Ma come, proprio il Pnl, partito del presidente che diceva di ancorare il paese alla Nato, ha finanziato la campagna del filorusso Georgescu? In Romania nulla è come sembra, neanche l’apparente stabilità ritrovata con la conferma di Ciolacu a premier. Ecco cosa c’è dietro
La Romania ha un nuovo governo (con lo stesso premier di prima, ovvero Marcel Ciolacu) e la grande coalizione autoproclamatasi europeista ha pure individuato un suo candidato unico per le presidenziali, dopo che la Corte costituzionale ha annullato il primo turno vinto dal filorusso Călin Georgescu, la cui rapidità nello scalare i consensi aveva destato più di un sospetto.
Ma questa ritrovata stabilità nel quadrante orientale della Nato e dell’Unione europea appare artificiosa, nel paese dove nulla è come sembra: quando le elezioni presidenziali sono state annullate, il presidente della Repubblica Klaus Iohannis ha voluto apparire solidamente filo occidentale. «La Romania è solidamente pro Ue e pro Nato», per citare le sue parole. Eppure viene fuori che proprio il suo partito, il Partito nazionale liberale (Pnl), ha contribuito con finanziamenti e campagne social nel supportare Georgescu.
Riprendendo le ipotesi che apparivano plausibili a inizio mese – dietro Georgescu c’è Mosca, e ha potuto godere della complicità di almeno una parte del sistema, in vista di un riorientamento geopolitico o di un negoziato a riguardo – alla luce degli ultimi sviluppi, non è da escludere che i servizi (e il Pnl) abbiano utilizzato lo spauracchio di Georgescu per ricontrattare il proprio ruolo nell’alleanza occidentale; quel che si può dire con certezza è che l’esca del candidato filorusso ha permesso al Pnl di ribaltare le proprie sorti.
Al primo turno (quello poi cancellato) il liberale Nicolae Ciucă non aveva raggiunto neppure il 9 per cento, e ha dovuto mollare la leadership del partito; anche Ciolacu però è rimasto fuori dal ballottaggio. Dopo la tornata cancellata e l’appello all’unità anti Mosca, il Pnl ottiene che sia il suo ex leader Crin Antonescu a candidarsi alla presidenza. E sarà sostenuto anche dai socialdemocratici: Ciolacu abbandona la corsa per la presidenza ma ottiene la riconferma della premiership. Molto è cambiato perché nulla cambiasse.
Il partito del doppio gioco
Già una dozzina di anni fa, da leader del Pnl, Antonescu aveva stretto un’alleanza coi socialdemocratici (all’epoca guidati da Victor Ponta) e la coalizione era ad excludendum: serviva ad espellere dalla scena il comune avversario Traian Băsescu; la stessa sorte ora tocca all’Usr, il partito che aveva espresso la progressista Elena Lasconi, seconda dopo Georgescu alle presidenziali cancellate. L’Usr è fuori dal blocco che si è spartito il governo e il nome per la presidenza.
L’agenzia nazionale che si occupa dei controlli fiscali (Anaf) ha scoperto di recente che proprio il Pnl ha finanziato una campagna TikTok pro Georgescu, tramite una società di comunicazione (la Kensington Communication) che manovrava (con soldi e copione) gli influencer a novembre prima del primo turno; le modalità – stando a un documento declassificato – ricordano quelle usate da Mosca in Ucraina.
Che il Pnl sia un partito con molte ombre lo si era già capito: proprio come da un mese era chiaro che Georgescu avesse potuto contare su pezzi di apparato (che hanno chiuso un occhio se non contribuito alla sua fulminea ascesa elettorale), altrettanto si sa che il Pnl è legato a doppio filo coi servizi. Sotto la presidenza di Iohannis, il capo di uno dei servizi segreti del paese (l’Sri) dopo averne lasciato la guida è sùbito entrato nel Pnl.
E già gli accordi di coalizione che hanno portato il socialdemocratico Ciolacu ad avere il primo incarico da premier nel 2023 (il secondo è appena iniziato) si erano svolti alla presenza del capo dei servizi, sotto l’egida di Iohannis e puntando sulla coalizione tra socialdemocratici e Pnl per blindare a proprio favore le strutture di potere.
Oltre all’Rmdsz (partito filo-orbaniano gestito da una fetta della minoranza ungherese in Romania), nel nuovo governo – con lo stesso premier di prima – i “liberali” e i socialdemocratici si sono spartiti le poltrone chiave: al Pnl gli Interni, al partito di Ciolacu la Difesa… Mentre l’establishment occidentale si scandalizzava per le ombre di Georgescu, chi le manovrava tiene saldo il potere. C’è del marcio in Romania.
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