Lo stesso 17 ottobre 1979 le autorità statunitensi comunicarono agli inquirenti italiani che il giorno precedente Michele Sindona era ricomparso a New York, ed era stato ricoverato in ospedale presentando una ferita da arma da fuoco alla gamba sinistra
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza della Corte d'Assise di Milano che ha condannato all'ergastolo Michele Sindona per l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli
Lo stesso 17 ottobre 1979 le autorità statunitensi comunicarono agli inquirenti italiani che il giorno precedente Michele Sindona era ricomparso a New York, ed era stato ricoverato in ospedale presentando una ferita da arma da fuoco alla gamba sinistra.
Contemporaneamente venne eseguito nei suoi confronti un mandato di arresto per i reati connessi con il fallimento della Franklin National Bank. Lo stato di detenzione di Sindona, nell'ambito di tale procedimento statunitense, fu confermato dal giudice Ghiesa al termine dell'udienza del 6 febbraio 1980 davanti alla Corte Federale Distrettuale di New York, e da tale data si protrasse ininterrottamente in Usa fino a quando, il 25 settembre 1984, egli venne consegnato alle autorità del nostro paese in accoglimento delle domande di estradizione concernenti sia i delitti per i quali ora si procede, sia quelli oggetto del procedimento per la bancarotta della Banca privata italiana.
A partire dal 17 ottobre 1979, e nei giorni successivi, Sindona venne ripetutamente interrogato sul suo rapimento, sia da agenti dell’Fbi, sia dalle autorità giudiziarie statunitensi che procedevano per i reati concernenti il fallimento della Banca Franklin, sia dal Giudice Istruttore e dal Pubblico Ministero di Roma, recatisi in Usa per effettuare tale atto istruttorio nell'ambito delle indagini in corso sul rapimento.
In tali interrogatori Sindona raccontò, con dovizia di particolari, come fosse stato sequestrato a New York il pomeriggio del 2 agosto 1979 da alcuni sconosciuti, come fosse stato tenuto ininterrottamente prigioniero fino alla sua liberazione, come fosse stato ripetutamente interrogato e costretto a scrivere messaggi ed a fornire informazioni, come fosse stato ferito alla gamba sinistra con un colpo di pistola sparatogli da una donna del gruppo dei sequestratori durante un suo tentativo di fuga, e come infine fosse stato rilasciato il mattino del 16 ottobre.
Fornì inoltre dettagliate descrizioni dei diversi locali dove era stato custodito, e delle caratteristiche fisiche e comportamentali dei suoi numerosi carcerieri.
Il 29 gennaio 1980 giunse all’agenzia Ansa di Milano un comunicato a firma "Giustizieri Proletari", contenente divagazioni sul tema del malcostume finanziario italiano, scritte con un linguaggio che si avvicinava più o meno a quello dei gruppi terroristici e presentate come il risultato del “giusto processo” celebrato dal “tribunale del popolo” contro Michele Sindona. Allegati al comunicato vi erano quattro fogli riproducenti in fotocopia altrettante pagine della bozza della relazione Ambrosoli, ricettata e ribattuta, come si è detto, da Sindona.
Poiché il progredire delle indagini svolte sulla vicenda sia dalle autorità italiane che da quelle statunitensi rendeva sempre più manifesto che non di un sequestro di persona si era trattato, ma di una grande messinscena attuata per degli scopi che ancora apparivano oscuri, finalmente Sindona, in due colloqui avuti il 17 giugno ed il 10 luglio 1980 con agenti dell’Fbi, ammise di essersi volontariamente allontanato dagli Stati Uniti e di essere venuto in Italia simulando il proprio rapimento, descrisse sommariamente lo svolgersi dei fatti e indicò alcune delle persone che lo avevano aiutato ed assistito in questa impresa.
Ulteriori notizie sulla vicenda egli fornì nel corso del lungo interrogatorio reso a norma dell'art. 348 bis cpp davanti al Giudice Istruttore di Milano durante l'istruttoria-stralcio a carico di Robert Venetucci e Pier Sandro Magnoni, ed al dibattimento.
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