La pandemia non è una scelta ma come gestirla sì. Secretare i contagi in Italia sarebbe un errore, mentre in Francia ci pensa lo sciopero del mondo della scuola a ricordare alla politica i suoi errori
Oggi su Domani è il podcast serale del quotidiano Domani. Una pillola di pochi minuti per darvi subito un assaggio della prossima edizione, che sarà disponibile in edicola il giorno dopo e già dopo cena per gli abbonati digitali. Per ascoltare le altre puntate, man mano che verranno pubblicate, potete cliccare qui. Trovate questo podcast anche su Spotify Spreaker, Google, Apple podcast. Potete ascoltare “Oggi su Domani” anche su Alexa e con l’assistente vocale di Google.
Oggi prendo spunto da due pezzi del giornale, uno riguarda l’Italia e uno la Francia, qualcosa in comune ce l’hanno, riguarda cioè il modo in cui la politica sceglie di gestire la pandemia.
In Italia come ci raccontano Davide Maria De Luca e Filippo Teoldi, che è il nostro data editor, si dibatte dell’idea di non diffondere i numeri dei contagi e questa ipotesi sarebbe arrivata fino al Comitato tecnico scientifico. Se davvero il governo procedesse sulla strada di limitare la diffusione dei dati quotidiani sui media, questo significherebbe secretare i numeri giornalieri del contagio, cioè smettere di caricarli sul data base pubblico e farlo invece una volta a settimana. Ma la scelta sarebbe grave, come argomentano i colleghi, anche perché a utilizzare quei dati in chiaro sono migliaia di ricercatori universitari e indipendenti in tutto il mondo, sono portali di informazione pubblica come quello della Johns Hopkins University e Our world in data. Secretarli significherebbe limitare moltissimo la conoscenza della pandemia e la capacità di prevedernel’andamento. Sarebbe anche andare in una direzione contraria a quella che faticosamente stiamo imboccando e cioè quella di aumentare l’accesso ai dati, renderlo sempre più democratico e trasparente, invece che opaco e arbitrario. Questa è la nota generale, c’è poi quella di merito: De Luca e Teoldi sottolineano che anche se il significato dei numeri dei contagi è cambiato rispetto al passato, non è scomparso del tutto. Il numero di casi rimane anzi tuttora l’indicatore migliore per conoscere l’evoluzione della pandemia in tempo reale.
Vi nominavo anche la Francia, e perché? Perché un grande sciopero, di portata inedita, svela una contraddizione di Macron, del governo Castex, del ministro dell’istruzione. Il paradosso è che vogliono tenere la scuola aperta ma al contempo non tengono la scuola nell’adeguata considerazione. Non le dedicano risorse, non garantiscono la sicurezza, cambiano e alleggeriscono protocolli, scaricano su scuole e famiglie le conseguenze. «Stop au mépris», basta con sprezzo e indifferenza: questo è uno degli slogan dello sciopero che il mondo della scuola realizza in Francia - il più imponente da inizio pandemia, inedito per natura, ampiezza e varietà dei partecipanti. La scuola è stanca, la protesta sta diventando movimento. «Non protestiamo contro il virus ma contro il governo», hanno risposto i sindacati al ministro Blanquer quando ha provato a scrollarsi di dosso il conflitto.
© Riproduzione riservata