- «Le preannuncio che i Verdi si rivolgeranno alla Corte di giustizia europea. Portiamo la Commissione Ue in tribunale», dice in questa intervista Michèle Rivasi. L’eurodeputata verde è impegnata da mesi per ottenere trasparenza sui contratti per i vaccini.
- Da membro della commissione Controllo bilancio dell’Europarlamento, si batte pure perché la spesa pubblica europea, stanziata negli accordi con le aziende, sia tracciabile.
- Ma Bruxelles sfugge alle richieste. «Dà più retta a Big Pharma che a noi eletti», dice Rivasi. Che spiega perché l’opacità è un rischio che non possiamo permetterci.
Michèle Rivasi è una esponente politica ecologista francese ed è eurodeputata verde. Siede nell’europarlamento dal 2009. Come membro della commissione Controllo bilancio è impegnata da mesi per ottenere la trasparenza sui contratti e la tracciabilità della spesa pubblica europea: «Ci rivolgeremo alla Corte di giustizia europea. Portiamo la Commissione in tribunale».
Onorevole Rivasi, da tempo lei e i Verdi chiedete alla Commissione europea trasparenza sui contratti per i vaccini. Intanto Bruxelles pensa alle varianti e ha avviato un’altra stagione di intese con le case farmaceutiche. Ha appena concluso una nuova intesa con Pfizer. La trasparenza ora c’è?
No, infatti le preannuncio che i Verdi si rivolgeranno alla Corte di giustizia europea. Portiamo la Commissione in tribunale.
Cosa vi spinge a una scelta così forte?
Abbiamo seguito tutto l’iter. Mesi fa, come Verdi, abbiamo chiesto formalmente alla Commissione che disvelasse gli accordi siglati con le aziende farmaceutiche. Bruxelles ha risposto che non poteva farlo, dunque abbiamo rinnovato la richiesta. Abbiamo atteso. A tutt’oggi non è stata soddisfatta e quindi il bureau dei Verdi si prepara a portare l’esecutivo europeo davanti alla Corte per mancata trasmissione di documenti di interesse generale. Facemmo una cosa analoga con il glifosato: quando l’Efsa dichiarò che non era cancerogeno sulla base di studi prodotti dall’industria oltre che dall’accademia, chiesi di vedere questi studi. L’agenzia europea si rifiutò. Ci rivolgemmo alla Corte, che ci ha dato ragione: quei documenti erano di interesse generale e riguardavano la sicurezza pubblica.
Ci sono i margini per vincere?
Sì, allora ci riuscimmo e queste cose fanno giurisprudenza: una decisione di interesse pubblico e che riguarda la salute non può prescindere dalla trasparenza. I contratti sui vaccini hanno un impatto sulla salute pubblica, c’è il tema della responsabilità in caso di effetti secondari, oltre che della tracciabilità della spesa pubblica.
La Commissione nel tempo ha reso pubblici stralci di contratti. Perché per lei non basta per parlare di trasparenza?
Dopo molte reticenze, Bruxelles ha reso pubblici testi comunque oscurati in molte parti di interesse generale. Alcune rivelazioni clou, come parti desecretate o rivelazioni sui prezzi, sono arrivate grazie al lavoro dei giornalisti e alle rare soffiate dei governi.
Quando ha iniziato a occuparsi di trasparenza sui contratti dei vaccini? Perché è un tema così dirimente?
Quando la crisi Covid è iniziata, l’Europa ha scelto di avere un approccio comune europeo nell’acquisto dei vaccini. Ho pensato che fosse un’ottima partenza. Il punto è che poi l’europarlamento avrebbe dovuto essere reso partecipe, sia su chi fossero i negoziatori designati dai governi per contrattare, che sul tema dei fondi stanziati. Sono rimasta strabiliata perché invece tutte le volte che abbiamo chiesto trasparenza sui contratti ci è stato risposto che i negoziati erano in corso, che non si poteva svelare la natura dei contratti né i nomi dei negoziatori. Abbiamo aspettato la fine dei negoziati. Quando ormai tre contratti erano conclusi, il 9 novembre 2020, ho chiesto di avervi accesso come membro della commissione Controllo bilancio dell’europarlamento.
Cosa le ha risposto la Commissione europea?
«Non abbiamo finito, non possiamo mostrarveli»; così dicevano sia la commissaria alla Salute Stella Kyriakides che la caponegoziatrice Ue, Sandra Gallina. Anche il nome dei negoziatori a loro parere doveva rimanere confidenziale perché altrimenti rischiavano di subire pressioni. Tuttora quei nomi non sono stati resi pubblici.
I negoziatori però erano noti alle aziende, visto che si stavano accordando. Dunque quali pressioni? Dell’opinione pubblica?
C’era uno squilibrio: i privati coinvolti sapevano chi negoziava, dunque erano nelle condizioni di esercitare pressioni anche improprie, mentre noi eletti eravamo tenuti all’oscuro pure su quali fossero i punti fondanti sui quali l’Ue negoziava. Sapevamo a stento la spesa complessiva stanziata, ma non le condizioni chieste. Noi eurodeputati avremmo potuto e voluto chiedere ad esempio se i cittadini erano adeguatamente tutelati, se c’era una tracciabilità del denaro pubblico. Per Bruxelles queste “pressioni”, che io chiamo democrazia, sono da evitare: la Commissione e i negoziatori hanno denigrato il nostro ruolo istituzionale.
La commissione dell’europarlamento di cui lei fa parte non ha proprio il compito di vigilare sulle scelte di spesa dell’esecutivo europeo?
Appunto. Vogliamo sapere precisamente quanti soldi sono andati a ciascuna azienda farmaceutica, e inoltre dove sono stati indirizzati i soldi pubblici: sono serviti a ricerca e sviluppo dei vaccini? Per gli stabilimenti produttivi? Da mesi e mesi chiedo chiarezza su questo. Ma oggi, mentre parliamo, ancora non c’è nessuna tracciabilità dei soldi degli europei. Dunque non posso escludere che il loro denaro sia andato a finire nel marketing o nella distribuzione dei dividendi di Big Pharma.
Sta dicendo che questa opacità può nascondere un uso cattivo o improprio dei soldi pubblici?
Quello che so è che durante la pandemia, nel 2020, Pfizer, J&J e AstraZeneca hanno speso 26 miliardi di dollari in dividendi e riacquisto di azioni proprie. Quello che invece ancora non so è che fine ha fatto esattamente il denaro pubblico. E finché non lo so, non posso escludere che quei soldi siano stati sviati in direzioni non corrette.
Lei però ha chiesto di sapere. Cosa le è stato risposto?
Ho domandato quanti soldi sono stati dati a ciascuna azienda e la tracciabilità. Era dicembre. Il primo febbraio Gallina mi ha promesso una risposta dettagliata. La scorsa settimana, tre mesi e mezzo dopo, ricevo la lettera. A ogni domanda Gallina risponde sottolineando che un qualche aspetto è «segreto commerciale». La caponegoziatrice, che aveva promesso di render conto di tutto, a oggi non fa che parlare di segreti aziendali. Ma così noi del controllo bilancio cosa dovremmo controllare?
Qual è l’impatto della trasparenza?
Anzitutto, come dicevo, la mancanza di trasparenza può sottacere un uso improprio o un abuso del denaro pubblico, che in teoria può essere finito nelle tasche di ceo o azionisti. Visto che si tratta dei soldi dei cittadini, ritengo l’opacità grave. Poi, le aziende difendono la proprietà intellettuale e i brevetti argomentando che hanno messo soldi in ricerca e sviluppo, ma è sicuro, anche se la Commissione non vuol dirmi fino a che punto, che a investire in ricerca e sviluppo siano stati i cittadini. Spesso la ricerca fondamentale è finanziata con soldi pubblici, non solo europei – penso a Horizon 2020 – ma anche dei governi. Poter tracciare in che direzione vanno i soldi che abbiamo garantito alle aziende ha anche effetti benefici sui prezzi dei vaccini stessi. Se fosse chiaro che abbiamo investito, per ipotesi, la metà di quei soldi in ricerca e sviluppo, allora nel tempo potremmo dedurre quegli investimenti dai prezzi delle dosi, pretendendo che vengano abbassati.
Eppure sappiamo, non dalla Commissione ma dalla soffiata di un governo, che nell’ultimo contratto con Pfizer una dose costa più di prima. L’adattamento alle varianti giustifica l’aumento?
Assolutamente no. L’mRna è fabbricato in modo artificiale, una volta acquisita la tecnica basta adattarla. Al netto di ragioni di profitto, il prezzo nei mesi dovrebbe scendere, non aumentare. La Commissione non ha mai voluto render conto di quell’aumento.
Lei come si spiega questa opacità e quali effetti avrà nel tempo?
Me la spiego con la vicinanza, sintonia e complicità con le corporation. La Commissione è abituata a fare contratti con grandi aziende e il rapporto di Corporate Europe Observatory ha dimostrato che, quando si tratta di vaccini, a incontrare la presidente della Commissione e i commissari competenti sono appunto le aziende. Le ong come Medici senza frontiere invece non vengono ricevute. La Commissione sta perdendo di vista l’interesse generale, che pure è tenuta a rappresentare. La conseguenza è che il potere dei privati cresce a discapito del pubblico. Commissione e governi definiscono le aziende le nostre salvatrici e alzano le braccia, lasciano tutto il potere a loro senza alcun contrappeso. Visto che si parla di richiami per i vaccini e di nuove architetture per la sanità europea, di questa storia, vedrete, torneremo a parlare.
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