dobbiamo allora convenire che, specialmente in relazione allo stato delle nostre strutture sanitarie, non c’è la possibilità di assistere opportunamente questi ragazzi.

Testo della relazione svolta al convivio del Rotary Club di Palermo il 29 luglio 1981.

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