Licio Gelli – gran maestro venerabile della Loggia P2 – , Umberto Ortolani (faccendiere), Federico Umberto D’Amato – direttore dell'Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno dal ’71 al ’74 – e Mario Tedeschi (giornalista). Erano loro a coordinare quei soggetti dell'eversione nera, tutti uniti appassionatamente dal comune desidero di destabilizzare la nostra democrazia, di prendere il potere
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti
C'è un video amatoriale, filmato da un turista tedesco, che riprende per qualche istante l'estremista di destra e killer amico dei mafiosi Paolo Bellini. E' alla stazione di Bologna, pochi minuti dopo l’esplosione. È una delle prove – insieme alla testimonianza dell'ex moglie – che porta alla sua condanna. E fa aggiungere il suo nome nella lista dei condannati a quelli dei già noti Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini.
Ma la sentenza non si è fermata all'individuazione degli esecutori. «Possiamo ritenere fondata l’idea, e la figura di Bellini ne è al contempo conferma ed elemento costitutivo, che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento “Bologna”, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in Federico Umberto D’Amato, la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo».
Lo scrive la Corte d'Assise di Bologna, che scava a fondo i rapporti tra la galassia nera, i faccendieri e gli uomini delle istituzioni. Altro che “spontaneismo armato”, lo slogan neofascista sbandierato dai terroristi per rivendicare la propria diversità dai neri di Piazza Fontana e Piazza della Loggia.
Il commando agì «con i servizi deviati o con elementi della massoneria». E colpì non a caso Bologna, la città rossa simbolo della Resistenza.
C'è poi il famigerato “documento Bologna”, indicazioni ma soprattutto cifre. Denaro che sarebbe stato utilizzato per pianificare l’attentato (e pagare i terroristi). Follow the money, così il velo sui mandanti viene sollevato.
I loro nomi sono indicati nel capo d'imputazione. E pazienza se sono deceduti da un pezzo. «L’impunità per morte del reo´ non chiude necessariamente la sequenza che riguarda il dovere di preservare la memoria, combinando il diritto di sapere delle vittime col complesso di garanzie che possono renderlo effettivo nonostante l’impraticabilità di un giudizio di responsabilità», così dice la sentenza.
Licio Gelli (gran maestro venerabile della Loggia P2), Umberto Ortolani (faccendiere), Federico Umberto D’Amato (direttore dell'Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno dal ’71 al ’74) e Mario Tedeschi (giornalista) «nei confronti dei quali il quadro indiziario e talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica internazionale da quelle figure, quale contesto operativo della strage di Bologna». Erano loro a coordinare quei soggetti dell'eversione nera, tutti uniti appassionatamente dal comune desidero di destabilizzare la nostra democrazia, di prendere il potere.
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