L’Europa finisce in mezzo all’Oceano Indiano. È lì che atterra stamattina Emmanuel Macron anziché partecipare al Consiglio europeo di Bruxelles, insieme a quattro tonnellate di aiuti nel bagagliaio.

Senza tetto né acqua potabile

L’arcipelago di Mayotte, 101esimo dipartimento francese, è stato colpito dal ciclone Chido sabato 14 dicembre: il servizio di traghetti tra le isole è fermo, l’aeroporto di Mayotte-Dzaoudzi, dove la torre di controllo è distrutta, rimane chiuso ad eccezione dei voli militari. La rete elettrica, ancora fuori uso, è causa di gravi disagi: dall’infrastruttura telefonica – 51 antenne su 54 sono danneggiate - ai centri di potabilizzazione dell’acqua. Un vero problema dato che dopo le piogge, l’acqua corrente è contaminata per molti giorni.

Chido ha spazzato via le abitazioni. Gli sfollati si sono rifugiati nelle scuole pubbliche che hanno resistito alle raffiche di vento di oltre 200 chilometri orari. Il tetto della casa di Farrah, giovane architetta maorese residente a Parigi la maggior parte dell’anno, è l’unico del quartiere ad aver retto.

«Oggi il comune di Pamandzi (di fianco all’aeroporto, ndr) ha offerto due bottiglie d’acqua da un litro, due scatolette di sardine, una di tonno e una scatola di concentrato di pomodoro. Solo gli adulti con una carta d’identità valida possono recuperare le scorte. Non ho potuto portare nulla a mia nonna. Tra l’altro, dato che io e mia madre viviamo nello stesso posto, ci hanno dato solo una razione. Noi siamo cinque». E aggiunge: «Ci sono tre punti di accesso all’acqua aperti in città, bisogna fare la fila. Non è acqua potabile, serve per la doccia».

Mercoledì 18 dicembre è entrato in vigore per la prima volta lo stato di «calamità naturale eccezionale». Un dovere in un arcipelago in cui solo l’otto per cento della popolazione è assicurata. «Mia zia lavora alla GMF (società assicurativa, ndr) e mi ha spiegato che le pratiche vanno quattro volte più velocemente, non verrebbero richiesti giustificativi e prove per tutti i sinistri».

L’entità dei danni non è dovuta solamente all’intensità di Chido, ma anche all’abbandono cronico da parte dello Stato francese.

La periferia della Francia

Nel 2023, quando Mayotte era stata colpita da una siccità importante, la deputata ecologista Sandrine Rousseau arringava l’Assemblea nazionale: «Possiamo dire che la siccità è eccezionale, ma è solo metà del problema. Questa è una crisi di abbandono da parte dello Stato». Secondo un rapporto della Corte dei conti del 2022, le spese dello Stato sono passate da 775 milioni di euro a quasi 1,5 miliardi nel 2020, destinati principalmente alla gestione e non agli investimenti.

Rispetto agli altri dipartimenti d’oltremare, la cifra è irrisoria: la spesa pro capite di 5.743 euro rappresenta il 17 per cento in meno rispetto alla Martinica, il 62 per cento in meno rispetto alla Guyana.

Mayotte è il territorio più povero di Francia: il 77 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Nel 2014 l’allora presidente François Hollande promise un piano di investimenti sul lungo termine: «Mayotte 2025: une ambition pour la République». Una strategia pensata insieme alle autorità dell’isola: dal migliorare la qualità dell’educazione a una gestione sostenibile delle risorse naturali, passando per lo sviluppo del tessuto economico e una politica abitativa adeguata.

Un piano lodevole, ma troppo vago e abbandonato un anno più tardi, come sottolinea lo stesso rapporto della Corte dei Conti.

Disordine climatico

Alle difficoltà economiche si aggiunge il problema demografico. Incapace di recepire adeguatamente la crescita della popolazione, che qui è più alta che altrove nel paese (oltre 12mila nascite all’anno), la Francia non ha neppure contezza certa diquanti siano gli abitanti dell’arcipelago. Sono 321mila secondo l’Insee, l’istituto statistico nazionale. Diventano 400mila a detta delle autorità locali e  oltre 600mila secondo il media locale Kwezi, che fa un computo tenendo conto del consumo di riso. Difficile stabilire un bilancio dei morti quando non si conosce il numero dei vivi.

La popolazione straniera è passata da 85mila a 123mila persone tra il 2012 e il 2017: il 48 per cento della popolazione. Di questi, il 95 per cento arriva dalle vicine Comore. Al punto che il ministro dell’Interno Bruno Retailleau ha parlato di una «guerra ibrida» in corso da parte delle Comore. Ma è questa la priorità?

A Mayotte, non si vedeva così tanta polizia dalle operazioni Wuambushu I e II, vantate dall’ex ministro degli Interni Gérald Darmanin, come cruciali per riportare l’ordine sull’isola, ma il cui effetto è ampiamente criticato. Avrebbe addirittura peggiorato le condizioni di vita precaria di tutti quei migranti irregolari residenti sul territorio maorese.

A ripulire le strade dalle macerie sono gli abitanti. Dopo la seconda notte di coprifuoco Farrah è preoccupata. Non tanto per una questione di sicurezza, bensì per il clima. Il servizio meteorologico ha allertato Mayotte del passaggio di un secondo ciclone nelle prossime settimane. «Sono in ansia perché la mia casa ha resistito la prima volta, ma chissà se lo farà alla seconda».

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