I giudici di Brescia hanno riconosciuto a un bambino la possibilità di avere indicate entrambe le madri, partoriente ed intenzionale, nell’atto di nascita. La Corte d’appello d’appello di Milano si è espressa in senso contrario
La Corte d’appello di Brescia ha respinto il ricorso del ministero dell’Interno contro la trascrizione dell’atto di nascita di un bambino in cui è stata indicata la genitorialità sia della madre partoriente sia di quella intenzionale. Sentenza opposta rispetto a quella di Milano, dove si è decisa la rettifica dell’atto di nascita, escludendo da esso la madre non biologica.
Cosa è successo?
In una sentenza emessa a novembre 2023, ma resa nota solo da pochi giorni, la Corte d’appello di Brescia ha deciso di respingere il ricorso fatto dal ministero dell’Interno riguardante l’atto di nascita di un bambino nato tramite procreazione medicalmente assistita avvenuta all’estero. La richiesta del ministero era di cancellare dal documento la presenza della madre intenzionale e lasciare indicata solo la madre partoriente.
I giudici bresciani hanno respinto la richiesta. Di fronte a una lacuna della legge sulla possibilità per le coppie dello stesso sesso di avere figli, si è ritenuto doveroso mettere al primo posto la tutela del minore tramite un’interpretazione evolutiva della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita (pma).
Casi simili, verdetti opposti
Il verdetto dei giudici di Brescia è opposto rispetto ad altri casi recenti. L’ultimo a Milano, dove la Corte d’appello civile ha accolto il ricorso della procura contro l’iscrizione nell’atto di nascita della doppia maternità di tre bambini. Sempre in virtù dello stesso vuoto legislativo, gli atti sono stati considerati illegittimi dai giudici, i quali hanno in questo caso ritenuto opportuno imporre la rettifica dei documenti. Di conseguenza dall’atto di nascita di questi bambini dovrà essere cancellata la madre intenzionale e verrà indicata solo la madre partoriente.
Perché sono possibili sentenze contrastanti
Come spiega Giacomo Cardaci, giurista di Rete Lendford – avvocatura per i diritti Lgbti+, non è anomalo che sullo stesso tema ci possano essere sentenze opposte, perché spesso contano le sfumature ed è impossibile avere una legge per ogni caso particolare. A maggior ragione questo avviene quando la legge non si esprime in maniera esplicita su un argomento, in questo caso le coppie omogenitoriali e la loro possibilità di avere figli. I verdetti contrastanti nascono in questo vuoto legislativo e la questione viene rimessa, di volta in volta, alla discrezionalità dei giudici.
Nell’emettere il loro verdetto, i giudici di Brescia hanno fatto riferimento a due sentenze del 2021 della Corte costituzionale sulla possibilità, in un caso, della redazione di un atto di nascita di un bambino nato in Italia; nell’altro, della trascrizione di tale documento di un minore nato all’estero, entrambi figli di due madri.
Per la Corte costituzionale la possibilità delle coppie dello stesso sesso di avere figli non è incompatibile con la Carta e in due sentenze del 2021 è tornata a sollecitare il Parlamento a produrre una norma ad hoc. Nel frattempo la scelta sulla registrazione degli atti di nascita di figli di coppie omogenitoriali viene rimessa ai singoli giudici.
Ma cosa succederebbe se il Parlamento vietasse la possibilità da parte delle coppie omogenitoriali di avere un figlio? Innanzitutto, viste le precedenti sentenze della Corte costituzionalità, andrebbe verificata la compatibilità con la Carta di una simile norma. Inoltre resta la possibilità da parte dei genitori discriminati di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo e chiedere una condanna dell’Italia. Nello specifico, ciò che si andrebbe a contestare è la violazione dell’articolo 8 della Carta europea dei diritti dell’uomo, che riguarda il diritto di ognuno al rispetto della propria vita privata e familiare.
Mettere al centro la tutela del minore
La corte d’appello di Brescia ha ritenuto legittimo inserire entrambe le madri, biologica e non, nell’atto di nascita del figlio avuto con la pma, in base a un’interpretazione evolutiva della stessa legge italiana che si occupa di questa tecnica.
La legge 40/2004 sulla pma prevede criteri specifici per chi può accedere a tale pratica: coppie di sesso diverso impossibilitate a procreare in altri modi, in cui entrambe le persone sono vive. I soggetti che accedono a questa tecnica sono considerati automaticamente genitori del nascituro a prescindere dal legame biologico con esso. La legge prende in considerazione anche le casistiche in cui si ricorre alla pma senza che si abbiano i prerequisiti previsti. In questi casi, normati dall’articolo 8, la priorità diventa la tutela del minore e il suo diritto ad avere due genitori.
Cardaci riporta l’esempio di una donna italiana che è ricorsa alla pma in Spagna utilizzando il seme donato dal marito prima di morire. Anche se ciò non sarebbe possibile in Italia, sulla base dell’articolo citato, la Cassazione ha stabilito il diritto del figlio ad avere riconosciuti legalmente entrambi i genitori, ponendo il suo interesse al di sopra di tutto il resto.
© Riproduzione riservata