La pandemia ha reso evidente un'altra malattia a lungo rimossa e cioè la disuguaglianza. Domani mette insieme i dati e solleva le domande per affrontare questi divari, e costruire così i presupposti per un anno migliore
Oggi su Domani è il podcast serale del quotidiano Domani. Una pillola di pochi minuti per darvi subito un assaggio della prossima edizione, che sarà disponibile in edicola il giorno dopo e già dopo cena per gli abbonati digitali. Per ascoltare le altre puntate, man mano che verranno pubblicate, potete cliccare qui. Trovate questo podcast anche su Spotify Spreaker, Google, Apple podcast. Potete ascoltare “Oggi su Domani” anche su Alexa e con l’assistente vocale di Google.
Lasciamo questo 2021 ed entriamo nel 2022 aprendo il giornale e spalancando l’attenzione su quello stesso tema che Domani si propone di affrontare da quando è nato e cioè le diseguaglianze. Lo facciamo visualizzando i dati con Filippo Teoldi e focalizzando il tema con l’editoriale del direttore. Che scrive: la pandemia ha reso evidente una malattia a lungo rimossa, cioè la disuguaglianza. È forse la parola più abusata dopo resilienza, così ripetuta a vuoto da aver perso ogni significato. In pandemia, però, la disuguaglianza è tornata ad avere una misurazione percepibile: è la differenza tra chi può pagare un tampone a domicilio molecolare 150 euro ed evitare la quarantena e chi deve inseguire quelli forniti dalla sanità pubblica; è l’abisso che divide chi approfitta del nuovo tempo domestico per guardare film arretrati o frequentare qualche corso di specializzazione online e chi impazzisce tra spazi angusti, bambini sempre a casa da scuola e opportunità professionali che svaniscono. La disuguaglianza più netta è quella tra chi negli ultimi due anni ha continuato a lavorare, guadagnando soldi che non sapeva più come spendere, e chi ha perso ogni reddito. Durante la pandemia si è accumulata ricchezza privata mentre lo stato generava debito pubblico, scrive Stefano Feltri. La politica monetaria delle banche centrali ha permesso al nostro paese e ad altri di sommare enormi quantità di debito. Ma non durerà per sempre. Bisogna affrontare domande che abbiamo ignorato troppo a lungo. Per anni abbiamo lasciato che l’Italia diventasse un paese di rendite, dove il 10 per cento più ricco della popolazione possiede il 48 per cento della ricchezza delle famiglie e può trasmetterla quasi senza imposte di successione, in modo da perpetrare e aggravare la concentrazione di benessere. Tutti dicono di essere contro la disuguaglianza, ma solo finché non tocca i loro interessi: vogliamo redistribuire la ricchezza, con imposte regolari sul patrimonio, sulla casa o sull’eredità? Vogliamo redistribuire opportunità, tra quote rosa, discriminazione positiva, assunzioni selettive di giovani e persone da zone disagiate? E dobbiamo preoccuparci solo di allineare i punti di partenza o anche quelli di arrivo, in termini di carriera e redditi? Con lo speciale di questa edizione, curato dal nostro data editor Filippo Teoldi, Domani inizia un percorso lungo un anno per affrontare queste questioni decisive: sarà il nostro contributo per far in modo che il 2022 sia un po’ meglio del 2021.
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