La Commissione europea dovrebbe comprare armi e munizioni e conservarle sotto il proprio controllo. Questa la proposta emersa in una recente intervista rilasciata a Politico dal nuovo commissario all’Industria della difesa e lo Spazio, Andrius Kubilius.

Nella visione dell’ex premier lituano, in caso di aumento della tensione gli Stati membri potrebbero attingere a questo arsenale, anche perché l’Unione europea non ha un proprio esercito, né una politica estera comune. Le affermazioni di Kubilius però dicono molto sulla direzione che l’Europa sta prendendo e sulle mire della Commissione europea.

Quest’ultima non ha in teoria competenze in ambito della difesa, ma negli ultimi anni ha sapientemente usato i trattati fondativi dell’Ue per espandere il suo ruolo anche in quest’area, passando per il mercato interno. La proposta del neocommissario rischia però di violare questi stessi trattati.

Il progetto europeo

L’Unione europea nasce come progetto di pace dopo la Seconda guerra mondiale e non dispone di proprie forze militari, anche se un cambiamento in questo senso è stato più volte suggerito. In occasione del Consiglio europeo del dicembre 1999 è stato definito un vero e proprio corpo di intervento operativo, di 60mila unità, ma il progetto non ha mai visto applicazione.

Il tema è tornato più volte alla ribalta e lo stesso Alto rappresentante per gli Affari esteri Josep Borrell ha più volte suggerito la creazione di una forza di pronto intervento di 5mila uomini, senza ottenere risultati. La politica di difesa – come quella estera – resta in capo ai singoli stati membri e l’ente di riferimento in Europa è in teoria l’Agenzia europea per la difesa (Eda). Compito dell’Eda è quello di individuare le carenze degli Stati membri a livello militare e supportarli nel migliorare le proprie capacità di difesa. L’Agenzia è infatti composta dai ministri della Difesa nazionali ed è guidata dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri.

La Commissione però si è ritagliata uno spazio di manovra sempre maggiore, facendo leva sulle sue competenze nell’ambito della competizione industriale. A partire dal 2017 e in misura maggiore dal 2021, la Commissione ha creato dei fondi per la ricerca e lo sviluppo militare, con l’obiettivo di incentivare la cooperazione industriale, rafforzare il tessuto produttivo europeo della difesa e convincere gli Stati membri a comprare prodotti militari in Ue, anziché all’estero. Il budget dedicato a questo progetto è progressivamente cresciuto fino a includere gli 8 miliardi del Fondo europeo per la difesa, dedicato proprio alla ricerca e sviluppo di nuovi armamenti.

Ma, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, la Commissione ha anche creato un nuovo fondo da 500 milioni – noto con l’acronimo di Asap – per aumentare la produzione di munizioni in Europa. In teoria questo fondo dovrebbe servire ad aiutare l’esercito ucraino, ma il progetto mira al rafforzamento delle capacità produttive nel lungo periodo sotto l’egida della Commissione.

La svolta del commissario

Come spiega Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dello Iai, a partire dal 2016 la Commissione ha sfruttato i suoi ambiti di competenza e la leva finanziaria per diventare un attore rilevante per i ministeri della Difesa e le industrie nazionali. In questo processo di accentramento dei poteri, la creazione di un commissario ad hoc ha rappresentato un messaggio politico importante.

«La mossa sancisce che si tratta di un portafoglio come gli altri e configura la Commissione come un attore distinto dall’Alto rappresentante, che presiede l’Eda. Kubilius è una figura autonoma, con un suo portafoglio, e a cui spetterà l’incarico di parlare con i ministri della Difesa, i rappresentanti delle aziende, le altre istituzioni europee e persino con la Nato, per quanto riguarda i piani industriali».

La Commissione dunque ha guadagnato potere a danno dell’Eda. L’influenza dell’Agenzia, sottolinea Marrone, è diminuita con il crescere della leva finanziaria della Commissione, che al momento è il terzo investitore in difesa di tutta l’Europa. L’Eda dunque rischia di essere schiacciata tra il portafoglio comunitario e le iniziative nazionali, soprattutto ora che c’è un commissario ad hoc.

Nuovi fondi

La Commissione tra l’altro punta ad aumentare i fondi destinati all’industria della difesa. A marzo 2024 è stato presentato un Programma europeo (Edip) per trasformare le misure di emergenza a breve termine in un impegno più strutturale e di lungo periodo. L’Edip mobiliterà 1,5 miliardi nel periodo 2025-2027, ma per la presidente della Commissione Ursula von der Leyen servono almeno 500 miliardi per il prossimo settennato. Kubilius ha proposto di mobilitare 100 miliardi, ma non è stato ancora trovato un modo per mettere a disposizione queste cifre.

Una soluzione potrebbe essere il debito comune, ma diversi paesi sono scettici riguardo questa proposta. Di certo il budget per la difesa sarà al centro dei prossimi dibattiti per la definizione del quadro finanziario pluriennale dell’Ue per il periodo 2028-2034 e a beneficiare da un aumento dei fondi saranno le industrie del settore. Anche grazie alla centralità della Commissione.

Come ricorda Marrone, gli Stati decidono come spendere i propri soldi in difesa sulla base della propria politica estera. «In Europa però non abbiamo una politica estera comune che influenzi le decisioni, quindi gli investimenti sono guidati più dall’ottica industriale e della competitività e meno dalle esigenze degli Stati membri, definite invece dall’Eda. La gamba militare è più debole di quella industriale».

Fino a questo momento la Commissione si è mossa nei limiti dei trattati europei, ma la proposta di acquistare e stoccare armi e munizioni «crea problemi quanto all’interpretazione e applicazione dei trattati». Una mossa simile andrebbe a toccare una sfera di competenze riservate agli Stati membri e non sarebbe una violazione delle regole fondanti dell’Unione, segnando tra l’altro una netta trasformazione da un’Europa di pace a una di guerra.

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