Il cancelliere promette rimpatri e un’applicazione più efficace del trattato di Dublino. La Cdu punta su una linea aggressiva per riconquistare gli elettori migrati verso AfD
Non c’è pace per Olaf Scholz. A peggiorare drasticamente il rientro già difficilissimo del cancelliere dalla pausa estiva ha contribuito il drammatico attentato di Solingen dello scorso fine settimana. Tre i morti accoltellati da un ventiseienne siriano nel paese dal 2022: ma il caso ha tutte le peculiarità che lo rendono la peggior combinazione possibile per un governo progressista in procinto di affrontare un’elezione regionale dove rischia di stravincere l’estrema destra.
Commesso da un richiedente asilo che sarebbe dovuto essere espulso e non solo è rimasto in Germania, ma ha anche ricevuto la protezione sussidiaria, l’attacco rivendicato poi dall’Isis ha riaperto il dibattito sull’immigrazione. A pochi giorni dalle elezioni in Sassonia e Turingia dove AfD è primo partito nei sondaggi ormai da mesi, la vicenda appare come un pessimo viatico alla performance dei partiti di maggioranza, tanto che qualche commentatore mette già in dubbio perfino la prosecuzione del lavoro della coalizione Semaforo.
Le promesse
Ieri mattina Scholz è arrivato a Solingen, dove ha dichiarato alla stampa l’intenzione di intervenire sul rischio attentati, insistendo parecchio sul concetto della rabbia che ha suscitato in lui l’attentato: «Ho parlato della rabbia. Essa è rivolta agli islamisti, per la coesistenza pacifica di tutti noi. Anche se minacciano la coesistenza pacifica di cristiani, ebrei e musulmani, noi siamo un paese che resta unito e non lasceremo che questa coesione venga distrutta».
La promessa ha già sfaccettature pratiche: Scholz vuole aumentare il numero di respingimenti, rafforzare il controllo alle frontiere, inasprire le norme che regolano la detenzione delle armi da taglio e applicare con più coerenza il principio di Dublino, quello che prevede che i migranti siano integrati dal paese europeo che raggiungono per primo. Se dovessero poi spostarsi altrove, secondo il trattato andrebbero riportati lì e poi eventualmente nei paesi d’origine. Non è una buona notizia per Giorgia Meloni, che oltre a lavorare con i paesi d’origine e transito da sempre spera di ottenere qualcosa sulla riforma del trattato da parte dei partner europei. Un auspicio che rischia di rimanere lettera morta: il cancelliere vuole istituire una task force per lavorare sui respingimenti che sfruttano le regole di Dublino e ha annunciato di essere anche pronto a ridiscutere le norme europee per renderle più efficaci.
Tutte mosse per mettere a tacere le critiche: l’attentatore di Solingen sarebbe dovuto essere rimandato in Bulgaria, da dove era arrivato, e Sofia aveva già dato il via libera, ma le autorità tedesche non sono mai riuscite a rendere effettiva l’espulsione. L’anno scorso, secondo dati elaborati dallo Spiegel, Berlino ha presentato 43mila richieste di respingimento in virtù del trattato di Dublino a cui ha ricevuto 25mila risposte affermative. Alla fine, però, i migranti che hanno lasciato la Germania sono stati soltanto 3.500. Probabile poi che oltre a vietare le lame più lunghe di 6 centimetri il governo decida anche di abolire la regola che impedisce il rimpatrio di afghani e siriani per le condizioni in cui versano i loro paesi d’origine.
Tutto contro AfD
Scholz aveva espresso l’intenzione di procedere in questa direzione già a fine maggio, quando un afghano aveva attaccato con un coltello da caccia un gruppo di manifestanti contro l’Islam a Mannheim ferendone alcuni. Un poliziotto intervenuto per proteggere i partecipanti all’evento aveva riportato ferite così gravi da ucciderlo nei giorni successivi. Il caso di venerdì è solo l’ultimo di una lunga serie di attentati di stampo islamista che hanno colpito la Germania negli ultimi anni, a partire dall’attacco al mercatino di Natale berlinese del 2016, commesso da un cittadino tunisino, all’attacco di Duisburg di aprile 2023, opera anch’esso di un siriano.
Ora, però, il contesto sembra costringere il governo a una risposta più dura, piegando così anche la Spd tedesca a una linea law and order sulla falsariga delle socialdemocrazie scandinave. Non al punto di accettare la proposta del capo della Cdu Friedrich Merz, che ha offerto a Scholz la sua collaborazione per una stretta sulla legge dell’immigrazione arrivando però a proporre uno stop all’accoglienza di afghani e siriani, ma di certo con un passo a destra. Le altre proposte in discussione arrivano anche dai liberali e perfino dai Verdi, oltre che dal presidente federale Frank-Walter Steinmeier: si parla sia di allargare le competenze degli uffici federali anticrimine, sia di aumentare le risorse e personale della polizia.
Oggi il cancelliere si confronterà ancora con Merz. Per entrambi è cruciale che si arrivi a dare una risposta efficace, che freni l’onda di consensi che sta raccogliendo AfD. Toccherà infatti alla Cdu l’arduo compito di formare coalizioni di governo che escludano AfD in Sassonia e Turingia: unica soluzione, coinvolgere il Bündnis Sahra Wagenknecht, i rossobruni filoputiniani dell’ex stella della Linke che stanno conquistando i Land orientali. Un rospo enorme da mandar giù per i cristianodemocratici, che comunque dovranno fare i conti con una fortissima opposizione di estrema destra. Non stupisce dunque il tentativo di Merz di mostrarsi all’indomani dell’attentato come conservatore securitario capace di dare una risposta decisa ai problemi che porta con sé l’immigrazione. Se basterà per riportare alla casa madre i tanti elettori migrati negli ultimi anni verso AfD, però, resta tutto da vedere.
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