- L’ex ministro Gaetano Manfredi ha presentato la sua candidatura a sindaco di Napoli alla presenza di Roberto Fico, presidente della Camera, e Luigi Di Maio, responsabile degli Esteri.
- Giuseppe Conte ha parlato dell’alleanza tra grillini e democratici che si è realizzata per le comunali a Napoli. Alleanza che, oltre le foto di rito, spacca il movimento.
- «Manfredi? Non lo voto. Lui è del Pd, noi siamo contro i nomi imposti dall’alto», dice a Domani Maria Muscarà, consigliere regionale del M5s. Il capogruppo, in consiglio comunale, Matteo Brambilla aggiunge: «Un’alleanza decisa dall’alto, stanno uccidendo il movimento con queste scelte, diventeremo come l’Udeur del centrosinistra».
L’ex ministro Gaetano Manfredi ha presentato la sua candidatura a sindaco di Napoli alla presenza di Roberto Fico, presidente della Camera, e Luigi Di Maio, ministro degli Esteri. L’evento, che inaugura la campagna elettorale per le comunali, ha visto come protagonista l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Circondato da sostenitori che chiedevano foto, l’avvocato del popolo ha parlato dell’alleanza tra grillini e democratici. Alleanza, quella sancita dalla candidatura di Manfredi che spacca il Movimento.
«È un accordo deciso dall’alto, stanno uccidendo il movimento con queste scelte, diventeremo come l’Udeur del centrosinistra», dice Matteo Brambilla, attuale capogruppo del M5s a Napoli, neanche invitato all’iniziativa. Nella città partenopea si candida l’unico nome condiviso di Pd e M5s che, invece, corrono divisi in altre realtà o con la formula del sostegno esterno. Molto poco rispetto alle attese e agli annunci di Conte e del segretario democratico Enrico Letta.
Per rilanciare il movimento ed evitare un tonfo alle amministrative, nelle competizioni locali il M5s non ha mai brillato, Conte fa il nostalgico e rivendica le origini. «Con le carte in regola, ma con umiltà, lancio questo appello qui da Napoli, lavoriamo insieme a questo progetto di città intorno a Manfredi. Il Movimento 5 stelle qui ha una grande storia da rivendicare», dice Conte.
A Napoli nasce uno dei primi meetup, quindici anni fa, ma l’operazione nostalgia non tiene conto delle decine di iscritti che hanno abbandonato il movimento dopo le giravolte nelle alleanze di governo, ma anche della fuga di figure storiche che avevano contribuito alla nascita del movimento e che poi sono state espulse o hanno abbandonato in dissenso.
«Noi saremo tra voi, anche nei bassi, nei vicoli e nelle estreme periferie: diamo tutti un contributo. Noi ci metteremo la testa e il cuore, fatelo anche voi», dice Conte. L’ex premier parla del patto per Napoli nato per affrontare il grande dissesto di cinque miliardi che pesa sulla città.
«Le altre forze politiche devono partecipare a questo progetto di legge di risanamento, è necessario quelle proposte che porteremo al più presto in aula», dice Conte che sottolinea una costante attenzione per la città. Attenzione che passa per la scelta di Gaetano Manfredi, una scelta che divide.
Il capogruppo cita l’Udeur
Nel 2016, il M5s ha schierato come candidato a sindaco il milanese-napoletano Matteo Brambilla che ha portato a casa il 9 per cento, terza forza politica della città. Oggi Brambilla siede in consiglio comunale come capogruppo del movimento. «Non mi hanno invitato, ma comunque non sarei andato perché Conte è l’avvocato del popolo, ma non è iscritto e neanche capo politico, nel movimento che conosco io decidono gli iscritti».
Brambilla ricorda quanto accaduto nel febbraio 2020 a Napoli. Iscritti, consiglieri comunali e regionali si riuniscono all’hotel Ramada, devono discutere dell’accordo con il Pd alle regionali, accordo che poi non si farà. La maggioranza dei partecipanti esprime un no fermo a possibili alleanze. Brambilla che mischia il milanese al napoletano, non si è ancora normalizzato dopo cinque anni di consiglio comunale.
«Un consigliere del Pd che controlla un consistente pacchetto di voto quando mi incontra mi dice “tu si frat a me” (tu sei mio fratello, ndr), io gli rispondo “conoscente, grazie”. Non accetto di fare la campagna elettorale con quelli del Pd che sanno già quanti voti prenderanno e devono solo stabilire a quale candidato girarli. Dovrei stare con quelli che hanno governato la città negli ultimi vent’anni, con quelli che hanno affossato la città, io devo fare la fine politica di quelli che avevamo detto di combattere? Ma stiamo scherzando?», si chiede Brambilla.
Intanto lavora, con l’altro consigliere e nove consiglieri municipali, per presentare una lista alle prossime comunali. Eppure la scelta dell’alleanza è stata promossa non solo da Conte, ma anche da Fico e Di Maio, presenti fin dalle origini del movimento. «Di Maio si è circondato di fedelissimi, ha affondato ogni discorso di meritocrazia, ha piazzato amici e conoscenti nelle aziende di stato. È integrato nello schema del vecchio partito, ha perso di vista la realtà», conclude Brambilla.
La consigliera regionale
Se in consiglio comunale il M5s si schiera apertamente contro l’alleanza, diversa la situazione in regione. La capogruppo Valeria Ciarambino sostiene Manfredi, durante la conferenza stampa siede alla sinistra di Giuseppe Conte. Ma Ciarambino non voterà Manfredi perché residente in provincia, l’unica napoletana è la consigliera regionale Maria Muscarà. «Manfredi? Non lo voto. Lui è del Pd, noi siamo contro i nomi imposti dall’altro, siamo abituati a scegliere.
Manfredi è il candidato di Vincenzo De Luca, contro il suo sistema di potere siamo schierati da anni. Roberto Fico avrebbe dovuto non esserci visto che non si è voluto candidare come sindaco, doveva mantenere un profilo alto, mica andrà alle presentazioni degli altri candidati?», dice Muscarà a Domani.
La consigliera ricorda che a Napoli, rispetto alle altre città, il M5s aveva ancora una base elettorale. «Altrove il Pd non ha voluto fare alleanze con i grillini perché abbiamo, ad esempio a Milano, un peso elettorale irrilevante. A Napoli, invece, contiamo e ci usano».
Conte, però, ha rivendicato la scelta di Manfredi che era stato già ministro dell’Università nel governo da lui presieduto. «Conte chi? Lui è l’ex presidente del Consiglio, nessuno degli iscritti gli ha riconosciuto un ruolo nel movimento», dice Muscarà. L’operazione nostalgia rischia di capitolare in un fallimento elettorale.
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