Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana


Il dovere di tacere vale probabilmente anche nei confronti delle stesse Istituzioni, come plasticamente avvenuto proprio di fronte a questa Commissione parlamentare antimafia allorché veniva domandato a Stefano Bisi, e cioè al gran maestro di una delle obbedienze di maggiore rilievo numerico tra quelle operanti in Italia, di illustrare le ragioni dello scioglimento della citata loggia calabrese “Rocco Verduci” di Gerace.

In particolare, nella sua prima audizione, in forma libera, del 3 agosto 2016, il gran maestro così si esprimeva:

“BISI. Quando ci sono logge, non in cui ci sono infiltrazioni della malavita organizzata, ma che non si comportano ritualmente – non tengono l'anagrafe degli iscritti, non tengono i verbali come dovrebbero essere – si abbattono le colonne, come è stato fatto nel caso di tre logge, una a Locri, una a Brancaleone e l'altra a Gerace.

PRESIDENTE. Ci racconta che cosa c'era in queste logge?

BISI. Abbiamo fatto delle verifiche. Non c'era la ritualità necessaria, ragion per cui siamo intervenuti per abbattere le colonne di queste logge. Facciamo così perché abbiamo un'organizzazione interna di controlli ferrei su tutte le officine sparse dal Nord al Sud. (..)

PRESIDENTE. Cosa significa «irritualità»?

BISI. Quando si iniziano i lavori, si indossa il grembiule e si indossano i guanti. ( ..)

PRESIDENTE. Può essere sciolta una loggia perché non ci si mette il grembiule e non si indossano i guanti?

BISI. Sì .

PRESIDENTE. Perché lo considerate un sintomo di altro, spero.

BISI. Può essere un sintomo di altro”.

Nella successiva audizione, avvenuta nella forma della testimonianza, del 18 gennaio 2017, Bisi ribadiva le medesime dichiarazioni:

“BISI. Da quando, da due anni e mezzo o poco più, sono io gran maestro, mi pare siano state abbattute le colonne di tre logge o quattro, ma potrei sbagliarmi. La demolizione delle colonne può avvenire per più motivi, come è scritto sempre nel libro della costituzione e del regolamento dell'ordine. ( ..) Sì , sono state tre logge in Calabria, che abbiamo demolito,( ..) Quanto ai motivi, erano logge che non si riunivano come ci si deve riunire, non avevano una condotta regolare rispetto agli antichi doveri e rispetto ai regolamenti e alle costituzioni dell'ordine. Abbiamo, quindi, demolito queste logge. (..)

PRESIDENTE: Le logge che sono state soppresse – Locri, Gerace e Brancaleone, se non sbaglio… ( ... ) Le colonne sono state abbattute per problemi rituali, sostanzialmente?

BISI: Per problemi organizzativi, (..).

In sostanza, nonostante le sollecitazioni in tal senso, il gran maestro, in entrambe le audizioni, non faceva alcun riferimento ad eventuali rapporti con la ‘ndrangheta da parte della “Rocco Verduci” che, in base al suo racconto, era stata da egli sciolta per questioni rituali.

La documentazione cartacea in sequestro, invece, come visto, rappresentava una diversa realtà.

Dalla sequenza degli atti della loggia e dal loro contenuto, infatti appare evidente che il gran maestro sapeva quali fossero le reali problematiche di quella articolazione ciò sia perché aveva, in un primo tempo, revocato il provvedimento di Raffi, ritenendo cessato “l’inquinamento malavitoso” (che, quindi, quantomeno vi erano stato), e sia perché, richiamando, a sostegno del suo successivo

provvedimento di scioglimento, la relazione e l’ispezione della circoscrizione calabrese, evidentemente aveva dato atto, seppure implicitamente, della questione dell’infiltrazione mafiosa a cui tali note si riferivano.

Si potrebbe sostenere che le ragioni rituali ben possono coincidere con quelle sostanziali (ad esempio, l’ingresso nella massoneria di un fratello vicino alla mafia, dunque privo dei requisiti di moralità richiesti per l’adesione, è anche una questione formale) ma rimane il fatto che il gran maestro Bisi non ha nemmeno accennato, nonostante le plurime domande al riguardo, che lo scioglimento era avvenuto sì per un vizio massonico ma cagionato nella sostanza dalle possibili infiltrazioni mafiose. Egli, invece, ha preferito parlare di grembiuli e di guanti evitando di riferire il fulcro degli accadimenti.

Non è certamente questa la sede per valutare se le dichiarazioni di Stefano Bisi rese alla Commissione parlamentare antimafia possano avere penale rilevanza, tuttavia la condotta del gran maestro appare egualmente di particolare rilievo ed allarme.

Emerge, infatti, una chiara riluttanza a riferire i fatti, proveniente dal gran maestro di una delle obbedienze più importanti, e manifestata nei confronti di un organo previsto dall’art. 82 della Costituzione, evidentemente percepito come un’entità esterna, priva di qualunque titolo per conoscere le segrete vicende della massoneria.

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