- I negoziati per l’ingresso del Movimento 5 stelle nel gruppo dei Verdi all’Europarlamento sono più lenti del previsto, e non per caso. Se c’è mai stata davvero una finestra di opportunità, da qualche settimana il varco si sta rinserrando.
- Le mosse di Giuseppe Conte su due dossier – Ucraina e Rai – vanno a svantaggio dei suoi piani europei. Formalmente i negoziati tra le due formazioni proseguono, ma da più parti si registra il raffreddamento in corso. Conte è stato o ha voluto essere tante cose: dall’avvocato del popolo al Mélenchon italiano. Ma a furia di voler essere tante cose, oggi non è che un Conte dimezzato.
- Il Movimento in Ue ha una storia costellata di tentativi di ingresso falliti. Prima dei Verdi, c’è stato il gruppo socialdemocratico, al quale appartiene il Pd. Prima ancora, il gruppo liberale. I tempi cambiano, ma c’è una costante: le stelle in cerca di galassia.
I negoziati per l’ingresso del Movimento 5 stelle nel gruppo dei Verdi all’Europarlamento sono più lenti del previsto, e non per caso. Se c’è mai stata davvero una finestra di opportunità, da qualche settimana il varco si sta rinserrando.
Le mosse di Giuseppe Conte su due dossier – Ucraina e Rai – vanno a svantaggio dei suoi piani europei. Formalmente i negoziati tra le due formazioni proseguono, l’epilogo non è maturo, ma da più parti si registra il raffreddamento in corso.
Conte è stato o ha voluto essere tante cose: dall’avvocato del popolo al Mélenchon italiano, dal Conte I al Conte II; prima l’alleato di Matteo Salvini, poi il volto dei temi sociali e di quelli ecologisti. Ma a furia di voler essere tante cose, il leader del Movimento 5 stelle oggi non è che un Conte dimezzato.
Cronaca di una frenata
«Le interlocuzioni coi 5 stelle vanno avanti da molto. Il momento di decidere è questo», diceva a Domani a gennaio il capogruppo dei Verdi europei, Philippe Lamberts, con il calendario delle europee di giugno 2024 fisso in mente. «Non si può più aspettare. Dovrà essere il gruppo a formalizzare un ingresso, ma è questione di un paio di mesi». Ne sono passati molti di più, e senza svolte positive. I tempi dilatati segnalano fino a che punto la volontà politica è finita spiaggiata.
Cosa è intercorso? A fine gennaio, quando Conte si è presentato a Bruxelles e ha interloquito per ore con il bureau dei Verdi, Elly Schlein non aveva ancora vinto le primarie dem; il leader del M5s pregustava l’idea di cavalcare una immensa prateria di istanze abbandonate, dal sociale al clima, nel caso il Pd avesse virato a destra con Stefano Bonaccini. Quello scenario rendeva particolarmente confortevole una giacca green.
Tre mesi dopo – cioè ad aprile 2023 – intervistato a un tavolino dell’Europarlamento di Strasburgo, sempre Lamberts, la figura dei Verdi europei che ha il canale diretto con Conte, riferiva a Domani che «il dialogo procede. Abbiamo avuto incontri con Conte, un ampio dibattito nel gruppo, e ora siamo al passaggio successivo: analizziamo convergenze e divergenze e presto inizieremo il negoziato». Ma nel frattempo, in quella stessa intervista, Lamberts dichiarava fedeltà inscalfibile al suo vero grande amore politico: «Se solo Schlein vuole, per lei le porte sono aperte».
Certo non un tappetino di benvenuto all’ingresso per Conte. Ma sono altre le trappole e gli errori che stanno congelando l’accordo.
I pentanegoziati
Ci sono almeno un paio di errori politici che Conte non ha saputo o voluto evitare, e che possono trasformarsi in intralci, soprattutto se sull’altro versante c’è un interlocutore con una volontà politica incerta. Oltre al passato del Movimento e del suo leader – i tempi di Casaleggio e Grillo, le scelte del governo gialloverde su migranti o Via della Seta – pesano anche i posizionamenti di Conte oggi, a cominciare dalle sue dichiarazioni sulle armi e sull’Ucraina.
Non tutti infatti sono pronti ad accogliere a braccia aperte il Movimento nella famiglia verde. C’è chi – come la delegazione francese – un’occasione la darebbe, e chi – ad esempio tra i Verdi tedeschi – ritiene un ingresso contiano a dir poco indigesto. Dopo gli incontri di Conte con il bureau, siamo ora nella fase dei negoziati a cinque: per i Cinque Stelle, al tavolo vanno Tiziana Beghin e Fabio Massimo Castaldo, mentre i Verdi hanno delegato gli eurodeputati Marie Toussaint, francese, Bas Eickhout, olandese, e Alexandra Geese, tedesca.
Lo spirito dei colloqui dovrebbe essere pragmatico. Il primo si è già svolto, ed è atteso il secondo.
Armi e televisioni
Ma più il tempo passa, più le mosse di Conte prestano il fianco a chi nel gruppo ha più resistenze, o una volontà politica meno forte.
I Verdi in generale, e i Verdi tedeschi in particolare – molto più dei francesi – hanno una posizione spinta pro Kiev e per l’aiuto militare all’Ucraina. Pur consapevole che la delegazione tedesca non avrebbe remato a favore del suo ingresso, Conte ha lanciato svariati assist. Il più clamoroso è la proposta di referendum contro l’invio di armi all’Ucraina. E c’è anche l’imminente voto contrario dei pentastellati, giovedì all’Europarlamento, in tema di produzione di munizioni e forniture comuni.
Tra i Verdi c’è chi segue con minuziosa attenzione i passi di Conte, e monitora quelli falsi; dunque anche i comportamenti del M5s in merito al dossier Rai hanno scatenato un’allerta nel gruppo. L’astensione del consigliere Rai in quota Conte al momento del voto sul meloniano Roberto Sergio non è passata inosservata, per esempio.
Più il tempo passa, più scivola via il momentum, e si spegne l’impulso politico. Lamberts si prepara a salutare l’Europarlamento; con lui a guidare il gruppo c’è già Terry Reintke, tedesca, e se Berlino non apre la porta a Conte è difficile che siano altri a sbloccarla.
Stelle senza galassia
Il Movimento 5 stelle ha una storia costellata di porte sbattute in faccia, di tentativi di ingresso falliti.
Prima dei Verdi, c’è stato il gruppo socialdemocratico, al quale appartiene anche il Pd. L’ingresso sembrava imminente, e poi si è infranto prima delle elezioni di metà mandato dell’Europarlamento di gennaio 2021. Come mai? «Non hanno mai chiesto ufficialmente di entrare, e poi ho sempre detto molto chiaramente che la decisione andava presa non solo da S&D ma con il Pd», risponde la capogruppo socialista Iratxe García Pérez. L’allora segretario dem Enrico Letta si era trovato una fronda contraria, e Castaldo dal canto suo non si era trovato un’apertura su un rinnovo della sua vicepresidenza.
Prima ancora, i Cinque stelle avevano tentato l’ingresso nel gruppo liberale: era il 2017, e i tempi di Beppe Grillo euroscettico erano ancora così vicini che quando l’allora capogruppo Guy Verhofstadt ha provato a gestire un’alleanza, gli si è rivoltata una fronda contro. «Io dialogavo con Casaleggio, non con Grillo», ripercorre Verhofstadt. «Le cose sono molto cambiate». Ma c’è una costante: le stelle in cerca di galassia.
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