L'ignoranza della sede periferica sulla qualità di Gelli come elemento del Servizio dimostra che la sua posizione è stata quella di persona che sin dall'ingresso nell'orbita del Servizio ha interessato il vertice della gerarchia, per la qualità delle operazioni alle quali applicarlo. Per usare le parole della reprimenda del capo del reparto D al comandante del centro periferico, il Gelli era insomma «persona influente e utile al Servizio»
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Seguendo tale assunto vengono infatti a dipanarsi anche le residue contraddizioni che dianzi sottolineavamo, poiché si perviene ad una linea ricostruttiva che consente di dare logica spiegazione a tutti gli aspetti del problema riconducendo ad una visione unitaria dati e documenti che sembrano porsi in contrasto reciproco.
Appare infatti chiaro perché l'informativa, pur vera nella sostanza, non ha alcun esito: i Servizi segreti al momento dell'acquisizione del Gelli, ben conoscendo l'individuo, accludono agli atti un documento che rappresenta per loro una sorta di polizza di assicurazione per il futuro; lo inchiodano in altri termini in una posizione che, per la sua radicale opposizione al ruolo che gli viene assegnato in pubblico, costituisce l'unica efficace garanzia di controllo di un personaggio la cui abilità essi sono i primi a valutare adeguatamente, ed i cui precedenti non rassicurano sulla fedeltà alle scelte di campo adottate.
Quello che accade nel 1950 è dunque la scissione dei due aspetti del personaggio Gelli: il Gelli nero, di solidi trascorsi fascisti, rimane quello pubblicamente noto e, a quei trascorsi viene riallacciata senza soluzione di continuità l'iconografia ufficiale del personaggio; da questa viene estratto il secondo volto del Gelli, il Gelli rosso, fermato in un documento custodito negli archivi, e di esso viene fatta sparire accuratamente ogni traccia.
Il collegamento tra i due è patrimonio conoscitivo detenuto da chi è in possesso dell'informativa ed assicura il controllo del personaggio. La soluzione prospettata è l'unica tra quelle in astratto ipotizzabili che fornisca adeguata spiegazione alle contraddizioni che abbiamo messo in evidenza nel corso dell'analisi sui documenti sinora condotta.
Secondo la linea interpretativa proposta appare chiaro perchè i Servizi organizzino quello che abbiamo definito un cordone sanitario informativo attorno alla figura di Licio Gelli ed al contempo trova adeguata spiegazione la presenza di un documento, in questo contesto, quale l'informativa: un documento che ad un primo livello di analisi sembra al tempo stesso denunciare e smentire l'inerzia del Servizio nei confronti di Gelli.
Per superare tale ambivalenza è necessario infatti porsi in un'ottica che centri l'attenzione, prima ancora che sul suo oggetto, al quale essa capziosamente ci avvia, sulla sua funzione; un'ottica che non si lasci fuorviare privilegiando quanto nell'informativa viene detto in termini espliciti, per tralasciare così quanto essa implicitamente rappresenta per la sua presenza nel fascicolo di Licio Gelli.
Diversamente operando si finisce inevitabilmente sul terreno della polemica, di evidente significato politico immediato, se Gelli sia o meno attribuibile a Servizi segreti di paesi dell'Est — tema questo da non considerare certamente risolto — per ignorare che prima ancora Gelli è comunque sotto il controllo diretto dei Servizi che dovrebbero operare tale verifica.
Nell'ambito di queste argomentazioni viene allora a chiarirsi secondo una luce significativa il disguido che interviene tra periferia e vertice dei Servizi quando il comandante di un centro ebbe a vedersi minacciato l'esonero dal servizio per le incaute iniziative prese sul Gelli, che ormai — d'altronde siamo negli anni settanta — è personaggio di ben altra levatura rispetto agli esordi.
L'ignoranza della sede periferica sulla qualità di Gelli come elemento del Servizio dimostra che la sua posizione, e la pratica relativa, non è mai stata quella di un qualsiasi agente ma quella di persona che sin dall'ingresso nell'orbita del Servizio ha interessato il vertice della gerarchia, per la qualità delle operazioni alle quali applicarlo.
Per usare le parole della reprimenda del capo del reparto D al comandante del centro periferico, il Gelli era insomma « persona influente e utile al Servizio ».
Viene da ultimo a trovare spiegazione, secondo l'analisi proposta, la difformità di atteggiamento che contrassegna l'attività investigativa della Guardia di Finanza e dell'ispettore Santillo da un canto e quella dei Servizi, sottolineata in precedenza; ed è a tal fine facile adesso osservare come il risveglio di interesse nei confronti di Licio Gelli cada nello stesso torno di tempo, il 1974, sia al di fuori che all'interno di alcuni ambienti dei Servizi, e come in entrambi i casi scatti il meccanismo di copertura e di disinformazione posto a protezione del Gelli; così pure è palese la diversità di posizione di Gelli davanti a questi e a quelli, dato che verso Santillo e la Guardia di Finanza egli può attuare, in presenza di iniziative investigative a lui sgradite, interventi repressivi dall'esterno (l'insabbiamento-avocazione dei rapporti e la punizione dei loro autori) propri di chi controlla quegli apparati senza esserne condizionato, mentre rispetto ai Servizi nei quali in qualche modo è incardinato non vi è necessità di pervenire ad analoghi risultati di censura e persecuzione.
Abbiamo visto il destino riservato agli ufficiali della Finanza che intrapresero indagini su Gelli; quanto all'ispettore Santillo, che non poteva essere liquidato con una reprimenda in via gerarchica come il comandante capocentro dei Servizi sopra ricordato, suscita a questo punto più di un motivo di seria riflessione la sua mancata ascesa alla guida del SISDE, cui si accennava innanzi.
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