Le dichiarazioni rese sono rimaste affermazioni di principio. Sulla base delle dichiarazioni dei venerabili maestri, infatti, si dovrebbe affermare che non vi è alcuna vicinanza tra mafia e ambienti della massoneria ufficiale e che, comunque, il pericolo di infiltrazione è scongiurato dalle procedure di selezione e controllo messe in atto
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana
Una serie univoca, finora, di acquisizioni probatorie provenienti dalle fonti più disparate ha offerto, come visto, un quadro inquietante non solo per la pericolosità in sé del fenomeno ma anche per la sua costanza, da mettere in relazione anche con la consistenza numerica degli iscritti alle rispettive obbedienze.
Eppure le audizioni testimoniali dei quattro gran maestri, come anticipato, denotano un quadro quanto meno di sottovalutazione rispetto all’infiltrazione delle mafie nella massoneria.
In linea generale, infatti, tutti i gran maestri hanno rivendicato l’assenza di elementi di segretezza nelle rispettive obbedienze in quanto gli elenchi degli iscritti erano stati sempre consegnati alle Prefetture o alla polizia ma che, trattandosi di dati sensibili, dovevano essere tutelati per il diritto alla privacy, di cui D.lgs. 196/2003, e non potevano essere divulgati.
Tutti hanno proclamato l’assoluta fedeltà e il rigoroso rispetto delle obbedienze alla Costituzione ed alle leggi dello Stato; la trasparenza delle loro associazioni; l’assenza di logge coperte e di fratelli “all’orecchio”, quanto meno, quest’ultimi, dopo lo scandalo della P2; l’esecuzione di rigorose verifiche e di controlli nella fase di selezione dei “bussanti” anche attraverso l’acquisizione dei certificati penali e dei carichi pendenti, (in particolare per un obbedienza, dal 1° gennaio 2017, era richiesto altresì il certificato antimafia e di non fallimento); nonché di procedere all’espulsione degli iscritti ove si fossero riscontrati motivi connessi a frequentazioni o legami con consorterie criminali, ove accertata.
Come meglio si vedrà, le dichiarazioni rese sono rimaste affermazioni di principio, ed invero:
- nessuna obbedienza, prevede l’aggiornamento dei dati giudiziari e non sempre l’opera degli ispettori interni vuole essere efficace;
- sono state fornite risposte vaghe e generiche a specifiche domande, dimostrando, sotto vari profili, meglio nel prosieguo evidenziati, che, pur chiamandola riservatezza, permane un certo grado di segretezza sui rituali, sulle riunioni delle logge, sulla composizione sociale degli iscritti, con riferimento anche alla professione svolta;
- si è per lo più ribadito che non vi sono stati fratelli coinvolti in indagini giudiziarie o sospettati di avere rapporti con la mafia se non in casi del tutto isolati e, deve dedursene di conseguenza, che non si sia mai proceduto all’espulsione formale di un fratello da una loggia con dette ragioni. È stato, infatti, riferito di un solo caso, dal 1993 ad oggi, verificatosi in Calabria, in cui un appartenente all’obbedienza della Glri era stato depennato per i rapporti emersi con ambienti mafiosi. Gli accertamenti compiti dalla Commissione smentiranno le circostanze riferite;
- nessuna loggia è stata formalmente abbattuta con l’espressa motivazione che era in atto un tentativo di inquinamento delle associazione mafiose.
In conclusione, sulla base di tali dichiarazioni, si dovrebbe affermare che non vi è alcuna vicinanza tra mafia e ambienti della massoneria ufficiale e che, comunque, il pericolo di infiltrazione è scongiurato dalle procedure di selezione e controllo messe in atto.
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