Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà per una settimana le interviste ad alcuni protagonisti del festival Trame, primo evento culturale dedicato ai libri sulle mafie, alla sua tredicesima edizione


Sono anni in cui la mafia è tornata a non fare paura, a non ammazzare con bombe e stragi. La mafia è tornata quella che è sempre stata, prima di Totò Riina e dei suoi “corleonesi”. A fare affari e ad arricchirsi, a gestire denaro e dare lavoro laddove manca. Mai come ora, quindi, occorre tenere alta la guardia. Negli ultimi anni sono fallite centinaia e centinaia di aziende per i più svariati motivi. Altre vengono mangiate dal crimine organizzato e, soprattutto al Nord, sono diventati abitudinari gli allarmi sul riciclaggio. E mentre l'inflazione aumenta, le misure anti crisi sono sempre meno efficaci. Una situazione molto complicata. Ce ne parla Patrizia Di Dio, vice presidente nazionale di Confcommercio e delegata alla legalità e sicurezza.

Vorrei iniziare l'intervista in merito al suo intervento a Trame con questa domanda: rispetto agli anni passati, c’è il rischio che si sia abbassata la guardia contro le mafie?

Il rischio che si sia abbassata la guardia c’è, soprattutto nella società civile che ha attraversato la tensione emotiva delle stragi - e quindi ha poi reagito in senso opposto alla mafia - mentre oggi il rischio è quello dell’assuefazione: c’è meno tensione emotiva, meno paura; la mafia non si manifesta più come prima, ma è più sommersa e questo fa sì che la società civile non esplichi una reattività simile a quella avvenuta negli anni più bui.

Ma questo non vuol dire che oggi non siano anni meno bui.

La mafia sta assumendo aspetti e connotazioni più imprenditoriali e finanziari, si impadronisce delle imprese in difficoltà - e va evidenziato che un insieme di concause, dal covid alla guerra passando per l’inflazione, ha portato alla chiusura di 120 mila aziende, una perdita enorme.

E quelle che non abbiamo ufficialmente perso, potrebbero essere in mano alla criminalità organizzata. E quindi le mafie - lungi dall’essere sconfitte nonostante lo sforzo dello Stato - stanno pervadendo il mercato.

Confcommercio però non ha mai abbassato la guardia: siamo al fianco delle nostre imprese per tutelarle da qualsiasi forma di pressione criminale: mafiosa, burocratica, finanziaria. Ci impegniamo a diffondere reti di legalità che accompagnino i percorsi di denuncia delle vittime del racket, delle estorsioni e dell’usura. Ci impegniamo ad essere accanto ad i nostri associati, a non lasciarli isolati. Riteniamo di essere una forte ‘rete” di protezione. E’ importante, dire alle imprese che non sono sole, che accanto al ruolo fondamentale delle Forze dell’Ordine, i corpi intermedi possono fare e fanno tanto. Ognuna delle nostre imprese sane è un tassello della lotta alla criminalità organizzata che deve trovare sempre meno spazio.

In merito al Pnrr e ai tanti soldi che l’Italia dovrebbe ricevere, verranno intraprese misure per vigilare sul corretto utilizzo del fondi?

Il PNRR rappresenta un’opportunità irripetibile per colmare le lacune e i ritardi storici del nostro Paese. Perché sia raggiunto l’obiettivo della ripresa, occorre la capacità di spendere le risorse bene e in fretta. La credibilità del Paese e il futuro della nostra economia dipendono proprio da questo: dalla capacità di spendere bene – e con onestà – le risorse del Pnrr.

L’importante partita si gioca tutta sulle strategie preventive prime che su quelle repressive. Il tema è tutto nella prevenzione atteso che il momento penale è quello in cui troppo spesso il danno e la sottrazione dei fondi si è già realizzato.

Il nuovo codice dei contratti pubblici, elemento essenziale del PNRR risponde a questa logica: coniugare semplificazione con trasparenza, prevenzione e controllabilità. L’introduzione della digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici costituisce una componente fondamentale del complesso disegno riformatore delineato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Così come menzionato da Anac nella relazione sull’attività svolta nel corso del 2023, è stato realizzato un complesso sistema denominato “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement)”, che intende incrociare le informazioni fornite dalle stazioni appaltanti e le banche dati pubbliche così da poter garantire da un lato il monitoraggio del ciclo di vita dei contratti, dall’altro, controllare il possesso dei requisiti di partecipazione da parte degli operatori economici concorrenti.

Tale importante strumento implica una Pubblica Amministrazione efficiente, altrimenti il PNRR non si attua: da qualunque punto si guardi il settore privato dipende da quello pubblico.

Un traguardo importante deve essere quello di adeguare il sistema della PA alle funzioni e alle competenze mancanti: servono persone capaci di “far funzionare le cose”. Serve un cambiamento nel modello organizzativo.

Si deve passare dalla logica dell’adempimento alla ‘logica di risultato’. E alla “responsabilità della firma”.

Concludiamo con una riflessione sulla cultura della legalità: sta cambiando la percezione del fare impresa senza piegarsi alla pervasività delle mafie?

Noi consideriamo la legalità il prerequisito dello sviluppo. Il prerequisito per poter fare impresa. Questa è una convinzione ed un impegno. Saremo sempre dalla parte di chi contribuisce attivamente a costruire legalità. Dalla parte di tutti quelle imprenditrici e imprenditori onesti che ogni giorno fanno il proprio dovere, che rispettano le regole e che creano valore sui valori, che costituiscono l’economia legale e creano sviluppo e posti di lavoro che sono il primo miglior antidoto contro la criminalità.

Convinti che solo liberi dalle mafie e dall’illegalità l’impresa cresce, la società cresce, l’umanità cresce. Ecco il punto.

La cultura della legalità è un utile strumento per l’impresa, che la migliora, la fortifica e la protegge dalle insidie dell’illegalità.

In Confcommercio ci battiamo, e non smetteremo di farlo, per fare la nostra parte, per contribuire ad essere un argine a quella insidiosissima zona grigia “del compromesso”, che permette alla criminalità organizzata di resistere e di operare. Lo facciamo non con parole di rito ma attraverso le tante iniziative promosse nel corso degli anni che hanno reso Confcommercio un punto di riferimento per tutti gli operatori del settore che vogliono operare nel rispetto delle regole e senza sottostare alla schiavitù di un sistema criminale.

Per usare le parole di Paolo Borsellino, tutti gli imprenditori che vogliono vivere “il fresco profumo della libertà”.

Un piccolo tassello certo, ma fondamentale rispetto ad un più grande mosaico dove ogni parte deve contribuire a costruire una coscienza collettiva che faccia del rispetto della legalità e del rifiuto di ogni logica criminale il caposaldo del suo agire. Saremo sempre dalla parte di chi contribuisce attivamente a costruire la legalità.

Ma questa cultura deve coinvolgere tutti, soprattutto i più giovani. Spesso la piccola criminalità, e i comportamenti illegali specie nei piccoli centri del sud Italia o nelle periferie delle grandi città, non nascono dal nulla e iniziano precocemente. Si annidano tra il disagio giovanile e la solitudine, la mancanza di prospettive e occasioni, la povertà e la depressione. Lo Stato, e quanti si riconoscono nella società civile, hanno il dovere di combattere questi fenomeni e parallelamente promuovere già nelle scuole campagne sulla cultura della legalità.

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