Dal resoconto di Cuccia: «Sindona aveva dichiarato che io potevo essergli più utile da vivo che non da morto, e aveva quindi fatto sospendere specifiche iniziative nei miei confronti. Invece, Sindona riteneva di doversi assumere la responsabilità morale di fare "scomparire" Ambrosoli, senza lasciare alcuna traccia»
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza della Corte d'Assise di Milano che ha condannato all'ergastolo Michele Sindona per l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli
Nei giorni immediatamente successivi si intensificarono i tentativi di Guzzi per ottenere un incontro con dirigenti della Banca d'Italia, ed è in questo contesto che nella notte fra il 16 e il 17 novembre giunse a Cuccia una nuova telefonata minatoria con la quale gli si ordinava di aiutare “l’uomo di New York”, e contemporaneamente venne effettuato un attentato incendiario al portone della casa un cui abitava, in via Maggiolini 2: di nuovo Guzzi riferì di avere detto a Sindona, il giorno 15, che egli avrebbe avuto un prossimo colloquio con Cuccia il giorno 18. I successivi incontri fra Cuccia e Guzzi si verificarono il 22 ed il 29 novembre 1978.
Il colloquio del 22 novembre si svolse come risulta dal resoconto redatto da Cuccia e che è opportuno qui riportare: «L’avv. Guzzi mi riassume i contatti telefonici che ha avuto con Sindona dopo il nostro precedente incontro. Sindona lo aveva sollecitato affinché Evangelisti prendesse contatti con me: l’avv. Guzzi, per calmare le irrequietezze del Sindona, gli aveva detto di un suo colloquio interlocutorio con me (che naturalmente non è mai avvenuto) ed il giorno 15 gli aveva fatto sapere che si riservava di contattarmi il sabato 18». «Durante questo periodo, il Sindona avrebbe avuto un contatto telefonico diretto con Andreotti ed è previsto un incontro tra l’avv. Guzzi e Andreotti per il giorno 4 dicembre. Dopo la mia comunicazione a Guzzi della nuova iniziativa minatoria da parte di Sindona, Guzzi ha parlato con Piersandro Magnoni e per due giorni si è rifiutato di parlare con Sindona, che lo ha raggiunto telefonicamente soltanto domenica mattina alle h. 5. La tesi di Sindona è che l'iniziativa minatoria non parte da lui ma dall'ambiente italo-americano di New York».
«Dico all'avv. Guzzi che egli mi ha portato la prova che l'iniziativa viene da Sindona, in quanto, come già è accaduto la volta precedente, l’iniziativa minatoria del Sindona ha avuto luogo nella notte tra il giovedì e il venerdì, ossia il giorno dopo che Sindona aveva saputo (ciò che io non sapevo) del proposito dell’avv. Guzzi di prendere contatto con me il sabato mattina».
«L’avv. Guzzi mi dice che Sindona – il quale è in una situazione particolarmente tesa per l'andamento delle procedure giudiziarie in America, tutte a lui sfavorevoli – ha chiesto all’avv. Guzzi di organizzare un incontro con me a New York, presente naturalmente lo stesso avv. Guzzi».
«Dico all’avv. Guzzi che non riesco a capire che utilità può avere questo incontro. Il Sindona può desiderare di rileggermi quel “cahier de doléances” che l’avv. Guzzi e io avevamo letto a Zurigo ed io non ho nessuna voglia di riascoltare questo “cahier de doléances” o di recitare il mio per tutte quelle iniziative facinorose che il Sindona ha assunto contro di me».
Ad un certo punto l’avv. Guzzi si lascia sfuggire che il Sindona voleva studiare con me il modo di contrastare eventuali iniziative criminali nei riguardi miei o di membri della mia famiglia. Dico all'avv. Guzzi che con questa sua comunicazione egli si è reso tramite di una nuova minaccia del Sindona nei miei riguardi. «Ciò costituisce una ragione di più per non andare a vederlo. (omissis)».
Nell’incontro del 29 novembre Guzzi cercò ancora di convincere Cuccia ad accettare un incontro con Sindona, e tentò di fargli credere, contrariamente al vero, che Ambrosoli fosse sostanzialmente d'accordo sul progetto di sistemazione.
In realtà Guzzi, che sull'argomento aveva ripetutamente discusso con Ambrosoli, sapeva per certo che il commissario liquidatore era fermamente contrario a quella soluzione. Il 5 gennaio 1979, proprio nei giorni in cui anche Ambrosoli, come si dirà, era oggetto di pesanti minacce telefoniche, giunse a Cuccia un’altra telefonata minatoria, nella quale l’ignoto interlocutore accennava, fra l’altro, ad un viaggio a New York effettuato alcuni giorni prima da Guzzi, il quale nell'occasione avrebbe raccontato a Sindona “delle bugie”.
Anche questa telefonata minatoria, come quasi tutte le altre, era effettuata da una voce maschile che parlava in inglese con accento italiano meridionale. In seguito ad una telefonata di Magnoni che affermava di avere un'importante comunicazione per lui, Cuccia accondiscese ad incontrare nuovamente lo stesso a Zurigo il 22 marzo 1979, e su questo colloquio Cuccia scrisse nel proprio resoconto: «Magnoni ricorda che nel nostro ultimo incontro presente l’avv. Guzzi egli si era assunto l'impegno di far cessare le telefonate minatorie: il che, dice lui, è avvenuto. Lo smentisco. Non ricordavo del suo impegno, certo però che le telefonate minatorie sono continuate fino al gennaio scorso.
Magnoni si dichiara sorpreso; è stato informato da Ambrosoli (che gli ha fatto ascoltare la registrazione) delle telefonate ricevute dal liquidatore della Banca privata; ritiene che le due cose siano collegate. Si tratterebbe di un “picciotto” che ha agito di sua iniziativa per poter vantare dei meri ti agli occhi di Sindona. Magnoni aggiunge che la situazione di Sindona è divenuta particolarmente grave; nei giorni scorsi ha avuto una riunione con l’avvocato che tiene i contatti con la mafia italo-americana, il quale gli ha detto che Sindona è da considerarsi un uomo morto; e, di conseguenza, anche Cuccia ed i suoi familiari dovranno essere uccisi».
«Dico a Magnoni la mia indignazione che egli abbia potuto rendersi messaggero di un tale avviso mafioso, divenendone complice. Magnoni si giustifica dicendo che ha ritenuto dovere mettermi in guardia in quanto la cosa non riguardava solo me, ma anche i miei familiari (omissis); a proposito dei rapporti di Sindona con gli ambienti mafiosi, il Magnoni aggiunge che in pochi giorni la mafia americana ha raccolto 500.000 dollari, che ha messo a disposizione di Sindona per fornire la cauzione. «Alla fine della conversazione Magnoni riprende l’argomento del mio incontro con Sindona. Rispondo che il signor Sindona si può togliere dalla mente che io vada a vederlo sotto la spinta di messaggi mafiosi. (omissis). «Mi chiede se io posso spendere una parola con quest’ultimo (La Malfa). Glie lo escludo nel modo più categorico ed assoluto: non parlo con l'on. La Malfa di cose che riguardino direttamente o indirettamente il signor Sindona».
Nonostante i suoi precedenti rifiuti, Cuccia, dopo avere ricevuto una telefonata da Sindona, accettò di incontrarlo a New York. L’incontro si svolse con due colloqui avvenuti, il primo, il giorno 10 aprile 1979 alla presenza anche di Guzzi e di Magnoni, e il secondo l’11 aprile fra i soli Cuccia e Sindona.
Nel primo colloquio si discusse dello stato dei progetti di sistemazione della Banca privata Italiana, e Sindona a proposito della sua ostilità verso Cuccia confermò di ritenerlo responsabile della mancata autorizzazione all'aumento di capitale della Finambro, ascrivendogli di avere consigliato in tal senso il Ministro Ugo La Malfa; si vantò inoltre di avere “rubato” nell’ufficio del Giudice Istruttore Urbisci delle copie di documenti, e di essere in grado di procurarsi le copie di qualsiasi altro documento, a lui utile, dagli uffici dei magistrati italiani e americani che si occupavano delle sue vicende; si dimostrò particolarmente violento nei riguardi dell'avvocato Ambrosoli, che accusava di doppio gioco e di voler mantenere in essere la liquidazione il più a lungo possibile. Al termine del colloquio Sindona disse improvvisamente a Cuccia che loro due avevano in comune due cose: "un disprezzo personale del pericolo" e "un vivo amore per la famiglia".
Sullo svolgimento del colloquio avvenuto l’11 aprile, Cuccia scrisse nel resoconto: «Nel colloquio a quattro occhi, Sindona premette che mi deve fare un discorso molto duro e mi chiede di lasciarlo parlare senza interromperlo. Premette che ha un figlio che ogni notte si sveglia di soprassalto urlando che stanno uccidendo suo padre; un altro figlio ha deciso di fare politica con un orientamento che dovrebbe consentirgli iniziative a favore di suo padre; sua figlia è in uno stato di depressione nervosa gravissimo e si è ridotta a pesare 40 chili. Tra gli amici dei suoi figlioli erano Giorgio Cefis, Eugenio Faina e il figlio di Pirelli: i quali li tenevano al corrente di tutte le mie dichiarazioni e le mie iniziative contro di lui. Quando avvenne il “crack”, i due figli decisero di uccidermi. Egli riuscì a farli fermare a Ginevra dove erano arrivati, diretti in Italia, per eseguire la loro vendetta.
Successivamente, egli si preoccupò di attuare una serie di prese di contatto con le comunità italiane negli Stati Uniti, facendosi accompagnare dai figli, in modo da esporre la verità sulle mie malefatte contro di lui; e a seguito di questa propaganda io fui dichiarato “miserabile”, termine applicato a coloro che la mafia condannava a morte. Nel frattempo la mafia aveva completato le informazioni sui miei figli; aveva fatto seguire in macchina una delle mie figliole; aveva accertato che mio figlio si era trasferito in Germania. "Sindona aveva dichiarato che io potevo essergli più utile da vivo che non da morto, e aveva quindi fatto sospendere specifiche iniziative nei miei confronti. Invece, Sindona riteneva di doversi assumere la responsabilità morale di fare “scomparire” Ambrosoli, senza lasciare alcuna traccia» ( omissis).
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