Un gruppo di militari in pensione attacca l’attuale governo e utilizza chat, lettere e petizioni nella speranza di sabotare l’esecutivo «social-comunista»
- Ex-militari franchisti inviano lettere al re mettendosi a disposizione, firmano manifesti contro il governo «social-comunista, filoetarra e secessionista», si scambiano messaggi in chat vagheggiando di pronunciamenti e fucilazioni.
- Si tratta di una cospirazione per far saltare il governo di coalizione tra Psoe e Unidas Podemos, sostenuto da indipendentisti baschi e catalani, senza passare per le urne.
- Con l’evidenza di una democratizzazione mai compiuta nelle forze armate. Sono ora tutti in attesa di conoscere cosa dirà il re, chiamato così direttamente in causa dagli ex militari ribelli.
Lettere al re appellandosi alla sua guida, chat tra ex commilitoni in cui si vagheggiano pronunciamenti, un manifesto sulla rottura dell’unità nazionale: così un gruppo di militari in pensione ha dato vita a un movimento di destabilizzazione per rovesciare il governo. Non si tratta di un fatto aneddotico di pochi anziani nostalgici del passato, ma di un’iniziativa nata e cresciuta dentro lo scenario di scontro e polarizzazione che attraversa la politica spagnola, da quando le elezioni hanno portato a un governo di coalizione tra Psoe e Unidas Podemos, sostenuto da una maggioranza progressista, con la presenza di indipendentisti baschi e catalani. «Una cospirazione militare in piena regola» la definisce senza mezzi termini José Ignacio Domínguez, tenente colonnello dell’esercito dell’aria in pensione ed ex partecipante della chat incriminata: «Difendono il re e la costituzione – dice – quando non sono né monarchici né costituzionalisti: sono franchisti».
La chat sovversiva
Tutto ha inizio in una chat su Whatsapp di una quarantina di persone non più in servizio, appartenute all’Accademia dell’aeronautica militare. Al principio, racconta Domínguez, si trattava di una chat di ex colleghi di lavoro come tante, ma quando la sinistra ha vinto le elezioni il dibattito al suo interno si è radicalizzato, diventando ideologico. Tanto che si è cominciato a parlare di un possibile pronunciamento, per quanto irrealistico, trattandosi di ex militari in pensione che non potevano contare sull’esercito.
Presto quest’ipotesi è stata scartata e si è cominciato a ragionare sulla possibilità di chiedere un’udienza al re per mettersi ai suoi ordini in un’iniziativa che facesse precipitare il paese nell’ingovernabilità, rendendo urgente un cambio di governo senza passare per le urne. Il gruppo ha cercato di coinvolgere in questo progetto tutte le accademie di militari in pensione, con l’idea di inviare diverse missive al re chiamandolo in causa nella difesa dell’unità nazionale.
La prima lettera, inviata a Felipe VI il 10 novembre, è stata firmata da Francisco Beca Casanova, ex generale in pensione, alla testa di 39 dei 72 militari dell’Accademia dell’aeronautica militare. Della notizia si sono fatti carico solo quotidiani online di orientamento conservatore, come Ok Diario, che il 18 novembre ne ha pubblicato il testo. I firmatari si rivolgono al monarca, lamentandosi di come «un governo che giurò o promise di rispettare la Costituzione, sia capace di provare a non rispettare il suo giuramento o promessa promuovendo cambi alieni a quanto in essa stabilito». Precedentemente, il 3 novembre, avevano inviato un’altra lettera al presidente del parlamento eruopeo David Sassoli, ancora una volta pubblicata da Ok Diario, per avvertirlo del «deterioramento istituzionale della monarchia parlamentare».
La lettera al re
Dai contatti presi con le altre accademie di militari in pensione è scaturita una nuova lettera diretta al monarca in data 25 novembre, firmata da 73 ex militari dell’esercito di terra. A pubblicare la notizia è stato El País, il 29 novembre. L’assunzione del linguaggio di Vox è in questo caso esplicita: nel testo si fa riferimento al governo di coalizione tra il Psoe e Unidas Podemos «social-comunista, appoggiato da filo-etarra e indipendentisti». Tra i firmatari figurano diversi generali, ma non quelli al vertice dell’Accademia.
Questi ex militari in pensione hanno recuperato il diritto di espressione come qualunque altro cittadino, ma si firmano come militari con l’antico incarico, non come cittadini. Il movimento di destabilizzazione del quadro politico si è arrestato grazie allo scalpore suscitato dai contenuti della chat dell’Accademia dell’aeronautica dell’aria, resi pubblici dal quotidiano online infoLibre, il 1 dicembre. Evidente è l’affinità di alcuni dei partecipanti con l’ideologia dell’estrema destra e del franchismo, laddove si parla di pronunciamenti militari, di nostalgia per le «manovre del ‘36», o dell’auspicata fucilazione di «26 milioni di figli di puttana», cioè tutti quelli che hanno votato diversamente dalla destra. Nonostante lo scandalo, da allora soltanto la tattica è stata cambiata: non più lettere, ma una raccolta di firme sul testo di quella inviata dall’Accademia dell’esercito di terra, fino a farne un manifesto con 271 adesioni.
Tra i firmatari, il presidente della Fundación Francisco Franco, Juan Chicharro, un nipote di Franco, Cristóbal Martínez-Bordiu Franco, Pardo Zancada, condannato a 12 anni di prigione per il tentato golpe del 23 febbraio 1981 e José María Mena, arrestato per minacciare l’intervento dell’esercito nel 2006 in relazione con lo Statuto catalano. Molti degli aderenti al manifesto avevano già firmato una Dichiarazione su Franco “Soldato della Spagna” nel 2018, criticando la «perversa pretesa di esumare i resti» del dittatore dal Valle de los Caídos.
Lo scorso 22 dicembre, il quotidiano online Público ha svelato l’esistenza di una chat di militari in attivo, un gruppo di Whatsapp di ufficiali della IX Accademia di Artiglieria, in cui si giustificano i proclami golpisti degli ex-colleghi dell’Aeronautica militare.
Il franchismo nell’esercito
La presenza del franchismo nelle forze armate è ancora importante: nelle elezioni di un anno fa, Vox ha ottenuto nei seggi in cui votavano i militari quattro volte in più di voti che nella media provinciale. Fino agli anni Novanta alla guida dell’esercito c’erano i generali che avevano combattuto la guerra civile dalla parte di Franco. Quando la Spagna entrò nell’Unione europea nel 1986, era ancora in vigore il Codice di giustizia militare di Franco, quello dei giudizi sommarissimi. La modernizzazione dell’esercito è cominciata solo dopo che quei generali hanno iniziato ad andare in pensione.
Tentativi di destabilizzare il governo si erano manifestati già durante il confinamento, tra aprile e maggio di quest’anno, con le caceroladas dei quartieri bene di Madrid convocate da Vox e la proposta di un governo di emergenza nazionale proposto dal leader dell’estrema destra Santiago Abascal. Si è arrivati a parlare dell’esistenza di un piano Albatros, per mettere a capo dell’esecutivo la ministra della Difesa Margarita Robles, dell’ala moderata del Psoe.
Contro il governo antifascista
Tutto infatti comincia col governo varato un anno fa con la presenza di Podemos, sostenuto da una maggioranza abbastanza eterogenea ma saldamente antifascista e l’irruzione di Vox nel parlamento spagnolo con un discorso neo-franchista che sposta a destra il Partido Popular. Provvedimenti come la legge sulla Memoria Democratica, la riforma dell’istruzione con il catalano lingua veicolare nell’insegnamento in Catalogna, l’avvicinamento a casa dei prigionieri dell’Eta, il ragionare di indulti e riforma del codice Penale per far uscire gli indipendentisti catalani dal carcere e l’approvazione della finanziaria per il 2021 rappresentano il principio di un nuovo corso che risulta insopportabile all’estrema destra.
La ministra della Difesa Robles ha portato le lettere e la chat alla giustizia spagnola; il capo di Stato Maggiore della Difesa, Miguel Ángel Villarroya Vilalta ha tolto ogni patente di rappresentatività agli ex-militari ribelli. Il Foro Milicia y Democracia assicura che «l’attuale situazione politica in Spagna non è che la logica conseguenza del gioco democratico». Tutti aspettano che il re si pronunci il 6 gennaio, giorno della Pasqua militare. Per dire qualcosa di molto semplice, sostiene Domínguez, come: «In una democrazia i militari sono agli ordini del governo legalmente costituito».
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