Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


Il gen. Dalla Chiesa esternò anche all’imputato l’intenzione di condurre la propria azione di contrasto alla mafia senza assicurare nessun trattamento di favore alla parte dell’elettorato cui faceva riferimento la corrente andreottiana in Sicilia.

In proposito, è inequivocabile il contenuto delle annotazioni effettuate dal gen. Dalla Chiesa sul proprio diario nella pagina del giorno 6 aprile, di seguito trascritte:

«Dunque nella giornata di venerdì e fino ad ora tarda si sono succedute le telefonate di rallegramenti e di auguri: dal Ministro Rognoni al Presidente del Consiglio, Spadolini, dal Prefetto di Roma a quello di Milano, di Torino, di Firenze, dal Capo di Gabinetto del M.I. al Capo di S.M.D. e E., insomma tantissimi. Poi ieri anche l'on. Andreotti mi ha chiesto di andare e naturalmente, date le sue presenze elettorali in Sicilia, si è manifestato per via indiretta interessato al problema. Sono stato molto chiaro e gli ho dato però la certezza che non avrò riguardi per quella parte di elettorato alla quale attingono i suoi grandi elettori. Sono convinto che la mancata conoscenza del fenomeno, anche se mi ha voluto ricordare il suo lontano intervento per chiarire la posizione di Messeri a Partinico, lo ha condotto e lo conduce ad errori di valutazione di uomini e circostanze. Il solo fatto di raccontarmi che intorno al fatto Sindona, un certo Inzerillo, morto in America, è giunto in Italia in una bara e con un biglietto da 10 dollari in bocca depone nel senso; prevale ancora il folclore e non se ne comprendono i “messaggi"!»

Il resoconto della conversazione esposto dal gen. Dalla Chiesa nel suo diario (che deve ritenersi pienamente attendibile per la natura di tale documento, redatto con assoluta sincerità nell’immediatezza dei fatti e destinato ad un uso esclusivamente personale) evidenzia come il problema dei rapporti esistenti tra la corrente andreottiana siciliana e l’organizzazione mafiosa fosse stato portato all’attenzione del sen. Andreotti, il quale, tuttavia, non manifestò alcuna significativa reazione volta a prendere le distanze dai soggetti collusi con "Cosa Nostra".

In ordine al predetto colloquio svoltosi il 5 aprile 1982, il gen. Dalla Chiesa si espresse nei seguenti termini parlandone successivamente con il figlio Fernando: "sono stato da Andreotti, gli ho detto quello che so dei suoi in Sicilia ed è sbiancato in volto" (v. la deposizione testimoniale resa dall’on. Fernando Dalla Chiesa all’udienza del 14 gennaio 1998).

Queste espressioni utilizzate dal gen. Dalla Chiesa nel riferire sinteticamente al figlio il contenuto del colloquio, a ben vedere, non si pongono in contrasto con le risultanze del diario.

L’affermazione: “gli ho detto quello che so dei suoi in Sicilia” è pienamente coerente con la manifestazione dell’intento di non assicurare alcun trattamento di favore alla parte dell’elettorato cui faceva riferimento la corrente andreottiana in questa regione. Non vi è dubbio, infatti, che l’esternazione di una simile intenzione fosse inserita nel contesto di un discorso concernente le modalità con le quali il gen. Dalla Chiesa avrebbe condotto la sua azione di contrasto a “Cosa Nostra” anche in relazione ai rapporti tra mafia e politica.

Di ciò si trova un preciso riscontro nel contenuto del diario, dove il gen. Dalla Chiesa specificò che il sen. Andreotti era indirettamente interessato al problema proprio per le sue presenze elettorali in Sicilia e faceva esplicito riferimento ad episodi di chiara matrice mafiosa (segnatamente, il racconto, attinente alle vicende di Michele Sindona, che “un certo Inzerillo, morto in America, è giunto in una bara e con un biglietto da 10 dollari in bocca”).

Deve dunque ritenersi che il gen. Dalla Chiesa, evidenziando nel proprio diario di essere stato “molto chiaro” a fronte dell’interesse indirettamente mostrato dal sen. Andreotti, abbia inteso riferirsi implicitamente a ciò che aveva espressamente enunziato all’imputato nel colloquio del 5 aprile 1982 e quindi sinteticamente esposto al proprio figlio, con la frase: “gli ho detto quello che so dei suoi in Sicilia”. Quest’ultima espressione consente di intendere appieno il significato dello scritto (“sono stato molto chiaro e gli ho dato però la certezza che non avrò riguardo per quella parte di elettorato alla quale attingono i suoi grandi elettori”), in quanto denota che il gen. Dalla Chiesa, benché fosse in presenza di un soggetto provvisto di altissima influenza politica e gli avesse comunicato le proprie conoscenze sugli aderenti alla sua corrente in Sicilia, gli aveva preannunziato – dimostrando una estrema dignità, un forte senso istituzionale ed un’alta consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo, e rifuggendo da ogni comodo atteggiamento di condiscendenza - che non avrebbe usato alcun riguardo per l’elettorato cui costoro attingevano.

La decisione del gen. Dalla Chiesa di profferire un simile discorso davanti al sen. Andreotti era determinata dalla convinzione che l’interlocutore non avesse una precisa consapevolezza delle collusioni mafiose degli esponenti della sua corrente, e ne avesse valutato erroneamente l’operato; e proprio questa convinzione fu espressa dal gen. Dalla Chiesa nel proprio diario.

Il gen. Dalla Chiesa, comunque, notò che il sen. Andreotti impallidiva ascoltando le sue parole, e di tale circostanza fece menzione nel colloquio con il proprio figlio, senza aggiungere alcun commento, in conformità alla misurata e riflessiva ponderazione che era solito adottare nella valutazione dei fatti.

Si trattava, evidentemente, di una circostanza sulla quale egli non aveva ancora potuto formarsi una precisa opinione, e che quindi non ritenne di riportare in un diario destinato a racchiudere non i suoi sospetti, ma i suoi più profondi sentimenti, la sua interpretazione degli eventi e le sue motivazioni di fondo.

Palesemente inverosimile è la ricostruzione dell’incontro offerta dal sen. Andreotti nella deposizione testimoniale da lui resa nell’ambito del c.d. maxiprocesso, all’udienza del 12 novembre 1986 (la cui trascrizione è stata acquisita al fascicolo del presente dibattimento in data 20 ottobre 1998).

Infatti il sen. Andreotti - oltre ad escludere di avere chiesto un incontro al gen. Dalla Chiesa ed a sostenere che era stato quest’ultimo a fargli di sua iniziativa una visita di cortesia - negò che nel corso della conversazione il gen. Dalla Chiesa gli avesse parlato di persone o gruppi del suo partito e gli avesse preannunziato la propria intenzione di non riservare un trattamento di riguardo a determinati soggetti, ed affermò di non avere menzionato l’episodio relativo all’Inzerillo.

In particolare, il sen. Andreotti rese le dichiarazioni di seguito riportate:

Presidente: Senta, ricorda, signor Ministro, se durante il colloquio lui fece cenno al suo comportamento, comportamento che si... che avrebbe tenuto e in particolare all'estrema decisione che avrebbe dimostrato a condurre... nel condurre la lotta contro la mafia, anche nei confronti eventualmente di esponenti di partito o comunque di tendenze partitiche?

Andreotti Giulio: Beh, ho letto poi nei giornali questa parte, ma devo dire che assolutamente no, non mi ha mai parlato di problemi particolari sotto questo aspetto, cioè di una posizione nei confronti o dell'uno o dell'altro partito o di uomini o gruppi all'interno del mio partito, d'altra parte avevamo lavorato molti anni assieme, Dalla Chiesa sapeva benissimo come io la pensavo.

Presidente: Insomma, lui dice... che, nel diario: sono stato molto chiaro e gli ho dato però la certezza... gli ho dato la certezza di non avere... che non avrò riguardo per quella parte di elettorato, alla quale attingono i suoi grandi elettori. Evidentemente questa certezza è venuta fuori dal colloquio in maniera sfumata indiretta.

Andreotti Giulio: No, in nessuna maniera perchè..., fra l'altro non abbiamo per niente parlato di persone, di gruppi o di attività politiche, quindi sono...

Presidente: Io proprio questo volevo dirle... Il colloquio non sfiorò alcuni nomi o comunque personalità politiche siciliane?

Andreotti Giulio: No, Presidente, un'altra volta invece successivamente, mi ricordo perchè era dopo il matrimonio perchè venne a ringraziarmi perchè...

Presidente: Nel mese di luglio.

Andreotti Giulio: ... gli avevo mandato un piccolo regalo, così, mi venne a ringraziare, e in quella occasione mi ricordo - e anzi mi sorprese un po’ - che mi disse, qui... come un fatto un po’ eccezionale molto soddisfatto che era stato invitato al pranzo dal Presidente della Regione Mario D'Acquisto... e io ridendo dissi: ma è un fatto così straordinario? E allora anche lui, ma, scherzando, mi disse: ma quando io ero lì, non come Prefetto ma come Ufficiale dei Carabinieri erano tempi, in cui mi citò un circolo non mi ricordo come si chiama, un circolo di Palermo, in cui disse: per esempio lì un Ufficiale dei Carabinieri è difficile che fosse invitato, una frase di questo genere, mi disse, ma l'unica volta che mi ha parlato di persone politiche della Sicilia, ma fu successivamente e me ne parlò proprio in senso opposto, anzi dicendo che era stato molto lieto di incontrarsi con l'Onorevole Mario D'Acquisto.

Presidente: Il figlio del Prefetto Dalla Chiesa, professor Nando, nella sua deposizione sostiene che il padre gli avrebbe confidato che ad un certo punto del colloquio con lui, lei sarebbe impallidito? Questo è quanto dice il teste, e volevo semplicemente farglielo presente.

Andreotti Giulio: Questa è una fantasia, a parte che sono abbastanza pallido di natura, e quindi difficilmente potrei impallidire. Ma è veramente una cosa che non ha il minimo fondamento.

Presidente: Comunque, volevo farle altre domande, sempre sul brano che si trova sotto la data 6 aprile del diario del Prefetto Dalla Chiesa. Egli dice, dopo che... ha fatto quella precisazione, sono stato molto chiaro... già ha avuto occasione di leggerla e gli ho dato, però, la certezza che non avrò riguardo per quella parte di elettorato, alla quale attingono i suoi grandi elettori. Poi dice, sono convinto che la mancata conoscenza del fenomeno anche se mi ha voluto ricordare il suo lontano intervento per chiarire la posizione di Messeri a Partinico, lo ha condotto e lo conduce a errori di valutazione di uomini e circostanze. E poi soggiunge: "il solo fatto di raccontarmi che intorno al fatto Sindona, un certo Inzerillo morto in America è giunto in Italia in una bara e con un biglietto di 10 dollari in bocca, depone nel senso”. E finisce: "prevale ancora il folclore e non se ne comprendono i messaggi”. In realtà le espressioni sono piuttosto oscure, io volevo sollecitare il suo ricordo per chiarirci qualche cosa...

Andreotti Giulio: No, Presidente questa cosa, io... anche questa l'ho letta una volta in un giornale, questo... di questo...

Presidente: Sovrano...

Andreotti Giulio:... come si chiama, di questo... mafioso morto così, così. Io non ho assolutamente parlato.

Presidente: Lei non ne ha parlato?

Andreotti Giulio: No, l'ho letto nel giornale, successivamente... io non...

Presidente: Ma lui l'attribuisce...

Andreotti Giulio: ...non so nemmeno se sia veramente esistito un fatto... ho letto nel giornale, proprio in una di queste varie cronache successive, delle polemiche non so se prima o dopo il libro del figlio del Generale Dalla Chiesa.

Presidente: Ma certamente prima, penso, no?

Andreotti Giulio: Ma.

Presidente: Comunque, lui le attribuisce questa... addirittura questo particolare, che lei avrebbe fatto... gli avrebbe fatto presente, gli avrebbe ricordato che questo Inzerillo ucciso in America, non soltanto morto, che fu ucciso in America, fu fatto trovare in Italia in una bara con un biglietto da 10 dollari in bocca.

Andreotti Giulio: Ma questo è un'altra cosa... che assolutamente avrà fatto confusione con qualche altro.

Presidente: Ah!

Andreotti Giulio: Io certamente non posso avergli raccontato... questo perchè non lo sapevo questo fatto posto che sia vero l'ho letto dopo che sono venute fuori tutte queste polemiche.

Presidente: Ma addirittura, poi gliene fa derivare una visione folkloristica del fenomeno, "e non se ne comprendono i messaggi”. E' possibile che magari in un altro colloquio di poco successivo lei avesse accennato... o comunque si fosse accennato da entrambi, insomma, perchè non è da escludere anche, a questo episodio, e che se ne volessero trarre le conclusioni, perchè evidentemente "i messaggi” riferito al fatto che l'INZERILLO ucciso in America viene mandato in Italia con 10 dollari in bocca, potrebbe... è una... è un fatto che va interpretato, quindi il messaggio e le conclusioni che se ne possono trarre.

Andreotti Giulio: Guardi, io non so assolutamente da che cosa possa essere nato questo, certo non da me, perchè è un fatto che io non sapevo per niente. Forse avrà riassunto conversazioni con più persone, io non so. (...)

Presidente: Sì, ma comunque, scusi, a prescindere dal fatto dell'Inzerillo, può essere un fatto anche... potrebbe essere o un cattivo ricordo del Prefetto Dalla Chiesa o un suo... anche giustificato dal tempo, mancato ricordo...

Andreotti Giulio: Beh, no... ho una memoria piuttosto discreta, e poi un fatto di questo genere lo ricorderei perchè non è un fatto che capita spesso.

Presidente: No, dico ma a prescindere da questo che lei si potrebbe (...) giustificare in vario modo, si ricorda di avere parlato del fenomeno mafioso con il Prefetto Dalla Chiesa, di aver espresso una sua opinione sul modo di manifestarsi di questo fenomeno?

Andreotti Giulio: No, noi abbiamo parlato, ma non in quella volta, ne abbiamo parlato una volta proprio del ... lei ha parlato prima del Senatore Messeri, perché quando...

Presidente: Ah, ecco anche del Senatore Messeri, sì...

Andreotti Giulio: ...sì, perché quando c’era stata la sostituzione del Senatore Messeri che era Senatore di Partinico, quindi una zona piuttosto...

Presidente: Una zona calda.

Andreotti Giulio: ...conosciuta come zona mafiosa, ricordo che c’era stata una discussione piuttosto difficile per la sostituzione del Senatore Messeri, allora, poi fu scelto il Senatore Pecoraio, di questo abbiamo una volta parlato così, ma non come fatto piuttosto di cronaca, certamente della mafia con il Generale Dalla Chiesa, ma non in quella occasione ma anche prima ne abbiamo parlato

molte volte perché era un fenomeno più che preoccupante in modo particolare già allora cominciava ad aversi il sospetto e forse anche una cosa più del sospetto del collegamento mafia-droga e quindi su questo...certo e anzi era la ragione per cui io ritenevo che fosse bene avere...a ripristinare uno strumento più efficace anche meno legati a trutture ordinarie com’era quello precedente.

Presidente: Mi scusi, questo suo intervento era diretto a proporre la persona che avrebbe dovuto sostituire il Senatore Messeri?

Andreotti Giulio: No, no il fatto di Messeri era di molti anni prima...

Presidente: Sì, no dico, parlando ora di questo...

Andreotti Giulio: Sì, no noi parlammo di Partinico probabilmente che allora...

Presidente: Allora lei ricordò...

Andreotti Giulio: ...ricordando in quella occasione che quando andò via Messeri era stato difficile trovare un candidato che fosse ritenuto al di fuori di chiacchere insomma...

Presidente: Comunque, di questo lei ricorda di aver parlato con Dalla Chiesa.

Andreotti Giulio: Di questo certamente ne parl... non mi ricordo però se è stato in quella occasione o no...

Presidente: In un’altra. (...)

Presidente: E dei rapporti tra mafia e politica, cioè delle interessenze che ci portessero essere tra l’associazione criminale e uomini politici, e comunque l’asservimento anche di particolari istituti democratici a fini certamente non istituzionali che sono uno delle caratteristiche (...) del fenomeno mafioso, (...) dico di questo non ne avete mai parlato?

Andreotti Giulio: No, con il Generale Dalla Chiesa, no, anche perché questo è un problema sempre molto difficile, perché qualche volta è anche oggetto di polemiche di natura ibterna tra partito o qualche volta forse anche all’interno di uno stesso partito, tanto è vero che, per esempio, così uno dei primi assassinati politici della mafia a Palermo fu un nostro segretario provinciale che (...) era abbastanza vicino a me e ai miei amici, Michele Reina...

Questa versione dei fatti è stata ribadita dall’imputato nelle seguenti dichiarazioni spontanee rese all’udienza del 29 ottobre 1998: «non mi soffermo oltre lo stretto necessario sul diario del Generale, nel quale figurano passi assolutamente fantastici, almeno per quello che io posso valutare. Mi dispiace anzi che se ne sia parlato, perché questo colloquio serale con la moglie morta doveva restare inedito. Nei colloqui avuti con lui, sempre su sua richiesta, non solo non mi espresse giudizi negativi sui democristiani di Palermo né amici di corrente o altri ma mi manifestò la soddisfazione per un pranzo offertogli dal presidente della Regione D’acquisto. Ma non era normale questo scambio di cortesie? Gli dissi. Mi rispose che io non conoscevo l’ambiente palermitano, che verso un proveniente dai Carabinieri teneva in certo senso le distanze. Se il Generale mi avesse manifestato riserve o peggio su qualcuno, chiunque fosse, lo avrei incitato io a non avere riguardi per chicchessia».

Per cogliere la inattendibilità della ricostruzione del colloquio fornita dall’imputato è sufficiente rilevare che non si comprende per quale ragione il gen. Dalla Chiesa avrebbe dovuto inserire “passi assolutamente fantastici” in un diario che raccontava con dettagliata precisione e completa sincerità alcune vicende della sua vita, alle quali egli attribuiva particolare importanza.

A ciò si aggiunga che il contenuto del diario è perfettamente coerente con le affermazioni compiute dal gen. Dalla Chiesa sia nel successivo colloquio con il proprio figlio Fernando, sia nei suoi contatti con altri rappresentanti delle Istituzioni.

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