- Negli equilibri della coalizione di centrodestra la scelta di una candidato per Milano spettava a Salvini, ma il leader della Lega ha trasformato la scelta in una corsa ostacoli.
- Salvini vuole un candidato civico a cui dare la colpa di una probabile sconfitta e che non sia ingombrante in caso di inaspettata vittoria.
- Così, nel corso di un anno, ha proposto e fatto fuori circa 25 anni: oltre ai soliti noti anche figure improbabili: da Morgan a Paolo Mieli, passando per il guru Oscar Di Montigny.
Nell’ultimo anno, il centrodestra ha presentato almeno venticinque possibili candidati alla carica di sindaco di Milano in vista delle amministrative del prossimo autunno. Tutti fatti fuori, o “bruciati”, come si dice in gergo.
Si tratta di un numero praticamente senza precedenti, un segnale del caos che regna in quella che un tempo era la città del centrodestra, ma che mostra anche le difficoltà in tutto il resto della regione, dove lo spirito civico e la tradizione di buona amministrazione locale della Lega sono sempre più appannati.
L’ultimo nome presentato in questa giostra dovrebbe essere quello buono: Luca Bernardo, direttore del dipartimento di pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli. Ne avremo la conferma oggi, dopo il vertice tra i tre leader Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.
Bernardo, fratello di Maurizio, a lungo parlamentare del centrodestra, passato poi con il Pd, è sponsorizzato da Salvini e come primo gesto, dopo che il suo nome è stato fatto circolare come possibile candidato, è andato a un banchetto della Lega dove ha firmato per i sei referendum sulla giustizia presentati insieme ai Radicali.
A Milano decide la Lega
La divisione dell’Italia in “sfere di influenza” da parte della coalizione di centrodestra assegna Milano alla Lega, il partito che alle europee del 2019, le ultime avvenute in città, ha surclassato gli avversari, raccogliendo il 27 per cento dei voti (Forza Italia si è dovuta accontentare del 10 per cento).
Al leader leghista Salvini è stato quindi affidato il compito informale di presentare un candidato che potesse andare bene anche a Forza Italia e Fratelli d’Italia. Gli oltre venticinque nomi che si sono succeduti nell’ultimo anno dimostrano non solo quanto questo compito sia difficile, ma anche quanto Salvini lo abbia affrontato con una certa leggerezza.
La cavalcata dei possibili sindaci è iniziata a giugno dell’anno scorso, quando Salvini ha annunciato alla stampa di aver offerto la candidatura a un «noto primario» e di essere in attesa di una risposta. Si trattava del medico personale di Silvio Berlusconi, Alberto Zangrillo, che in quei giorni era su tutte le pagine dei giornali per le sue dichiarazioni sulla “morte” del Covid.
La candidatura salta perché ufficialmente Zangrillo dice di non essere disponibile. Forza Italia prova a inserirsi, prima proponendo il suo coordinatore giovanile e presidente del VII municipio di Milano, Marco Bestetti. Poi, a ottobre, viene fatta circolare la voce di una possibile candidatura dello stesso Berlusconi.
In autunno la situazione candidature va fuori controllo. Tra le dichiarazioni di Salvini, le autocandidature e le voci uscite dai vari staff, sono più di una decina i nomi che si avvicendano in meno di due mesi. Tra quelli più solidi ci sono l’ex giornalista e manager Roberto Rasia de Polo e Simone Crolla, per breve tempo deputato del Pdl e consigliere della American Chamber of Commerce in Italy.
Ma circolano anche i nomi di figure più “originali”, come il conduttore televisivo Paolo Del Debbio. Il critico d’arte e deputato di Forza Italia Vittorio Sgarbi, spesso invitato da Berlusconi alle riunioni della coalizione, presenta la candidatura del cantante Marco Castoldi, in arte Morgan.
Con l’arrivo del 2021 arriva un’altra infornata di nomi. Salvini inizia a sostenere con forza l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, che si dice disponibile e appare entusiasta. Ma gli alleati fanno resistenza e Albertini rinuncia pur dichiarandosi disponibile a ricoprire la carica di vicesindaco. Come possibile candidato indica Fabio Minoli, fondatore di FI, consigliere e capogruppo in regione Lombardia, deputato azzurro dal 2001 al 2006, segretario milanese del partito ai tempi della giunta Albertini attuale direttore della comunicazione della Bayer.
Probabilmente non il candidato ideale per un centrodestra che, secondo Salvini, deve scegliere un candidato “civico”. Infatti Minoli viene “bruciato” così come vengono “bruciati” altri due nomi pesanti della politica lombarda come Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, responsabile esteri e vicesegretario della Lega, nonché grande sponsor dello spostamento al centro del partito, e Maurizio Lupi, deputato e leader di Noi con l’Italia. E se il nome del primo sembra essere stato indicato più come una provocazione, il secondo non è mai uscito dall’elenco dei papabili.
La scelta di puntare su figure provenienti dalla società civile e non su candidati di partito appare suicida (Giorgetti e Lupi potrebbero mettere d’accordo la coalizione e avrebbero anche diverse possibilità di battere il sindaco uscente Beppe Sala), ma è comunque dettata dall’opportunità e dalla tattica. Milano ha da sempre l’immagine di città del “fare”. Per questo Salvini vuole candidature provenienti dal mondo del management e dell’imprenditoria. Dopotutto Sala è lui stesso un manager e il leader della Lega non vuole che il suo candidato possa essere accusato di essere un “politico di professione”.
Le ragioni dei civici
Ma ci sono anche ragioni di convenienza elettorale nazionale. A Milano e Napoli la sconfitta in autunno è probabile, mentre a Roma e Torino il centrodestra è in vantaggio, ma la partita è aperta. Scegliere candidati civici e politicamente deboli è un buon modo per minimizzare i rischi in caso di sconfitta ed evitare di “creare” nuovi competitor politici nazionali in caso di vittoria.
Politici o civici il centrodestra è comunque in difficoltà a trovare il proprio candidato. Uno dei pochissimi nomi di politici “locali” di cui si è parlato come possibile candidato a Milano è stato quello dell’ex assessore alla Sanità della regione Giulio Gallera. Avvocato con una lunga carriera nella politica cittadina (è stato coordinatore milanese di Forza Italia), Gallera si era candidato nel marzo 2020, all’inizio della pandemia, e poi di nuovo un anno dopo.
Salvini lo ha bloccato per le solite ragioni. Ma anche in caso contrario difficilmente la sua candidatura avrebbe potuto decollare. Gallera non è particolarmente amato dai vertici locali di Forza Italia e la sua gestione della pandemia è stata criticatissima, al punto che i suoi stessi alleati in regione lo avevano commissariato e sostituito con l’ex sindaca Letizia Moratti.
La scelta di oggi
Le ultime settimane hanno mostrato tutta la difficoltà di questa situazione, con Salvini costretto a presentare nomi davvero improbabili, come quello del “guru” e “futurologo” Oscar di Montigny, manager del marketing in Mediolanum nonché genero del fondatore Ennio Doris.
La candidatura di un medico popolare come Luca Bernardo, se sarà confermata, sembra indicare che alla fine Salvini ha optato per una scelta sicura e poco rischiosa. Che sia anche quella giusta per battere Sala o almeno minimizzare i danni in caso di sconfitta, resta invece da vedere.
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