Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


La Relazione si sofferma quindi sulla figura di Gelli, divenuto uomo dei Servizi di altissimo rango, pienamente tutelato dagli stessi nel corso degli anni Settanta, sia dal reparto D del SID (come ampiamente visto in altra parte di questo documento) che dal generale Santovito divenuto piduista, ma al contempo da tutti costoro ricattabile per la presenza nel suo fascicolo personale in mano ai servizi stessi della famosa Informativa Comintern del 1950 che lo descriveva come agente al servizio dei paesi dell'Est.

Qui la Relazione introduce la vicenda del 1979, quando dall'interno dei Servizi l'informativa Comintern fu passata a Mino Pecorelli che ne annunciò la pubblicazione sulla sua rivista, una pubblicazione che sarebbe stata devastante per Gelli, i cui contenuti e provenienza il giornalista annunciò con sapiente dosimetria, ma che non fu mai poi pubblicata perché egli venne ucciso proprio mentre si accingeva alla pubblicazione. C'è quindi un momento, al culmine del potere di Gelli, in cui l'informativa Comintern, costruita e conservata come strumento di permanente ricatto nei suoi confronti, viene messa in campo con finalità che attengono alla sua posizione e alle sue iniziative del momento. Si legge nella Relazione "chi aveva conservato per quasi trenta anni l'informativa negli archivi poteva gestire il documento, poiché essa era lo strumento attraverso il quale gestire la persona, come durante quei trenta anni era accaduto". (...). Va ricordato qui che su questa vicenda e su altre l'Avvocatura dello Stato nella sua memoria ricostruisce una convergente causale che avrebbe portato Gelli a finanziare il terrorismo, in risposta alle minacce e agli attacchi al suo potere.

Che il gioco fosse palesemente truccato si evince dalla considerazione che si legge nella Relazione quando ricorda la risposta che il SID aveva dato pochi mesi prima alla richiesta di notizie sulla P2 da parte dei giudici bolognesi che indagavano sull'Italicus.

Le considerazioni della Commissione sono per noi di estremo interesse:

Si vuole infine ricordare, nel quadro di riferimento che siamo venuti tracciando, un altro episodio che sembra inquadrarsi in modo univoco nell'esposizione sinora condotta. Citiamo in proposito la risposta che il direttore del SID, ammiraglio Casardi, firmò in data 4 luglio 1977, rispondendo ai giudici di Bologna che indagavano sulla strage dell'ltalicus. Essa va trascritta per esteso: «Il SID non dispone di notizie particolari sulla loggia P2 di Palazzo Giustiniani ... non si dispone di notizie sul conto di Licio Gelli per quanto concerne la sua appartenenza alla Loggia P2 oltre quanto diffusamente riportato dalla stampa».

Non può non risaltare agli occhi, se non altro per questioni di stile, l'incredibile rinvio che un capo dei Servizi segreti fa alle notizie apparse sulla stampa, alla quale egli non esita di riportare il proprio patrimonio di conoscenze. Per valutare del resto il tasso di segretezza di queste notizie si pensi che siamo, a parte ogni considerazione, a due anni di distanza dalla delibera di demolizione della Loggia P2, decisa dalla Gran Loggia di Napoli, quando i Maestri Venerabili delle logge di Palazzo Giustiniani avevano ritenuto Licio Gelli e la sua loggia un peso troppo compromettente per la comunione.

Come già detto, l'ipotesi dell'inefficienza sarebbe troppo macroscopica per venire nemmeno presa in considerazione. Ma il vero punto di interesse è che nel rispondere in tal modo, il direttore dei Servizi negava al giudice inquirente la conoscenza delle notizie contenute nell'informativa, che, come sappiamo, era agli atti. Ciò avveniva non solo e non tanto per proteggere il Gelli ma per la più sottile ragione che il patrimonio di conoscenze contenuto dal documento veniva considerato dai Servizi come lo strumento in loro mano per controllare l'individuo: in quanto tale essi non potevano che essere gli unici arbitri sul come e sul quando farne uso, cosa che, per l'appunto, si sarebbe verificata dopo poco più di un anno.

La protezione di Gelli si accompagna quindi a un potere di controllo, ricatto e manipolazione dell'uomo da parte dei Servizi. L'uomo a questo punto ben poteva essere costretto a munirsi, ad ogni costo, di strumenti di contro-ricatto come ben illustrato nell'argomentazione dell'Avvocatura dello Stato. Solo in questo modo si può pensare alla strage come al modo per Gelli di liberarsi del potere dei Servizi che, secondo la Commissione, nel 1979 erano non solo controllati, ma anche controllori di Gelli, in un gioco

di reciproco condizionamento e ricatto.

Fuori dai rapporti con i servizi segreti, la Relazione si diffonde sulla cura e l'interesse assiduo di Gelli per gli apparati militari, dei carabinieri soprattutto. Ricorda i suoi appelli eversivi del 1972 e del 1973 ai militari per un loro intervento per sanare il presunto disfacimento del Paese e la sua influenza sugli alti ranghi dei carabinieri a partire dal controllo per tutti gli anni Settanta della Divisione Pastrengo di Milano, cui si riferisce la testimonianza del generale Bozzo sull'esistenza di un gruppo di potere "al di fuori della gerarchia" che poteva gestire la forza secondo orientamenti interni del gruppo.

Analoghe indicazioni vengono offerte per ciò che riguarda altre componenti delle forze armate e di polizia; per la nomina dei vertici di queste forze, in particolare per quello della Guardia di Finanza, dei Carabinieri Gelli, fu attivissimo come si desume dagli elementi richiamati nella Relazione.

L'analisi del rapporto ambivalente tra Gelli e i Servizi e tra Gelli e i vertici militari, tenuto conto del controllo che pure queste forze potevano esercitare sul personaggio, porta la Commissione a formulare un'interessante interpretazione di tale rapporto.

Nel contesto militare e dei servizi, partire dall'assunto che Gelli è pertinenza dei servizi da lunga data consente alla Commissione di mutare la prospettiva del rapporto, assumendo che non tanto Gelli abbia inquinato i servizi, quanto questi ultimi si siano avvalsi di Gelli per attività di inquinamento e interferenza sulla politica.

I collegamenti di Gelli con l'eversione nera e, in particolare, con la parte responsabile della strategia e con la loro esecuzione costituiscono la parte del lavoro della Commissione più attinente al nostro lavoro.

I rapporti di Gelli con l'eversione nera nella prima parte degli anni Settanta e la sua partecipazione ai progetti golpisti di quel periodo sono stati esaminati, frammentariamente, nelle parti e nei capitolo precedenti.

La relazione Anselmi e il lavoro di ricerca e investigazione che essa rispecchia è una delle fonti più accreditate, insieme ad alcune sentenze e a lavori di ricerca, cui si può fare ricorso per stabilire un legame definitivo, effettivo, giuridicamente significativo tra esecuzione dei delitti legati alla strategia della tensione e piani politici che li hanno resi possibili sul terreno del finanziamento e dell'induzione.

A pagina 87 della Relazione si leggono alcune frasi che costituiscono la chiave lettura della nostra indagine: "Da materiale in possesso della Commissione si trae infatti la ragionata convinzione, condivisa peraltro da organi giudiziari, che la Loggia P2 attraverso il suo capo o suoi esponenti (le cui iniziative non possono considerarsi sempre: soltanto a titolo personale) si collega più volte con gruppi ed organizzazioni eversive, incitandoli e favorendoli nei loro propositi criminosi, con una azione che mirava ad inserirsi in quelle aree secondo un disegno politico proprio, da non identificare con le finalità più o meno esplicite, che quelle forze e quei gruppi ponevano al loro operato".

Nel giudizio della Commissione si conferma come la pista che collega Gelli al 2 agosto non è solo un'ipotesi investigativa, ma una chiave esplicativa fondata su prove, oggi arricchite dal riscontro decisivo del Documento Bologna e delle corroborazioni che ne fanno una chiave di lettura plausibile del movente e del contesto in cui il fatto si è consumato.

La sintesi che ne fa la Relazione è esattamente quella che occorre in questa fase della ricostruzione:

1. Ruolo di Gelli nel Golpe Borghese, esaminato in precedenza, per gli aspetti documentati e provati nelle indagini che se ne sono occupati.

2. Appartenenza alla P2 dei principali attori di quella vicenda, tra costoro quel Filippo de Jorio che rappresentava l'oggetto delle preoccupazioni del gruppo ordinovista confluito in Costruiamo l'azione, di cui abbiamo visto i legami con Fioravanti, nei suoi contatti con Gelli, tramite Aleandri,

3. Il ruolo di Fabio De Felice nel mantenere un contatto costante del gruppo estremista nero con il Maestro Venerabile tramite Aleandri, riscontrato dalle testimonianze di Calore, Sordi e altri.

4. La considerazione di Gelli quale elemento di riferimento per le azioni della destra eversiva da parte della nuova generazione di estremisti di CLA e di Terza Posizione, al punto che alcuni di essi se ne sentirono strumentalizzati e pensarono di eliminarlo.

5. Ruolo di Gelli nella nomina al vertice del SID del generale Miceli, ampiamente coinvolto nel golpe Borghese, insabbiatore delle successive indagini sul Golpe condotte da Maletti e Labruna. A questo proposito nella Relazione si legge: "Come si vede, anche muovendo da questa situazione l'analisi ci conduce alla figura di Licio Gelli, al suo ruolo di elemento intrinseco ai Servizi, come del resto riteneva il De Felice, ma soprattutto alla individuazione della Loggia P2 come, struttura nella quale ed attraverso la quale si intrecciano rapporti e si stabiliscono collegamenti la· cui ortodossia lascia ampi margini di dubbio, anche accedendo alla più benevola delle valutazioni".

6. Presenza all'interno della congiura "Rosa dei venti" di uomini appartenenti al "Raggruppamento Gelli".

7. Dichiarazioni del generale Rossetti, uscito nel 1974 dalla P2 per contrasti con Gelli, il quale a proposito dell'esistenza di un c.d. SID parallelo, oggetto di indagine poi archiviata del giudice Tamburino disse: "La mia esperienza mi consente di affermare che sarebbe assurdo che ciò non esistesse ... a mio avviso l'organizzazione è talmente vasta da avere capacità operative nel campo politico, militare, della finanza, dell'alta delinquenza organizzata". Chiosa la Commissione che "questa descrizione letta oggi sulla base delle conoscenze acquisite in ordine alla Loggia P2, non può non porsi per noi quale motivo di seria riflessione, soprattutto quando si ponga mente alla sua provenienza da parte di un elemento che conosceva la Loggia direttamente da/l'interno e che professionalmente si occupava di servizi di informazione ".

8. Correlazione tra l'insufficienza delle indagini sugli attentati ai treni tra la Toscana e l'Umbria negli anni tra il 1969 e il 1974 da parte dei carabinieri e della Questura di Arezzo e la presenza in questi Uffici di uomini della P2.

9. Conclusioni della Commissione sulla strage del 4 agosto 1974 sul treno Italicus, basate sulle risultanze del primo processo, conclusosi con assoluzione per insufficienza di prove, che per la Commissione sono però sufficienti per un giudizio morale e politico, come abbiamo già visto. Per la Commissione parlamentare "la Loggia svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana" e deve ritenersi quindi gravemente coinvolta nella strage dell'Italicus, potendosene ritenere responsabile in termini storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo, morale. Si tratta di un giudizio che si attaglia alla strage di Bologna nel quale in più disponiamo di tutto il quadro indiziario connesso al Documento Bologna e successive vicende. Si veda in particolare il richiamo ai punti essenziali e indizianti della sentenza della Corte d'assise del 1983, riportati in sintesi e per punti alle pagine 93 e 94 della Relazione.

10. Ancora con riferimento alle indagini ltalicus, la già nota risposta del SID, inquinato dalla P2, alla richiesta di informazioni da parte dei giudici che investigavano sulla strage. In generale il cordone sanitario informativo opposto alle indagini anche in ambito giudiziario che preclusero lo sviluppo delle investigazioni al solo organismo estraneo all'epoca alle trame piduiste, indicato nell'Ispettorato antiterrorismo di Emilio Santillo, non a caso escluso successivamente dalla Direzione del SISDE, assegnata al piduista Grassini.

11. Partecipazione alla P2 del c.d. gruppo Sogno le cui iniziative golpiste ed eversive sono state alla fine ammesse dallo stesso Sogno, sia pure giustificandole con l'emergenza comunista e con scopi di "resistenza democratica". Sta di fatto che alla Commissione non sfugge che le istanze di revisione costituzionale che animavano le iniziative non ortodosse di Sogno e dei suoi adepti, coincidevano con il Piano di Rinascita democratica di Gelli.

12. Infine, il comprovato accostamento tra le indagini di Vittorio Occorsio e Gelli, che appena due giorni prima dell'omicidio era stato convocato dal magistrato, nell'ambito delle indagini che stava svolgendo, sui possibili collegamenti tra Anonima sequestri e ambienti dell'eversione. La Relazione ha cura di osservare come non siano emersi collegamenti tra la P2 e il delitto Occorsio. E tuttavia quella di Occorsio era una pista investigativa, plausibilmente interrotta dal delitto.

Le considerazioni conclusive della Commissione sono in linea con quanto abbiamo in precedenza indicato e sono ancora attuali nell'economia della ricostruzione del ruolo di Gelli rispetto all'evento del 2 agosto 1980.

a) Nella prima fase della strategia della tensione caratterizzata da attentati finalizzati a indurre un intervento dei militari per ripristinare un "nuovo ordine politico" vi fu sostanziale consonanza tra i discorsi che si svolgevano nell'ambiente piduista e quelli che attraversavano la destra eversiva, gli ambienti militari, i settori della destra oltranzista e conservatrice ossessionata dal "pericolo comunista". Ognuno di questi gruppi lavorò per una soluzione estrema della crisi, che si tradusse per i gruppi eversivi estremi nell'azione stragista ("parallelismo del tono dei discorsi che si tengono nella loggia con questo contesto politico esterno di propositi ed azioni").

b) Il 1974 segna la "demolizione" apparente della P2 in concomitanza alla reazione che si verifica in quell'anno alla prima fase della strategia della tensione. La denuncia del legame tra le attività eversive di quegli anni e la P2 è alla base del!' azione della comunione massonica nei confronti di Gelli e della P2, culminata nella votazione della Gran Loggia di Napoli.

c) Tale denuncia tuttavia comportò da un lato la riconversione della P2 in una organizzazione ancora più segreta, ma anche l'espulsione dei c.d. "massoni democratici".

d) Nella mutata fase politica Gelli dismette "i panni del fascista", di cui non vi è più necessità, in ragione del mutamento dei tempi. Resta invariato l'obiettivo di fondo, il contrasto radicale al "clerico-comunismo".

e) La continuità è rappresentata dal significato del golpe Borghese e dal ruolo che in essi giocò Gelli. Il golpe non come effettivo tentativo di azione di sovvertimento delle istituzioni ma come segnale in grado di per sé di produrre un effetto politico "in termini di reazione presso l'opinione pubblica e la classe politica". Pose sul tappeto, come realtà l'esistenza di forze disponibili a un simile passo.

f) Da qui la conclusione che Gelli e gli ambienti dei quali era espressione non si ponessero l'obiettivo del ribaltamento del sistema ma quello di un suo orientamento verso forme conservatrici più radicali.

g) La seconda fase dell'azione della Loggia consente di leggere la prima alla luce di questo unico filo conduttore, in sostanziale continuità, secondo la logica, che abbiamo imparato a conoscere, della destabilizzazione finalizzata al riequilibrio in senso regressivo.

h) Pur assodata l'esistenza di forze operanti per la destabilizzazione tout court, la P2 si poneva in un rapporto di strumentalizzazione rispetto a chi aveva l'obiettivo di rovesciare il sistema, in una logica di condizionamento del sistema, manipolando chi pensava di agire per la sua eversione in senso stretto.

i) Paradosso della politica clandestina è di essere usata più o meno consapevolmente da altre strutture clandestine, in adesione al pensiero secondo cui dove c'è potere segreto c'è come suo naturale prodotto l'antipotere segreto, in termini di congiure, complotti, cospirazioni.

j) Se la loggia P2 era compenetrata ma non si identificava con ambienti eversivi, essa doveva necessariamente adottare "nuove e più sofisticate strategie" nella fase politica aperta dal successo elettorale della sinistra negli anni 74-76 e dalla contestuale reazione dello Stato alla prima fase della strategia della tensione con lo scioglimento dell'Ufficio Affari Riservati, lo scioglimento di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, l'avvicendamento ai vertici dei servizi segreti.

k) Sta di fatto che se questi eventi segnarono un momento di crisi per l'organizzazione di Gelli, già dai primi mesi del 1976 egli disponeva di una rinnovata organizzazione, formidabile strumento per affrontare la nuova fase con immutati obiettivi, continuando a disporre di immutata influenza sulle strutture eversive che andavano ricomponendosi.

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