Le dichiarazioni pienamente confessorie rese da Charles Arico nel corso dell'istruttoria svoltasi nei suoi confronti dopo l'estradizione, e da lui confermate nel dibattimento a suo carico, sono di particolare interesse ai fini dell'accertamento delle responsabilità per l'omicidio di Giorgio Ambrosoli
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza della Corte d'Assise di Milano che ha condannato all'ergastolo Michele Sindona per l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli
Come più diffusamente si dirà nei capitoli che seguono, le attività intimidatorie ai danni di Enrico Cuccia - delle quali Michele Sindona era sicuramente il mandante - proseguirono dal settembre 1979 fino al marzo 1980. In particolare, il 5 e il 28 febbraio 1980 uno sconosciuto, che chiamava da New York e parlava in lingua inglese, telefonò a Cuccia ordinandogli di sistemare la situazione di Sindona e rivolgendogli minacce di morte.
La registrazione di tali telefonate, effettuata da Cuccia, venne in seguito dallo stesso prodotta con la relativa trascrizione.
Dopo che la Procura della Repubblica di Milano, con decreto 10 marzo 1980, aveva disposto l'intercettazione delle telefonate sull'utenza dell'abitazione di Cuccia, lo stesso il 28 marzo 1980 ricevette al tre due telefonate anonime, in inglese e di tenore analogo a quello delle precedenti. Indagini svolte dall'Fbi presso la società che gestisce il servizio telefonico, e confermate nelle deposizioni testimoniali dell'agente speciale Edward Holiday, consentirono, fino dal giugno 1980, di accertare che le due telefonate minatorie del 28 marzo 1980 erano state effettuate dall'apparecchio installato nella stanza n.104 del Motel Holiday Inn di Long Island (New York), occupata quel giorno da una persona che si era registrata, compilando la relativa scheda, con il nome di Charles Pido.
Solo dopo molto tempo tuttavia - e dopo che erano stati acquisì ti elementi che indicavano con certezza nel pregiudicato newyorchese William Arico l'esecutore materiale dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli - si potè apprendere che Charles Pido altri non era che il figliastro, allora ventiduenne, di William Arico.
Tale identificazione emerse dalle indagini che Ronald Ehnes, ispettore del Servizio dei Marshal degli Stati Uniti, aveva svolto per· un lungo periodo al fine di localizzare e catturare William Arico, evaso dal carcere il 28 giugno 1980 e infine catturato il 16 giugno 1982.
Nel corso di queste indagini Ehnes aveva avuto modo di parlare più volte con i membri della famiglia Arico, fra i quali il figlio Charles il quale usava indifferentemente il cognome di Pido o di Arico, essendo nato da un precedente matrimonio, con un tale Pido, della moglie di William Arico.
Queste notizie vennero riferite in istruttoria nel corso di una deposizione testimoniale dello stesso Ehnes, il quale inoltre, ascoltata la registrazione di una delle due telefonate minatorie ricevute da Cuccia il 28 marzo 1980, vi riconobbe con certezza la voce del giovane Arico. In base a questi elementi Charles Arico venne imputato, con mandato di cattura, di concorso nei reati di violenza privata e tentata estorsione nei confronti di Cuccia, e, dopo essere stato sottoposto ad arresto provvisorio a scopo estradizionale negli Stati Uniti, fu estradato in Italia il 17 febbraio 1984 e rinviato separatamente a giudizio con ordinanza 23 maggio 1984.
Con sentenza del Tribunale di Milano in data 5 luglio 1984, confermata in appello 1'11 febbraio 1985 e divenuta irrevocabile, Charles Arico fu condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione per il reato di violenza privata, e assolto per insufficienza di prove dall'accusa di concorso in tentata estorsione.
Lo stesso, dopo avere beneficiato di due anni di condono, venne scarcerato per fine pena il 6 dicembre 1984 e ritornò definitivamente negli Stati Uniti.
Le dichiarazioni pienamente confessorie rese da Charles Arico nel corso dell'istruttoria svoltasi nei suoi confronti dopo l'estradizione, e da lui confermate nel dibattimento a suo cArico, sono di particolare interesse ai fini dell'accertamento delle responsabilità per l'omicidio di Giorgio Ambrosoli.
Egli infatti affermò: che il 28 marzo 1980 aveva occupato una stanza dell'albergo Holiday Inn di Long Island per incarico di un amico di suo padre, di nome Robert Venetucci, il quale gli aveva anche fornito il danaro occorrente; che quel giorno egli, su richiesta di Venetucci il quale gli aveva detto che così avrebbe aiutato suo padre ad uscire dal carcere, dalla camera dell'albergo aveva chiamato al telefono Cuccia passando poi l'apparecchio a Venetucci che aveva proseguito la telefonata, e aveva successivamente fatto lui stesso a Cuccia una seconda telefonata il cui testo gli era stato indicato dal Venetucci;
che anche in precedenza, forse un paio di mesi prima, aveva affittato una stanza in un albergo di Staten Island, sempre per incarico di Venetucci che poi aveva utilizzato la camera; che la voce della persona che parlava con Cuccia nella prima telefonata del 28 marzo 1980, la cui registrazione gli era stata fatta ascoltare nel corso dell'interrogatorio, era"sicuramente quella di Venetucci, così come dello stesso era la voce dell'individuo che parlava al telefono con Cuccia nei due colloqui registrati nel precedente mese di febbraio;
che suo padre, quando nell'estate del 1980, poco dopo la sua evasione dal carcere, era stato da lui informato delle telefonate fatte a Cuccia per incArico di Venetucci, si era molto arrabbiato perché non voleva che egli venisse coinvolto in cose del genere, e gli aveva detto che quelle telefonate non sarebbero servite a farlo uscire dal carcere ma rispondevano soltanto agli interessi di Sindona;
che suo padre e Venetucci avevano cominciato a frequentarsi in libertà nel 1978, dopo che entrambi erano usciti dal carcere dove si erano conosciuti, e che nell'epoca successiva, e fino all'arresto di suo padre avvenuto nel dicembre 1979 durante una rapina, egli si era trattenuto molte volte a pranzo in ristoranti in compagnia di suo padre e di Venetucci, assistendo a colloqui nei quali i due parlavano spesso di viaggi che suo padre doveva effettuare in Italia per svolgere dei compiti per conto di Sindona;
che sulla natura di tali incarichi egli sapeva soltanto, per averlo sentito in questi colloqui, che Sindona era insoddisfatto di come le cose stavano andando in Italia ad opera dei suoi avvocati, e voleva quindi che intervenissero loro, ossia suo padre e Venetucci, e in particolare voleva che suo padre tornasse in Italia per fare qualcosa di più e per mettere a posto le cose; che in effetti fra l'autunno del 1978 e tutto il 1979 suo padre si era recato molte volte in Italia, una volta anche in compagnia del suo amico Rocco Messina in funzione di interprete, impiegando danaro fornitogli da Venetucci, con il quale egli spesso aveva discussioni perché non arrivavano le somme che si attendeva da lui per le attività svolte; che suo padre aveva del danaro depositato in un conto corrente presso una banca di Ginevra, intestato al nome di Robert Mc govern, e che una volta anche sua madre, in compagnia di lui stesso, si era recata in Svizzera per prelevare dei soldi da quel conto; che il 2 dicembre 1979, in occasione del primo compleanno del suo fratellino, suo padre aveva regalato al piccolo una catenina d'oro con una medaglia, dicendo in famiglia, senza aggiungere al tre spiegazioni, che era "un regalo di Ambrosoli";
che nei mesi in cui egli era rimasto detenuto nel Metropolitan Correctional Center di New York prima della sua estradizione in Italia, suo padre, Venetucci e Sindona, anch'essi detenuti nello stesso carcere, si davano spesso appuntamento nella biblioteca della prigione, dove si trattenevano a discutere fra loro senza ammetterlo ai loro colloqui; dono uno di questi colloqui suo padre, avendo appreso da documenti della procedura di estradizione, in possesso di Sindona, che quest'ultimo aveva versato a Venetucci, su un conto della società Ace pizza, oltre 50.000 dollari, si era infuriato con Venetucci e lo aveva quasi aggredito, accusandolo di avere ricevuto da Sindona delle somme che poi aveva trattenuto soltanto per sè.
Le dichiarazioni di Charles Arico, acquisite al presente giudizio attraverso la lettura che ne è stata data al dibattimento, appaiono in sè dotate di notevole attendibilità.
Non è infatti risultato alcun elemento tale da attribuire un minimo di plausibilità all'ipotesi che un giovane della sua età e condizione - del tutto estraneo alle vicende di Michele Sindona nelle quali venne coinvolto in modo occasionale e marginale - potesse avere inventato i fatti e le circostanze da lui riferiti, per di più nel corso di interrogatori resi quando ormai il padre William Arico era deceduto durante un tentativo di evasione dal carcere, e quando di conseguenza il giovane non poteva nemmeno essere influenzato da considerazioni attinenti agli interessi o ad ipotetiche strategie del padre stesso.
Charles Arico inoltre, nel corso dell'istruttoria-stralcio a carico di Robert Venetucci, confermò le sue precedenti dichiarazioni anche in un confronto con lo stesso Venetucci, mentre quest'ultimo e Michele Sindona in istruttoria e al dibattimento hanno saputo soltanto negare i fatti riferiti dal predetto e sostenere che egli era un mentitore, senza peraltro minimamente indicare le ragioni di tale asserito mendacio.
Quanto riferito da Charles Arico sul ruolo svolto da Venetucci nelle minacce telefoniche rivolte a Cuccia nel febbraio e nel marzo 1980 ha trovato poi una importante conferma nelle deposizioni rese in istruttoria e al dibattimento da James Stein, funzionario del Probation and Parole Office del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
Questi infatti, che per ragioni del suo ufficio aveva avuto numerosi colloqui, anche telefonici, con Robert Venetucci mentre lo stesso si trovava in libertà vigilata, in istruttoria riconobbe con sicurezza la sua voce nella registrazione delle telefonate minatorie ricevute da Cuccia il 5 e il 28 febbraio e nella registrazione della prima telefonata del 28 marzo, e al dibattimento ha ribadito che tale riconoscimento era stato per lui assolutamente certo.
Anche il teste Henry Hill, del quale si parlerà fra poco, dopo avere in un primo tempo erroneamente identificato la voce di Rocco Messina in quelle registrazioni, nella deposizione del 12 aprile 1984, avendo ascoltato una copia amplificata delle registrazioni, vi riconobbe, oltre alla voce di Charles Arico, anche quella di Robert Venetucci.
Il fatto oggettivo, cosi incontestabilmente accertato, della partecipazione di Charles Arico e di Robert Venetucci all'esecuzione delle attività intimidatorie poste in essere nei confronti di Cuccia e per conto di Sindona fra il febbraio ed il marzo 1980 - e quindi in un periodo in cui William Arico era detenuto e non era perciò utilizzabile per azioni del genere - trova una logica e coerente spiegazione nel racconto complessivo del giovane Arico sui rapporti fra suo padre, Venetucci e Sindona, e costituisce, di conseguenza, un importante elemento di conferma di tale racconto. Invece, l'assunto di Sindona e di Venetucci, secondo cui le dichiarazioni di Charles Arico sarebbero completamente false, lascia del tutto inspiegata ed inspiegabile l'accertata partecipazione del giovane, e di Venetucci, a quelle attività intimidatorie.
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