Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo


Nel reato in esame sono insiti un'effettiva lesione dell'ordine pubblico, per la esistenza in seno alla società di una simile associazione, ed un pericolo per i propositi delittuosi che costituiscono lo scopo degli associati.

L'associazione per delinquere rappresenta una minaccia insidiosa alla sicurezza pubblica, un ostacolo al normale svolgimento della vita civile, un motivo di continuo allarme per i cittadini.
L'associazione per delinquere, quando si chiama mafia, costituisce, oltretutto, una forza corrosiva e disgregatrice delle istituzioni, addirittura un potere occulto in antagonismo con quello dello Stato, un vero e proprio cancro sociale, le cui profonde infiltrazioni nei più disparati settori della vita pubblica sono, solo in minima parte, documentati da quanto si dirà più avanti nel l'esaminare la posizione dei singoli imputati, con particolare riguardo alle penetrazione della mafia nel settore edilizio, nei mercati, nella gestione dell'ippodromo nel cantiere navale e in qualche grosso stabilimento industriale.

La mafia è presente, e se ne ha la prova attraverso le vaghe ammissioni di qualcuno e certi misteriosi episodi di danneggiamento o di violenza, in ogni ambiente e non vi é attività commerciale o industriale in cui il mafioso non cerchi di inserirsi con i suoi tipici sistemi intimidatori.

Mafiosi oppure elementi controllati dalla mafia sono generalmente i guardiani dei cantieri, delle aree, dei magazzini, degli stabilimenti, dei villini delle periferia, dei fondi rustici, come Teresi Pietro, guardiano della Saiseb impresa di lavori edilizi scomparso alcuni anni fa in circostanze misteriose; Badalamenti Vito, campiere alle dipendenze dell'amministrazione giudiziaria dei beni appartenenti al defunto barone Stefano Chiarelli, in territorio di Carini e Partinico; Faddetta Nicolò e Falletta Francesco, già implicati nell'associazione mafiosa di Villabate; Mannino Giuseppe, guardiano di un cantiere dell'Air in contrada Petrazzi.

Filippone Salvatore, figlio del famigerato "zu Tanu Filippone" assegnatario di un alloggio popolare dell'Istituto per la Bonifica Edilizia di Palermo Bonedil ottiene la concessione del servizio spazzatura e manutenzione aiuole in un quartiere di 1700 alloggi popolari e laboratori artigiani, costruito dall'Istituto sud detto nel rione Villa Tasca.

Dei comitati comunali di zona istituiti nel 1960 dal Consorzio intercomunale anticoccidico, entrano a far parte numerosi mafiosi.

Direttamente o attraverso compiacenti intermediari, i mafiosi si occupano di imprese di costruzione, di appalti, di autotrasporti, di forniture di materiali o di generi di consumo ed intervengono nella compravendita dei terreni, nella gestione di aziende, negozi e locali pubblici.

Esistono dei locali notoriamente luogo di riunione di mafiosi, come il bar Ariston in piazza Politeama, gestito da Picciurro Salvatore o il bar Aluia in viale della Libertà o il Petit Bar in via S.Vigo gestito da Romano Nicolo inteso "conte Nasca" amico di Pennino Gioacchino, di Davi Pietro, di Mazara Giacinto e dei Greco.
 

Molti mafiosi sono in possesso del porto d'arma o del passaporto per l'Estero, ottenuti indubbiamente mediante l'appoggio di autorevoli e misteriosi protettori.
Molti e tra essi Troncale Francesco, Cimò Antonino, Sorci Antonino, Nicoletti Vincenzo, Matranga Antonino, Di Fresco Pietro, Di Peri Giovanni, Panzeca Giuseppe, Torretta Pietro, Majorana Francesco, Di Girolamo Mario, sono titolari di conti e depositi bancari.

La deleteria influenza esercitata dalla mafia non è soltanto di natura materiale, perché agisce anche sul costume, sul modo di comportarsi, sui rapporti pubblici e privati, sulla mentalità, per cui a ragione si parla di una "mentalità mafiosa".

E solo così diventano comprensibili atteggiamenti e reazioni, che diversamente non potrebbero mai spiegarsi od omettersi.

È il caso di Affronti Giuseppe, ricco possidente, che si compiace dell'amicizia con un delinquente come Conigliaro Cirolamo; di Fici Salvatore, studente universitario, nipote di Greco Salvatore, che detiene una pistola non denunziata; del meccanico Cordo Francesco Paolo, che, senza alcuna esitazione, si presta ad aiutare il pericoloso latitante Michele Cavataio; di Leale Leonardo, che mantiene la più completa riservatezza sulle vicende che condussero all'uccisione del fratello Stefano Leale; di Camporeale Giacomo, figlio dell'imputato Camporeale Antonino che non fa alcuna rivelazione sullo autore dello sfregio di cui rimase vittima; di Blandi Gerardo Andrea, che preferisce vivere come un recluso nella propria abitazione per sfuggire ai suoi nemici, ma non fornisce nessuna traccia utile per l'identificazione di coloro che cercarono di sopprimerlo; di Citarda Giuseppe, fratello oltre che dell'imputato Citarda Matteo, di Citarda Nicola ucciso nel 1924, di Citarda Antonino ucciso nel 1952 e di Citarda Vito ucciso nel 1958, il quale giustifica la mancata costituzione di parte civile contro Randazzo Paolo, condannato per l'omicidio di Citarda Vito, con le parole: "Chi lo dice che é stato lui!”

Del resto la reazione di Citarda Giuseppe di fronte all'assassino del fratello, come pure quella di Camporeale e Blandi, è tipica salvo qualche rara eccezione, di tutte le persone offese da reati mafiosi, solo che a volte è dovuta unicamente a "mentalità mafiosa", a volte a spirito di omertà, che non é soltanto espressione di quella malsana mentalità, ma è comune indistintamente anche a coloro che sono estranei, sotto ogni aspetto, alla mafia.

Per omertà, che è una conseguenza della mafia perché è particolarmente diffusa nelle province inquinate da questa forma di delinquenza, si intende l'atteggia mento di ermetica reticenza assunto sistematicamente da tutti quelli che come persone offese o testi, sono implicati in processi per reati mafiosi, atteggiamento che in questi ultimi tempi, in coincidenza con l'azione intrapresa contro la mafia, tende lentamente a modificarsi.

Un muro di impenetrabile silenzio, provocato da scarso senso di civismo, da timore di rappresaglie e purtroppo anche da non eccessiva fiducia nei poteri dello Stato, si oppone regolarmente alle indagini giudiziarie che, nonostante l'impegno con cui possono essere condotte, finiscono fatalmente col concludersi spesso con la equivoca formula dell'assoluzione per insufficienza di prove, di cui la Sicilia detiene un non invidiabile primato.

L'omertà è uno dei più solidi pilastri della mafia, perché la forza più grande del mafioso consiste proprio nella consapevolezza che le sue vittime non lo denunzieranno, che gli eventuali spettatori delle sue nefandezze non riveleranno nulla di ciò che hanno visto o sentito e nemmeno di tutto quanto possa avere il più lontano nesso con la vicenda, consiste, in altri termini, in quella che può definirsi "la certezza dell'impunità"

Ciò aiuta a comprendere come in una grande città come Palermo sia possibile per dei malviventi sparare e uccidere a viso aperto, in mezzo alla folla ed in piena luce, commettere senza alcuna cautela soprusi e ribalderie, agire con estrema tracotanza e sfidare ostentatamente la società.

E non si pensi nemmeno per un attimo che tali gesta siano dovute a spiccate doti di coraggio e audacia. Deve essere, infatti, smantellato il mito del mafioso "uomo d'onore, coraggioso e generoso", perché il mafioso é tutto l'opposto.

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