- Abdullahi Ahmed è arrivato in Italia dalla Somalia che aveva 19 anni. Da Lampedusa è stato mandato in un centro per rifugiati in Piemonte dove ha imparato l’italiano.
- Diventato mediatore culturale, ha organizzatori festival, ricevuto premi europei. Oggi vive a Torino e ha organizzato una campagna elettorale con appena 2.500 euro.
- Candidato con il Pd di Stefano Lo Russo, Ahmed, anche grazie al sostegno del progetto Ti Candido è riuscito a farsi eleggere in consiglio comunale e ora dice di voler portare a votare gli stranieri.
Abdullahi Ahmed, aspettava di celebrare il suo compleanno dall’11 ottobre, il giorno in cui è nato e il lunedì del primo turno delle elezioni amministrative. «Ora che sono in consiglio comunale finalmente posso festeggiare», dice. La festa per i suoi 33 anni, spostata di una settimana, si è svolta al comitato elettorale di Stefano Lo Russo, nuovo sindaco di Torino che lo ha voluto candidare, dopo aver tentato di coinvolgerlo alle regionali, a questa tornata amministrativa.
Da allora, il telefono di Ahmed non smette di squillare, tra auguri di compleanno arretrati e complimenti politici da «amici e parenti, vicini e lontani: dalla Somalia alla Svezia». La vittoria di Abdullahi Ahmed ha fatto notizia anche nel suo paese di origine: «Ho rilasciato un’intervista in lingua somala per la Bbc», racconta. Torino non è nuova nel paese del Corno d’Africa dopo che Mohamed Aden Sheikh, eletto nella seconda giunta Castellani, varcò la soglia della Sala Rossa nel 1997.
Da Lampedusa a Torino
Abdullahi Ahmed è sbarcato a Lampedusa nel 2008, scappato a 19 anni da un paese martoriato dalla guerra civile, ha attraversato il Sahara, è passato per la Libia, ha conosciuto il male e il dolore di essere migrante e solo. Una volta in Sicilia, un aereo lo ha porta a Settimo Torinese, paese di 45mila abitanti con un centro per rifugiati. Qui ha imparato in poco tempo l’italiano, è diventato mediatore culturale e ha trovato la sua casa.
Con la cittadinanza italiana nel 2016, dopo quella onoraria nel 2014, decide di fare il suo primo viaggio in Ungheria, nel confine caldo dove tanti afghani, siriani, ma anche persone provenienti dall’Africa, trovano un muro. Ma il suo viaggio più importante è stato quello di ritorno in Somalia, possibile solo grazie al documento di cittadinanza che gli consentiva il rientro in Italia, e che ha raccontato nel libro “Lo sguardo avanti”.
Ahmed è il fondatore di GenerAzione Ponte e ideatore del Festival dell’Europa Solidale e del Mediterraneo di Ventotene, contro razzismo e discriminazione, con il quale ha vinto il Premio Altiero Spinelli della Commissione Europea.
«Sono, tra coloro che hanno un passato migratorio, il più votato in assoluto in Italia per le amministrative: senza esperienza politica alle spalle e senza nessun appoggio dietro. Sono orgoglioso», dice oggi. Lo ha aiutato “Ti candido”, una campagna di finanziamenti nata nel 2019, sulla falsa riga dei “Justice Democrats” che hanno fatto eleggere negli Stati Uniti Alexandra Ocasio-Cortez. «Senza soldi non fai niente, la politica ha un suo costo, quindi i loro suggerimenti e consigli sono stati fondamentali».
Il progetto di sostegno dal basso ha donato 1000 euro: «In totale ho speso 2500 euro per la mia campagna, molto è stato raccolto attraverso agli amici che hanno creduto in me, il tempo era poco per questo abbiamo lavorato anche sui social per raggiungere più persone».
Ma Ahmed non si è nascosto al confronto e ha pensato una sua personale campagna elettorale: «Invece dei mercati, dove si consegna il santino, ma poi non sai se poi lo leggono, (nel dubbio ne ha stampato uno in formato A5 per spiegare in modo approfondito la sua storia, ndr), ho scelto di presidiare le fermate dell’autobus o, ancora meglio, i capolinea dei pullman. Avendo qualche minuto di attesa, ho parlato con le persone, ma soprattutto ho ascoltato».
Dalle “fermate dei mezzi” è uscito il ritratto di una Torino disillusa e lontana dalla politica, delusa dall’ultima amministrazione, quella del Movimento Cinque stelle di Chiara Appendino che aveva suscitato grandi aspettative, soprattutto nelle periferie. Quegli stessi quartieri che a urne chiuse hanno contato l’astensione più alta in città.
«C’è anche tanta sfiducia dovuta alla pandemia, mancanza di lavoro, prospettive per i figli, in generale un senso di ingiustizia sociale». Ahmed le periferie le conosce bene e ne ha abitate parecchie: Borgo Vittoria, Barriera di Milano, la vicina Aurora. Ora cerca casa a San Salvario, il quartiere accanto alla principale stazione dei treni della città il primo a diventare davvero multiculturale nella storia cittadina,. Fulcro della cosiddetta movida, San Salvario è anche uno spazio giovane di studenti provenienti da tutta Italia, è nota per lo spaccio, ma è anche, ricorda Ahmed «l’unico quartiere con sette luoghi di culto: dalla sinagoga, alla moschea, fino alla chiesa Valdese. Un’altra vita, un altro mondo».
“Torino guarda oltre”
Nello slogan che lo ha portato in consiglio è racchiuso il pensiero politico di Abdullahi Ahmed: «Non si può essere stranieri per sempre, la mia storia rappresenta un po’ tutti, vorrei rappresentare i nuovi torinesi, ma anche chi la cittadinanza ancora non ce l’ha», una fetta sempre più grande degli abitanti del capoluogo piemontese. «Sono 38mila i nuovi cittadini nati all’estero, ma iscritti al registro elettorale, che non hanno votato: dobbiamo convincerli a interessarsi alla vita politica. Non devono per forza votare noi, ma far parte della comunità». Abdullahi Ahmed ha studiato Torino, la città dal glorioso passato industriale, spesso rimasto nell’immaginario di molti, che la credono ancora triste e grigia. Una storia che è stata riscatto per molti italiani del Sud Italia: «In tanti si sono riconosciuti nel mio racconto, ma pochi oggi hanno voce».
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