La destra europea cerca un nuovo assetto ma per ora prende tempo. Dall'incontro a tre fra Salvini, Orbán e Morawiecki nasce l'idea di «un percorso» ma non un gruppo. La querelle su chi «domina il processo» rallenta una fusione tra l’Id dove siede ora Salvini e l’Ecr presieduta da Meloni
- A Budapest si sono incontrati il premier ungherese, Viktor Orbán, quello polacco, Mateusz Morawiecki, e il leader della Lega Matteo Salvini. Non è stato formalizzato un nuovo gruppo politico europeo, ma solo un «percorso politico comune»: i leader prendono tempo.
- Sia per Orbán che per Salvini, il punto non è di chiedere asilo ai conservatori dell’Ecr ma di «dominare il processo», come spiega Daniel Hegedus. In più, per Fratelli d’Italia, che ha la presidenza di Ecr, la presenza della Lega sarebbe ingombrante.
- Il game changer di questo incontro a tre è stata la Polonia, in posizione di forza.
A Budapest si sono incontrati il premier ungherese, Viktor Orbán, quello polacco, Mateusz Morawiecki, e il leader della Lega Matteo Salvini. Hanno concordato sull’avvio di un percorso politico comune che per ora non verrà formalizzato con un nuovo gruppo politico europeo. Si prende tempo. In conferenza stampa Salvini ha scelto una parola chiave: «Rinascimento». E qualcosa di nuovo, nel suo discorso, rispetto alle solite reunion sovraniste, c’è: «Atlantismo senza dubbio. Più Europa». Ma ci sono anche alcuni vecchi punti fermi sovranisti che accomunano l’italiana Lega, l’ungherese Fidesz e il polacco Pis: la «difesa dei confini» e le «radici giudaico-cristiane».
L’incontro
A marzo Fidesz, la formazione politica di Orbán, poco prima di essere espulsa dalla famiglia popolare europea, ha lasciato il gruppo e, in seguito, anche il Partito popolare europeo (Ppe). I conservatori europei (Ecr), la cui presidente è Giorgia Meloni e nel cui gruppo i polacchi di Pis hanno un ruolo decisivo, hanno aperto le porte a Fidesz. Ma come dice lo studioso ungherese Daniel Hegedus, che si occupa di Europa centrale nel German Marshall Fund, «per Orbán era importante mostrare che non usciva dal Ppe con la coda tra le gambe, perché non è voluto, ma che è ancora influente». Così ha avviato una serie di colloqui con la Lega, che al parlamento europeo fa parte di Identità e democrazia, gruppo sovranista cui aderiscono anche Marine Le Pen e i tedeschi di Afd, ma che da quando è al governo con Mario Draghi sta smussando le proprie posizioni. «Non chiamateci euroscettici», ha detto il presidente di Id, il leghista Marco Zanni.
Sia per Orbán che per Salvini, il punto non è di chiedere asilo ai conservatori ma di «dominare il processo», dice Hegedus. Del resto in Ecr, dove Fratelli d’Italia ora ha la presidenza del partito, pure Meloni non vuole rinunciare a «dominare il processo» e non ha alcuna intenzione di dissolvere Ecr dentro un nuovo contenitore. «Poi dovremmo ingoiare una presenza ingombrante della Lega – dice un eurodeputato di Fratelli d’Italia – mentre se aspettiamo le prossime elezioni noi cresceremo, gli equilibri nella destra italiana cambieranno». La querelle su chi «domina» rallenta una fusione tra Id ed Ecr.
Processo di riassetto
Lo scorso 20 marzo Zanni aveva annunciato «non un nuovo gruppo ma una piattaforma comune, che potremmo chiamare New Conservatives». Dall’incontro di Budapest, al quale erano presenti con Salvini sia Zanni che il neo responsabile Esteri della Lega Lorenzo Fontana, non esce infatti un nuovo gruppo ma, a detta di Zanni, «solo temi comuni e cooperazione. Siamo d’accordo che per creare un progetto a lungo termine vanno fatte le cose senza fretta». Salvini in conferenza stampa ha parlato di un «percorso comune che si allargherà e coinvolgerà nuovi paesi e famiglie politiche». I tre leader hanno ancora bisogno di tempo, ed è anche per questo che alla fine del colloquio Salvini ha parlato di un incontro tra «i governi di tre paesi». Mentre Zanni dice che «abbiamo parlato di Covid, come migliorare sui vaccini, abbiamo parlato solo di temi comuni, poi nei prossimi mesi vedremo come aumentare la cooperazione».
La variante polacca
Fratelli d’Italia contava sul fatto che l’alleato polacco, Pis, avrebbe tergiversato, prolungato i tempi, e questo in effetti è in parte accaduto: nessun nuovo gruppo è stato ufficializzato. A Budapest c’era il premier Mateusz Morawiecki, ma il vero decisore politico è il leader del Pis Jaroslaw Kaczynski. «Sta a lui decidere, ed è la Polonia il vero game changer in questa triangolazione» dice Piotr Buras, capo dell’ufficio di Varsavia dello European council on foreign relations. La posizione di forza del partito conservatore polacco è dovuta a due ragioni: la prima è che «non hanno urgenza di cercare un nuovo gruppo o di cambiarlo» e la seconda è che nell’Ecr il Pis ha un ruolo di primo piano. Sul fronte interno, per dirla con Buras, «per Pis andare a letto politicamente con Salvini è rischioso: in Polonia è percepito come estremista, più del Pis». E poi c’è il tema Russia. In una Polonia «russofoba» ricordano ancora Salvini con la t-shirt di Putin e i legami tra Mosca e Le Pen. Se ora la cooperazione è iniziata è perché da quando è tornato a governare Salvini si professa «atlantista» e si smarca dalle vecchie posizioni. Il dialogo con Varsavia funziona anche «sui valori cattolici», dice Buras. La scelta di Fontana a responsabile Esteri va in questa direzione. C’è poi un punto chiave che muove tutto il resto: l’ingresso della Lega nel governo Draghi significa, per la Polonia, avere un altro esecutivo di rilievo in seno al Consiglio europeo, quando è in difficoltà su temi che riguardano lo stato di diritto. Ma su questo la Lega, come dice Buras, «può garantire al massimo un best effort».
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