Oggi su Domani è il podcast serale del quotidiano Domani. Una pillola di pochi minuti per darvi subito un assaggio della prossima edizione, che sarà disponibile in edicola il giorno dopo e già dopo cena per gli abbonati digitali. Per ascoltare le altre puntate, man mano che verranno pubblicate, potete cliccare qui. Trovate questo podcast anche su Spotify Spreaker, Google, Apple podcast. Potete ascoltare “Oggi su Domani” anche su Alexa e con l’assistente vocale di Google.

Cominciamo con le buone notizie, che arrivano dalla redazione: da questo giovedì 3 febbraio trovate in edicola, se vi piace l’idea, un supplemento speciale, e cioè un DopoDomani a fumetti a cura di Sonno. Dedicato al corpo.

E poi, veniamo alle notizie a tutti gli effetti, direi non buone. Anzitutto, dall’Italia. Nella sua prima comunicazione ufficiale sui pestaggi durante le manifestazioni contro l’alternanza scuola/lavoro, la ministra dell’Interno non ha ammesso alcuna responsabilità o errore degli agenti e ha incolpato non meglio specificati “infiltrati” nelle manifestazioni. Ne scrive Davide Maria De Luca.

E poi, da Bruxelles, vi racconto della Commissione europea che sdogana la tassonomia con gas e nucleari considerati “verdi”.Se c’è una cosa su cui gli attivisti come i Fridays for Future e Greenpeace sono in sintonia con le grandi banche di investimento, tra le quali Goldman Sachs e JP Morgan, è che considerare «verdi» gas e nucleare è un passo falso. La Commissione Ue in fondo lo sa, e infatti a ufficializzare quel passo, in conferenza stampa, non si è presentata von der Leyen; il vice Dombrovskis all’ultimo si è dato malato. Ma comunque il passo è stato fatto: dopo un collegio dei commissari turbolento, e con voti contrari e astensioni dentro la Commissione stessa, l’irlandese McGuinness ha presentato la versione ufficiale della tassonomia. Nelle intenzioni originarie doveva fare dell’Ue la leader del clima; è diventato un simbolo di greenwashing e della resa di Bruxelles a governi e lobby. Le conseguenze saranno ampie, la scommessa di fermare il piano sta all’Europarlamento.
 

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