Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti.


La ricostruzione della sentenza in esame è utile per l'uso equilibrato che il giudice fa delle dichiarazioni di un teste che non è un collaboratore, si dichiara tuttora in lotta contro lo Stato, e si riserva di scegliere di cosa parlare e su cosa tacere.

Ricordiamo che Vinciguerra è detenuto dal 1979, sconta l'ergastolo in quanto reo confesso per l'attentato di Peteano, dopo avere fruito, involontariamente sembra, di coperture e appoggi istituzionali, ormai conclamati e da lui stesso denunciati che gli hanno consentito di evitare la cattura e l'implicazione nella strage, prima della sua decisione di costituirsi e quindi di confessare. Alla data di deposito della sentenza-ordinanza Italicus bis (1994), la posizione di Vinciguerra rispetto alle vicende su cui era già stato più volte interrogato risulta dalla sintesi che ne viene fatta nel documento.

Va detto che Vinciguerra avanti a questa Corte ha rivendicato il contributo dichiarativo reso da oltre quarant'anni, sia pure nei limiti e con le riserve che ha sempre posto in premessa. Leggiamo dunque che durante la carcerazione Vinciguerra produsse alcuni scritti di notevole interesse - tutti acquisiti agli atti processuali - due dei quali pubblicati: "Ergastolo per la Libertà" dell'ottobre 1989 e "La Strategia del Depistaggio" dell'aprile 1993.

Entrambi gli scritti sono stati citati da Vinciguerra nel corso della sua deposizione avanti a questa Corte e possono essere considerati come atti di questo giudizio, sia per i riferimenti testuali, sia perché richiamati in atti di causa, sia perché appartenenti alla comune cultura di chi dei temi in argomento si occupa.

Va ribadita, incidentalmente, l'opinione della Corte sul punto: quando un processo si occupa di argomenti oggetto di dibattito storico-scientifico-culturale il patrimonio letterario che lo correda dovrebbe ritenersi parte integrante del sapere comune degli operatori che professionalmente se ne occupano ( come sono magistrati e avvocati). Sta di fatto che nel corso del suo esame, ma anche in altri verbali richiamati o citati nelle sentenze dei processi cui ha partecipato, Vinciguerra ha lasciato intendere di essere al corrente di informazioni fondamentali, apprese per conoscenza diretta o grazie alle sue frequentazioni dei più qualificati ambienti della destra extraparlamentare. Come si legge nel testo, ha più volte dichiarato di essere a conoscenza dei nomi dei responsabili di alcune stragi, o quanto meno di elementi di responsabilità decisivi a carico di soggetti precisi. Tale assunto è apparso fondato anche a questa Corte.

È provato nelle sentenze che ne hanno trattato la posizione che aveva frequentato l'ambiente di Ordine Nuovo Veneto; è stato considerato coinvolto nella strategia stragista sin dalla fine degli anni Sessanta e inserito nell'ambiente di Stefano Delle Chiaie, cui si era definitivamente legato, durante la sua latitanza in Spagna e Sud America.

Si veda anche al proposito l'ampia corrispondenza prodotta in questo giudizio.

Assume condivisibilmente il giudice che con le sue deposizioni e i suoi scritti, oltre a chiarire - almeno in qualche misura - la vicenda di Peteano, ha portato decisivi elementi di conoscenza circa la funzione delle stragi e circa il contesto strategico in cui si inserivano. Si consideri la tranciante affermazione, resa incidentalmente anche in questo processo, che Fioravanti e Mambro sono effettivamente esecutori della strage.

Già nel 1984 aveva delineato, seppur in termini generali, quale fosse la strategia delle stragi ed aveva indicato i soggetti che a questa avevano lavorato: " .... il fine perseguito (anche se non interamente conseguito) era quello di provocazione; fin dagli anni sessanta infatti è stata portata avanti una strategia politica unitaria la quale si è servita delle stragi in funzione di potere, il fine ultimo delle stragi è quello di pervenire alla promulgazione di leggi eccezionali; intendo sin da ora affermare che tutte le stragi che fin da ora hanno insanguinato l'Italia a partire dal 1969 appartengono ad una unica matrice organizzativa; posso indicare inoltre in alcuni quadri di Ordine Nuovo nel Veneto personaggi da molto tempo inseriti nella struttura occulta innanzi indicata nell'ottobre, cioè dopo il dirottamento aereo di Ronchi dei Legionari ebbi coscienza dell'esistenza di una vera e propria strategia ispirata, diretta e condotta da persone inserite in apparati pubblici che per raggiungere i propri fini politici prevedeva anche di servirsi di attentati o facendoli eseguire da persone inconsapevoli, o eseguendoli direttamente e comunque istigando e dando di fatto copertura a coloro che li eseguivano quando ciò fosse fanzionale al perseguimento dei fini strategici da loro individuati; con l'attentato di Peteano e con tutto quanto ne derivò ebbi chiara consapevolezza che esisteva una vera e propria struttura occulta capace di porsi come direzione strategica degli attentati e non, come in precedenza avevo pensato, una serie di rapporti umani di affinità politica tra persone operanti all'interno degli apparati statali e persone operanti nel nostro ambiente ... ".

Si tratta della dichiarazione che questa Corte ha puntualmente contestato al Vinciguerra nel supplemento di esame all'udienza del 28 gennaio 2022 sulla quale si dovrà tornare.

Vinciguerra sin dalle prime dichiarazioni è stato costante nell'indicare i nomi dei componenti a lui noti della struttura occulta cui aveva fatto riferimento: Santoro, Labruna, De Eccher, Fachini, Soffiati, Spiazzi, Raho, Signorelli, De Felice. È ormai noto come Vinciguerra non sia e non voglia apparire un collaboratore di giustizia. Segue una logica propria, che esclude il conseguimento di benefici. Come ha dimostrato ancora oggi, dopo quasi trent'anni dall'incontro col giudice Grassi, egli si dichiara militante politico e segue anche solitariamente un percorso che si riconnette alle sue iniziali scelte di vita. Persistono tuttora domande senza risposta su Peteano e su altre vicende.

Come si legge in sentenza è anche vero che, pur fornendo alle istruttorie numerosi impo1tanti elementi, utili alla comprensione della strategia stragista, sulle indicazioni specifiche ha sempre detto di volere evitare di coinvolgere persone che egli giudica essere state in buona fede. li livello delle informazioni fornite è peraltro aumentato rispetto al tempo della sentenza Italicus bis, soprattutto con riferimento ai vertici delle organizzazioni neofasciste colluse con gli apparati militari, i servizi segreti e la politica "centrista".

Vinciguerra infatti sin dall'inizio rifiuta di fare i nomi degli esecutori, della manovalanza strumentalizzata, ma fornisce elementi utili per l'individuazione dei responsabili all'interno delle istituzioni. Si tratta di un'impostazione che ha mantenuto coerentemente nel tempo, valorizzando già al tempo, come oggi, "tutti gli elementi a sua conoscenza afferenti a responsabilità istituzionali nello stragismo. Lo fa molto seriamente, senza mentire, senza aggiungere nulla".

Oggi, trenta anni dopo, è esattamente questo che interessa questa Corte, avendo il Vinciguerra smesso di offrire la pur minima copertura ai vertici delle organizzazioni di riferimento Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale ed oggi non ne dà neppure a quella parte della manovalanza come gli esecutori acclarati della strage di Bologna che hanno negli anni continuato a difendersi, negando la propria responsabilità, strumentalizzando la teoria delle stragi di Stato, indicando nei Servizi Segreti i principali responsabili dello stragismo, "riservando alla destra eversiva responsabilità eventuali, marginali, del tutto secondarie e comunque mai sufficientemente circostanziate per dare esiti apprezzabili dal punto di vista processuale".

È del tutto evidente peraltro, come alla data delle dichiarazioni rese sull'Italicus il livello di elaborazione e acquisizione di conoscenze dirette e de relato da parte di Vinciguerra fosse al di sotto del quadro che ha descritto nel corso delle tre udienze di questo processo a lui dedicate, avendo acquisito successivamente quella certezza sulle responsabilità anche di Stefano Delle Chiaie, che al tempo non aveva o che aveva solo parzialmente, come si evince dal famoso scambio epistolare, prodotto dall'accusa, della seconda metà del 1988 (la prima lettera di Vinciguerra è del 2 agosto). Successivamente si consumò la rottura per sedimentare la quale occorsero ancora degli anni, per cui non ve ne è riscontro nella sentenza in esame.

E tuttavia già allora Vinciguerra faceva precise allusioni alla responsabilità dei militanti della destra estrema, quel magma di militanti messi fuori legge tra ON e AN che trassero dalla situazione esistente nel 1974 stimoli e impulso per la campagna stragista tra Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana.

Con precisi riferimenti allo stesso Delle Chiaie. In uno degli interrogatori riportati nella sentenza

Vinciguerra dichiara: " ... Prendo atto altresì che Delle Chiaie, in alcuni suoi scritti, tende a far ricadere sui Servizi la responsabilità sulle stragi. Ciò è ovvio. È ovvio che chi ha fatto le stragi per i Servizi ne scarichi poi la responsabilità su questi ultimi essendo comune la strategia. In questo tipo di difesa c'è una logica ricattatoria. Infatti non ha mai fatto arrestare nessuno né mai ha fornito alcun elemento concreto. Anche l'accusa che muove al Labruna per la provocazione di Camerino è in un ambito di ricatto nel senso che, nel periodo in cui Stefano l'ha lanciata, si sentiva minacciato da ambienti che, a suo giudizio, avrebbero invece dovuto proteggerlo ... " (Vinciguerra Vincenzo al G. I.,30.4.94).

E con lo stesso stile, si legge nella sentenza, Vinciguerra risponde alle domande circa eventuali responsabilità di Augusto Cauchi nell'attentato al treno Italicus e l'annotazione che si rinviene nelle carte di Delle Chiaie sul legame Cauchi/Italicus: " ... Il Cauchi mi parlò di un suo coinvolgimento in attentati ferroviari avvenuti in Toscana, senza peraltro dire espressamente di quali attentati si parlasse. Ricordo inoltre che ebbi occasione, di fronte al Cauchi di muovere delle pesanti critiche nei confronti del Franci.

Il Cauchi si risentì e dimostrò di sentirsi legato da una stretta amicizia al Franci stesso .... A proposito del Cauchi ricordo altresì che mi disse che era stato avvertito dell'emissione nei suoi confronti di un provvedimento di cattura, al quale aveva così potuto sottrarsi. Cauchi afferma di essere stato avvertito da un sottufficiale della Questura. Cauchi afferma, inoltre, di aver ricevuto saltuariamente del denaro - somme di 50/100.000 circa - dal Gelli, il quale Gelli secondo Cauchi, era un industrialotto aretino con simpatie per gli ambienti "neofascisti".

Sono riscontri importanti per l'inquadramento storico-giudiziario che stiamo tentando di realizzare. E a proposito di Cauchi, con il quale Vinciguerra aveva condiviso la latitanza all'estero abbiamo un'affermazione di principio che vale quanto una chiamata: "Il fatto che Cauchi sia stato arrestato non vale assolutamente a mutare la mia posizione. Ripeto che per cogliere a pieno il senso e le responsabilità della strategia stragista non si può partire dal basso. Ciò sarebbe controproducente anche perché alcune persone coinvolte in detta strategia sono già coperte da un giudicato assolutorio. Tuti, ad esempio è stato definitivamente assolto dall'attentato per il treno Italicus.

Freda, poi, è stato definitivamente assolto dalla strage di Piazza Fontana e ritengo che sarebbe un'ingiustizia perseguire altri, quando non si possono più raggiungere tutti i colpevoli. Tengo a precisare che queste mie affermazioni non implicano da parte mia un'accusa esplicita per strage nei confronti di Tuti e di Freda.

Rammento comunque che nel corso del processo per Piazza Fontana ho reso delle dichiarazioni affermative della responsabilità di Freda e che, nonostante ciò, costui è stato assolto".

Quanto all'appunto che associa Cauchi all'Italicus e al finanziamento da parte della massoneria, Vinciguerra conferma le inferenze che possono trarsi dall'appunto: "Mi viene nuovamente fatto presente che nei documenti a suo tempo sequestrati a Stefano Delle Chiaie vi è un'annotazione in cui si accosta la strage dell'Italicus a Cauchi e alla Massoneria. Questo è un punto dolente.

È evidente che Delle Chiaie con quella notazione, intendeva dire quello che ha scritto. Posso, solo precisare che Delle Chiaie si riferisce alla Massoneria di Piazza del Gesù. C'erano rapporti fra Stefano Delle Chiaie ed appartenenti alla Massoneria. Ricordo che Mario Tilgher era massone e che Saccucci era massone; inoltre Delle Chiaie aveva un rapporto personale e diretto con l'avv. Minghelli".

Nel periodo dell'indagine Italicus bis Vinciguerra fu più esplicito nell'indicare responsabilità di affiliati di ON e, soprattutto, di appartenenti alle Istituzioni, inseriti in strutture utilizzate per praticare forme di guerra psicologica, disinformazione ecc. in funzione anticomunista. Si legge nel provvedimento che quanto riferito e quanto scritto da Vinciguerra appare di particolare interesse, anche perché egli riferiva prima che fosse rivelata la struttura Gladio.

Il 1974 è dunque, da un lato anno di svolta nella consapevolezza che la politica del muro contro muro non porti risultati, con radicali cambiamenti nel mondo e nella politica degli Stati Uniti, ma anche quello in cui si concentra un tentativo di spallata con iniziative di veri e propri colpi di Stato, accompagnati, sorretti, provocati nelle intenzioni da attentati all'ordine pubblico con l'esecuzione di azione stragiste, due delle quali realizzate e altre mancate per fortunate coincidenze.

Per tutti gli attentati esistono evidenze indiscutibili sulla matrice e sui possibili autori.

Condanne tuttavia pochissime. Ma l'ultima sentenza della Corte d'assise di Milano per Brescia a prescindere dalla pur importante condanna per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, fornisce elementi di prova che valgono come univoche indicazioni sull'origine e la natura delle altre stragi, così come del resto elementi di definitiva univocità per la ricostruzione storica si ottengono dalla serie di sentenze che si sono succedute, al di là degli esiti dei singoli processi, il cui significato in sede storica è ampiamente discusso e commentato in termini di espressione esse stesse (le sentenze) del contesto storico-politico in cui venivano pronunciate [in nota: Una studiosa di tutte queste vicende indica nelle sentenze assolutorie un'oggettiva manifestazione dell'impossibilità di pervenire a sentenze di condanna, per i depistaggi in primo luogo e per un'oggettiva pressione sui magistrati derivante dall'oggettiva enormità dei fatti emersi dalle indagini, in termini di collusioni, complicità, correità, coinvolgimento del Segreto di Stato, tanto da indurre a uno scetticismo e correlativo dubbio f sistematico. In questo senso un potere dello Stato «debole" quale deve ritenersi la magistratura sul piano degli equilibri costituzionali non poteva da solo nuotare controcorrente, tenendo conto che la fondamentale "debolezza" della magistratura consiste nella istituzionale libertà di giudizio dei singoli decisori all'interno di una maglia di regole sufficientemente ampia da consentire questa variabilità e prudenza nei giudizi, sposandosi spesso il tecnicismo con più o meno consapevoli scelte di valore].

Ed infatti molte sentenze, al di là della formula tecnica dell'insufficienza di prove (che ha una forza sostanziale che prescinde dai dispositivi legislativi) rispetto ai singoli imputati, forniscono giudizi ineludibili sulle causali e i contesti organizzativi in cui i singoli fatti maturano.

Per l'attentato di Silvi Marina sappiamo dalla testimonianza di Valerio Viccei che fu realizzato nell'ambito della cellula ascolana di Ordine Nuovo, legata al relativo gruppo milanese riorganizzato in Ordine nero. Vicende complesse di depistaggio si verificheranno anche nell'ambito di questa vicenda processuale. Ve ne è ampio riscontro nella sentenza ordinanza bolognese e nella conseguente sentenza della Corte di assise di Bologna del 9 Giugno 2000, che condannò tale Ivano Bongiovanni per calunnia nei confronti di Viccei; il depistaggio determinato dall'azione di Bongiovanni fece vacillare le prove raccolte nei confronti degli altri imputati.

Per la strage di Vaiano fu condannato Andrea Brogi, reo confesso, legato al gruppo toscano di Augusto Cauchi a sua volta legato ai milanesi di Ordine Nuovo. Le chiamate in correità del Brogi non furono sufficienti, nonostante i riscontri.

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