Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza di primo grado che ha assolto l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. La sentenza di secondo grado, confermata in Cassazione, ha accertato invece che – fino alla primavera del 1980 – Andreotti aveva avuto rapporti con i boss Cosa Nostra


Dalla sentenza emessa il 16 dicembre 1987 Dalla Corte di Assise di Palermo nel c.d. maxiprocesso si desume, comunque, che da tempo erano stati avanzati sospetti sull’inserimento dei cugini Salvo nel sodalizio criminale. Sul punto, la pronunzia in questione ha evidenziato quanto segue:

I sospetti sull'appartenenza di Ignazio Salvo (e del cugino defunto Nino) alla mafia risalgono ad epoca non recente. Peraltro, in vari rapporti informativi redatti dai Carabinieri del trapanese l'attività economica dei Salvo e il loro inglobamento nell'associazione mafiosa, talora in termini apertamente contraddittori, vengono per lo più considerati come dati di fatto acquisiti Dalla pubblica opinione di Salemi. In alcuni rapporti si precisa, anzi, che il padre di Ignazio sarebbe stato considerato in alcuni periodi come il capomafia del paese.

Sui problemi relativi alle esattorie ed ai cugini Salvo si era concentrata, nel 1982, l’attenzione del Prefetto di Palermo gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale – rendendosi conto dell’importanza della questione - avvertì l’esigenza di accennarvi in occasione di un suo incontro con il Ministro dell’Interno on. Virginio Rognoni, svoltosi a Ficuzza nell’agosto dello stesso anno.

In proposito, il Rognoni, escusso quale teste all’udienza del 20 maggio 1998, ha riferito quanto segue:

Avvocato Sbacchi: Mi scusi, l’ultima domanda: lei ha detto di una conversazione con Prefetto

Dalla Chiesa e parlò di collegamenti tra la mafia catanese e la mafia palermitana.

Rognoni Virginio: Sì.

Avvocato Sbacchi: Era... rappresentava un qualcosa di nuovo che si era verificato? Che cosa... cosa le disse? Cioè, come...

Rognoni Virginio: E beh, lui riteneva sulla base degli elementi che aveva in mano... perché, torno a ripetere, l’ultimo disco... l’ultimo incontro con Dalla Chiesa fu a Ficuzza, ci fu... c’era anche presente il Generale Val di Cara (rectius Valditara: n.d.e.), perché venne con noi come Generale dell’Arma a Ficuzza, e poi andammo a pranzo penso nella Caserma, credo che era una Caserma dei Carabinieri... e in quello... in quella occasione il Generale Dalla Chiesa mi... La domanda? Scusi un attimo. Ha ragione il Presidente di richiamarmi.

Presidente: Mafia catanese...

Rognoni Virginio: Ah, ecco, mi parlò della... Secondo me, diceva il Generale Dalla Chiesa, c’è oggi una insorgenza mafiosa nella Sicilia orientale, a Catania, di cui dobbiamo preoccuparci.

Avvocato Sbacchi: Ho capito.

Rognoni Virginio: Poi c’erano anche... mi parlava anche dei problemi della... dell’esattoria, i problemi dell’esattoria... il Generale Dalla Chiesa mi accennava anche a questo, il problema dei SALVO e quanto altro.

Avvocato Sbacchi: Ho capito. Questo rimase sempre patrimonio suo?

Rognoni Virginio: Prego?

Avvocato Sbacchi: Rimase patrimonio suo? Lei ha riferito queste cose al senatore ANDREOTTI?

Rognoni Virginio: E no.

Avvocato Sbacchi: No.

Rognoni Virginio: Non c’era ragione di riferire.

Del coinvolgimento dei cugini Salvo nelle vicende relative a "Cosa Nostra" era convinto il Consigliere Istruttore presso il Tribunale di Palermo dott. Rocco Chinnici, come si desume dalle seguenti dichiarazioni rese il 4 agosto 1983 al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta dal dott. Paolo Borsellino: «Devo fare presente che il Chinnici era convinto che ai fatti di mafia, almeno ad un livello alto, fossero coinvolti anche gli esattori Salvo. Ciò desumeva da una telefonata fra taluno dei Salvo e il mafioso Buscetta risultante da una intercettazione contenuta nel processo Spatola, se non erro; telefonata che è stata pubblicata integralmente Dalla stampa ove interlocutori sono certo “Roberto”, in cui si ritiene di identificare il Buscetta, e tale Lo Presti parente dei Salvo, un anno fà scomparso senza che se ne abbia notizia. Non so poi da quali altri elementi, che ritengo ci fossero dal modo come il Chinnici parlava, egli desumesse la partecipazione di costoro. Contemporaneamente lamentava, ed era amareggiato per questo fatto che finiva con l’intralciare il rapido ed efficace svolgimento di attività, che nei confronti di costoro si agisse con “i guanti gialli” da parte di tutti, ed anzi aggiunse, nei loro confronti una volta, che se gli stessi elementi li avessero avuto nei confronti di altri certamente si sarebbe proceduto».

Il dott. Chinnici, nei suoi ultimi giorni di vita, era impegnato nell’istruzione del c.d. “processo dei 162”, al quale aveva ritenuto di acquisire le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche sulle utenze intestate all’ing. Lo Presti, allo scopo di valutare approfonditamente la posizione dei Salvo, ed esaminava l’ipotesi di emettere un mandato di cattura a loro carico (cfr. sul punto la deposizione resa dal dott. Giovanni Falcone all’udienza del 12 aprile 1984 davanti alla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo per la “strage Chinnici”; nel medesimo processo, fu escusso all’udienza del 10 aprile 1984 anche il colonnello Angiolo Pellegrini, il quale riferì che il dott. Chinnici gli aveva detto che “avrebbe mandato gli atti alla Procura della Repubblica e appena gliene fosse stata avanzata richiesta avrebbe emesso mandato di cattura contro i cugini Ignazio e Nino Salvo”: v. il relativo verbale, prodotto dal P.M. il 17 novembre 1998 ed acquisito il 15 dicembre 1998).

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