Una lunga serie di delitti "a catena" attribuiti a La Barbera Angelo ed ai suoi consociati, sia perché Torretta Pietro e gli altri appartenevano allo stesso ambiente mafioso del La Barbera, sia perché i fatti si presentavano come lo sviluppo logico dell'attività criminosa da poco repressa
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo
La sera del 30 giugno 1963 si diffondeva la notizia di un attentato dinamitardo, commesso nelle prime ore del pomeriggio nella borgata Ciaculli di Palermo, in cui avevano perso la vita sette appartenenti alle forze di Polizia e all'Esercito, suscitando in tutta la Nazione un vivo senso di sgomento e di allarme, per la gravità e le modalità della strage e per la tracotante audacia degli attentatori.
Le indagini in corso sulle gesta criminose delle associazioni mafiose venivano febbrilmente intensificate e dopo un mese la Squadra Mobile e il Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri procedevano, con rapporto del 3 Luglio 1963, alla denunzia di Torretta Pietro, Cavataio Michele, Buscetta Tommaso, Alberti Gerlando, Sirchia Giuseppe, Gambino Francesco, Taormina Antonino, Di Frasco Pietro, Lallicata Giovanni, Galeazzo Giuseppe, Magliozzó Tommaso, Dolce Filippo, Lipari Giovanni, Calò Giuseppe, Camporeale Antonino, Vitrano Arturo, Fiorenza Vincenzo, Di Martino Francescó, Messina Calogero, Schillaci Salvatore, Lazzara Gaetano, Lazzara Salvatore, Badalamenti Pietro, Buscetta Vincenzo, Geraci Giuseppe, Di Dia Salvatore, Maiorana Francesco, Sorce Vincenzo, Gnoffo Ignazio, Ulizzi Giuseppe, Pomo Giuseppe, Giunta Luigi, Troia Mariano, Matranga Antonino, Nicoletti Vincenzo, Greco Salvatore, Bontate F.Paolo, Di Peri Giovanni, Prestifilippo Giovanni, Prestifilippo Salvatore, Fiore Giuseppe, Leggio Luciano, Troncale Francesco, Sciortino Giovanni, (Panzeca Giuseppe, Cancelliere Leopoldo, Artale Salvatore, Di Girolamo Mario, Di Maggio Rosario, Marsala Giuseppe, Cinà Antonino, Giunta Salvatore, Sorci Antonino e Galeazzo Alfredo, quali responsabili di associazione per delinquere aggravata e di altri numerosi e gravi reati commessi nei mesi di maggio e giugno 1963, dopo la denunzia di La Barbera Angelo ed altri 36, ed in epoca anteriore.
Tali reati, secondo i verbalizzanti, dovevano ricollegarsi alla precedente serie di delitti "a catena" attribuiti a La Barbera Angelo ed ai suoi consociati, sia perché Torretta Pietro e gli altri appartenevano allo stesso ambiente mafioso del La Barbera, sia perché i fatti si presentavano come lo sviluppo logico dell'attività criminosa da poco repressa.
Nel rapporto, infatti, veniva posto in evidenza che il tentato omicidio del La Barbera commesso in Milano il 24 maggio 1963 e la presenza in quella città di alcuni tra gli associati per delinquere (Ulizzi Giuseppe, Giunta Luigi, Sorce Vincenzo e Pomo Giuseppe) denotava chiaramente l'interesse di La Barbera Angelo a sottrarsi alle persecuzioni della mafia palermitana, che temeva la sua pretesa di affermarsi come unico capo di tutte le "famiglie".
In proposito veniva precisato che l'uccisione dei pregiudicati Garofalo Pietro e Conigliaro Girolamo avvenuta il 19 giugno 1963 in casa di Torretta Pietro, l'uccisione di Diana Bernardo in una strada della periferia della città di Palermo il 22/6/1963, l'omicidio di Leonforte Emanuele in un negozio del centro di Palermo commesso il 27/6/1963, lo scoppio di un ordigno esplosivo fatto brillare in Villabate davanti l'autorimessa di Di Peri Giovanni, con la conseguente morte di Cannizzaro Pietro e Tesauro Giuseppe il 30/6/1963, ed infine l'esplosione di un'autovettura nel fondo "Sirena" della frazione Ciaculli di Palermo, avvenuta pure il 30/6/1963 in seguito alla quale decedevano sette persone appartenenti alle forze di polizia ed all'esercito, confermavano l'esistenza di violenti ed insanabili contrasti tra la malavita organizzata.
Tali affermazioni venivano fatte dai verbalizzanti anche per notizie ottenute da confidenti che non consentivano di essere nominati, secondo i quali dopo l'arresto di Angelo La Barbera e di altri pericolosi elementi si erano formati in Palermo due gruppi mafiosi in contrasto tra loro per la designazione del capo.
Tali gruppi, che raccoglievano l'uno i mafiosi della zona occidentale e l'altro quello della zona orientale della città, facevano capo rispettivamente a Greco Salvatore ed ai suoi congiunti (irriducibili avversari del La Barbera), ed a Torretta Pietro.
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