Non può dimenticarsi che, dall'entrata in vigore della Costituzione, è sostanzialmente mancato un dibattito culturale, tanto sotto il profilo storico-politico che sotto quello tecnico-giuridico, sia riguardo al divieto costituzionale, previsto nell’art. 18, delle associazioni segrete, sia, più in particolare, riguardo all'associazionismo massonico italiano degli ultimi decenni. Né tale dibattito può essere colto in quello scaturito dallo scandalo della cosiddetta Loggia Propaganda 2...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana
La questione fin qui sintetizzata impone, pertanto, una seria riflessione, non tanto sugli aspetti macroscopicamente patologici del connubio mafia-massoneria che, comunque, trovano una certa risposta nel sistema ordinamentale, ma su quegli altri aspetti di normalità che, proprio da tali, generano e alimentano quel connubio.
Non può dimenticarsi, al riguardo, che, dall'entrata in vigore della Costituzione, è sostanzialmente mancato un dibattito culturale, tanto sotto il profilo storico-politico che sotto quello tecnico-giuridico, sia riguardo al divieto costituzionale, previsto nell’art. 18, delle associazioni segrete, sia, più in particolare, riguardo all'associazionismo massonico italiano degli ultimi decenni. Né tale dibattito può essere colto in quello scaturito dallo scandalo della cd Loggia Propaganda 2 che diede luogo alla promulgazione della legge 17/1982, poiché si riferiva all’aspetto macroscopico della devianza massonica, rientrante nelle competenze dell’Autorità giudiziaria, e non anche al funzionamento del sistema. L’insigne giurista Massimo Severo Giannini parlò pertanto di particolare “esiguità degli studi”.
Né può dimenticarsi, ancor meno, che la storia di questo Paese, unica nel panorama europeo, è stata costellata dalla prevaricazione della mafia, soprattutto nel Sud ma con sempre crescenti fenomeni di espansione, che ha rappresentato, dunque, una delle emergenze più importanti con cui ci si è dovuti confrontare e con cui, tuttora, ci si confronta. L’Italia, colpita dalle stragi di mafia e dalle migliaia di morti, compresi innumerevoli servitori delle Istituzioni, è riuscita a dotarsi di una legislazione sempre più specializzata e attenta che potesse contrastare un così devastante fenomeno; una legislazione all’avanguardia, poi mutuata da altri Paesi, che ha permesso, insieme all’impegno della magistratura e delle forze dell’ordine, di costringere la mafia sanguinaria ad operare in contesti di sommersione in cui viene privilegiato il metodo collusivo-corruttivo rispetto alle tradizionali condotte improntate a forme eclatanti di violenza. Va considerato anche, al riguardo, come ulteriore segno di allarme e di urgenza, l’elevato numero, in continuo aumento, degli iscritti alle logge massoniche calabresi e siciliane. Il dato è certamente giustificabile con il fatto che centinaia di persone, specie nel Sud, possano cercare, all’interno della massoneria, risposte alla crisi economica o, anche solo, a quella dei valori. Ma può altresì essere collegato, magari solo in parte, e soprattutto nelle zone ad alta densità mafiosa, al mutamento della strategia criminale della mafia che, ora, mira a sedersi nei tavoli degli accordi piuttosto che impugnare le armi per le strade.
In questo peculiare momento, dunque, se dovessero sfuggire al controllo istituzionale e normativo le zone grigie che anzi, proprio perché dissimulate dalla legalità, si trasformano in zone franche, si vanificherebbero gli enormi sforzi compiuti negli ultimi decenni.
La risoluzione della questione, finora rinviata o ignorata, dunque, non appare più procrastinabile. Ed è nei principi della Carta costituzionale e della Convenzione dei diritti dell’uomo riportati nelle pagine precedenti che va ricercata la stella polare che consenta il bilanciamento del diritto dell’individuo ad associarsi liberamente con l’interesse preminente dello Stato alla tutela della società dalle mafie.
Va premesso che le norme sulle associazioni segrete e su quelle comunque “vincolanti” sono finora state rimesse, come si è detto, ad una legislazione regionale, a macchia di leopardo, priva di uniformità, mentre trattandosi di temi volti a salvaguardare i principi fondamentali della Costituzione, tali valori richiederebbero una normativa statale con una portata generalizzata.
Sarebbe pertanto necessaria, innanzitutto, una previsione di legge che, per quanto già esposto nell’ultima parte di questa relazione, chiarisca definitivamente, tipizzandone le caratteristiche sostanziali già illustrate, che, ai sensi dell’art. 18, comma 2, della Costituzione, le associazioni sostanzialmente segrete, anche quando perseguano fini leciti, sono vietate in quanto tali, poiché pericolose per la realizzazione dei principi della democrazia e vieppiù così rivelatesi nel concreto della realtà italiana.
Una tale norma, soprattutto, attuerebbe, finalmente, la volontà dei Costituenti finora rimasta ignorata anche dalla legge 17/1982 sebbene intitolata “Norme di attuazione dell’art. 18 della Costituzione”.
Certamente, il fatto che il programma dell’associazione sia intrinsecamente lecito, come già evidenziato, “non può considerarsi irrilevante allorquando si tratti di individuare le conseguenze sanzionatorie, applicabili in caso d’inosservanza del limite di cui all’art.18/2 Cost. L’interesse alla base del divieto costituzionale potrebbe, infatti, risultare adeguatamente soddisfatto anche attraverso il mero scioglimento dell’associazione, sufficiente in quanto tale ad eliminare il disvalore insito nell’esercizio in forma occulta della libertà associativa”.
Sarebbe possibile ipotizzare, dunque, un provvedimento amministrativo prefettizio di scioglimento (sottoposto alla possibilità di impugnazione) dell’obbedienza o di una sua articolazione territoriale, e, solo per il caso di persistenza, sotto qualsiasi forma della medesima associazione disciolta, la sanzione penale.
E’ opportuno aggiungere che una norma che vieti, erga omnes, la segretezza di tutte quelle formazioni sociali, massoniche e non, che celino all’esterno e/o all’interno la loro essenza, e dunque così presentando profili di incompatibilità con il libero esercizio dei diritti assicurato dalla nostra Costituzione, non potrebbe ritenersi discriminatoria e nemmeno persecutoria nei confronti della massoneria, come più volte dalla stessa paventato.
Una previsione simile colpirebbe sì quelle associazioni massoniche che non proveranno a rivedere il loro ordinamento e ad adattarlo a quello dello Stato, ma non sarebbero soltanto queste, come è ovvio, gli obiettivi di una norma generale. In ogni caso, non può non riconoscersi la peculiarità italiana in tema di massoneria che, in diverse occasioni, si è ben differenziata da analoghe associazioni operanti in altri Paesi, per il grave fatto di essere stata la sede di interessi criminali, eversivi e mafiosi.
Una tale norma, del resto, sarebbe conforme alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo e alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che, nonostante quanto inopinatamente affermato in proposito dai gran maestri, non salvaguarda il diritto alla segretezza bensì il diritto all’associazione; diritto, quest’ultimo, che, secondo la normativa europea, può certamente essere sacrificato in presenza di una espressa previsione legislativa, del perseguimento di finalità di ordine pubblico e di sicurezza nazionale, della proporzionalità della sanzione rispetto ad enti che abbiano finalità lecite, della assenza di pratiche discriminatorie individuabili nel trattare in modo diverso situazioni materialmente paragonabili e senza una giustificazione obiettiva ragionevole.
Infine, una norma di rango superiore che vieti concretamente, e non solo come postulato, le associazioni segrete in senso sostanziale, sarebbe risolutiva, a monte, di tutte quelle altre problematiche prima evidenziate riguardo ai soggetti che, a vario titolo, svolgono attività al diretto servizio dello Stato per i quali, spesso, la sanzione disciplinare è correlata alla (improbabile) esistenza di un’associazione ex art. 2 della legge 17/1982 e non all’evidente disvalore di partecipare ad agglomerati segreti, incompatibili con i nostri principi di democrazia.
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