Con il crowdfunding e il sostegno dei nostri lettori potremo seguire ogni udienza del processo, studiare i documenti e raccontarvi tutto, fino alla sentenza
- È partito il crowdfunding: potete accedere attraverso questo link per finanziare l’inchiesta “Inquinamento Ilva, come è stato possibile?”
- Michele De Lucia, seguendo il processo di Taranto udienza per udienza, ci darà la possibilità di essere informati passo dopo passo su una delle vicende più gravi di sempre in tema di conflitto tra salute e lavoro.
- La nostra inchiesta racconterà tutte le storie che escono dal processo, documentandone le fasi salienti fino alla sentenza, per capire come sia potuto accadere che il territorio tarantino sia stato inquinato per così tanti anni senza che nessuno intervenisse.
Abbiamo deciso di seguire udienza per udienza il processo per l'Ilva di Taranto, uno sforzo straordinario per consentire a tutti i cittadini interessati – in primo luogo quelli di Taranto – di essere informati passo dopo passo su una delle vicende più gravi di sempre in tema di conflitto tra salute e lavoro.
Questo ci impone uno sforzo straordinario che passa dallo studio dell’enorme mole di materiale agli atti, tra verbali di udienza, pareri e perizie. Perciò chiediamo ai lettori di sostenere lo sforzo di Domani partecipando al finanziamento dell'inchiesta. Per farlo dovete collegarvi alla pagina degli abbonamenti, scendere fino al sostegno dell’inchiesta. Scegliere quella sull’ilva e inserire una cifra a scelta.
Il processo Ambiente svenduto
Il processo Ambiente svenduto prende il nome dall’inchiesta che nell’estate del 2012 ha portato al sequestro senza facoltà d’uso di tutti gli impianti dell’area a caldo dell’acciaieria Ilva di Taranto. L’attività investigativa della procura di Taranto ha preso le mosse da un esposto presentato nel 2008 all'associazione ambientalista Peacelink, relativo alla contaminazione da diossina e Pcb di un pezzo di pecorino fatto analizzare da un laboratorio specializzato.
Tra il materiale probatorio alla base del rinvio a giudizio spiccano due perizie ordinate nel 2011 dalla gip Patrizia Todisco e al centro della battaglia processuale: quella medico-epidemiologica, firmata dai periti Triassi, Biggeri e Forastiere, e quella chimico-ambientale, firmata dai periti Sanna, Felici, Santilli e Monguzzi.
Nel processo sul presunto disastro ambientale provocato dall’Ilva sotto la gestione del gruppo Riva (1995-2013), iniziato nel 2016 e tuttora in corso davanti alla Corte d’Assise di Taranto, sono confluiti tre diversi filoni di indagine: reati ambientali, incidenti sul lavoro e rapporti con la politica.
Alla sbarra ci sono 44 persone fisiche e tre società. I reati più gravi sono quelli contestati a Nicola e Fabio Arturo Riva (all’epoca ai vertici di Ilva S.p.A.), Luigi Capogrosso (Direttore e gestore dello stabilimento), Girolamo Archinà (Responsabile relazioni esterne) e a una serie di fiduciari: associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, avvelenamento di acque o di sostanze alimentari in relazione ai mitili del Mar Piccolo e al bestiame, danneggiamento, deturpamento e imbrattamento di cose altrui, getto pericoloso di cose; Fabio Riva, Capogrosso e Archinà sono imputati anche per corruzione in atti giudiziari e falso ideologico.
Adolfo Buffo (ex Direttore del siderurgico) e altri di omicidio colposo per la morte del locomotorista Claudio Marsella e del gruista Francesco Zaccaria. Tra i politici ci sono l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (concussione), e Nicola Fratoianni, già assessore regionale, per favoreggiamento nei confronti di Vendola; Ippazio Stefàno, ex sindaco di Taranto, per abuso d’ufficio. Scorrendo gli altri nomi, si incontra anche quello di Giorgio Assennato, ex direttore di ARPA Puglia, anch’egli accusato di favoreggiamento.
Non sono mancati colpi di scena che hanno svelato di volta in volta ulteriori piste di indagine, come quella che porta all’Arsenale Militare, o abbagli clamorosi della procura, come nel caso dell’avvocato Francesco Perli, accusato per un’intercettazione di avere “inquinato” gli atti, mentre aveva detto «abbiamo impugnato gli atti», e di Gianni Florido, arrestato quando era al vertice della Provincia perché nelle trascrizioni compariva una parola mai pronunciata.
Il dibattimento Ambiente svenduto, che ha già celebrato oltre 250 udienze e dovrebbe andare a sentenza nei primi mesi del 2021, si presenta come il processo – di fatto clandestino, perché nessuno ne parla – a un modo di fare industria in Italia.
La nostra inchiesta racconterà tutte le storie che vengono fuori dal processo, ripercorrendone e documentandone le fasi salienti fino alla sentenza, per capire come sia potuto accadere che il territorio tarantino sia stato inquinato per così tanti anni senza che nessuno intervenisse. Uno sforzo sostenibile grazie al contributo dei lettori che vorranno finanziarlo.
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