«Il movimento non si è mai fermato». Ne sono convinti, e si dicono ancora più determinati, i gilet gialli della rotatoria del totem nero. Siamo alla periferia sud di Lione, in una zona industriale non lontana dall’autostrada. Da ottobre un gruppo di gilet gialli è tornato a occupare questa rotatoria, qui come in altre zone della Francia, ogni sabato, in vista del terzo anniversario del movimento, questo 17 novembre.

(I gilet gialli alla rotatoria di Lione. Foto Luisida De Ieso)

Il popolo della rotatoria

«Siamo stanchi di sopravvivere, stanchi di questa società del “lavora, consuma e chiudi il becco”». Picka qui la conoscono tutti; al centro della rotatoria, agita il braccio per salutare camionisti e automobilisti, qualcuno risponde con un colpo di clacson. A 41 anni, madre single con quattro figli a carico, Picka fa parte del movimento dal primo giorno, il 17 novembre del 2018. Con uno stipendio di 1200 euro (all’incirca il salario minimo previsto in Francia) e gli assegni familiari, riesce a malapena a soddisfare i bisogni di base. Andare al cinema o al ristorante è impensabile.

Problemi presidenziali

Il potere d’acquisto – come per la maggior parte dei francesi – è la sua prima preoccupazione in vista delle presidenziali del prossimo aprile. La riduzione dell’Iva sui prodotti di prima necessità è una delle rivendicazioni dei gilet gialli, riportata sul volantino che Picka mi tende mentre chiacchieriamo. Anche Laetitia, 48 anni, si è mobilitata fin dal primo giorno. Per molti anni la sua famiglia ha contato soltanto sullo stipendio del marito, operaio. Ha cresciuto i due figli, poi cinque anni fa si è messa a studiare per diventare assistente all’infanzia. «Adesso viviamo meglio, ma resto nel movimento, continuerò a lottare perché voglio condizioni migliori per i miei figli e i miei nipoti» dice, felice di poter contare sugli altri gilet gialli che considera come «una famiglia».

Mai smobilitati

«Non abbiamo mai smesso di incontrarci, ci vedevamo a casa mia durante la crisi sanitaria» aggiunge Picka. Manifestare non era possibile, «non potevamo permetterci di pagare le multe» dice Ninja, 49 anni, ex caposquadra in un’azienda leader europeo dei servizi di logistica e trasporto a temperatura controllata e gilet giallo della prima ora. A marzo è stato licenziato dopo essersi rifiutato di indossare la mascherina ffp2 sul posto di lavoro. «La vera causa del licenziamento secondo me è la mia immagine di gilet giallo» dice.

(I gilet gialli alla rotatoria di Lione. Foto Luisida De Ieso)

Anti-pass

Tutti e tre sono contrari al pass sanitaire, la versione francese del green pass, che considerano come un ulteriore attacco alle libertà individuali e alla democrazia. Al pari della legge sulla sicurezza globale approvata lo scorso aprile. «Non sono contro il vaccino ma non voglio essere una cavia delle grandi case farmaceutiche. Non mi sono vaccinata e non ho mai fatto il tampone. Preferisco dare le dimissioni se mi impongono di vaccinarmi» dice Picka; denuncia una «deriva autoritaria» in un paese che «non rispetta più» il motto “Liberté, égalité, fraternité”.

«No ai partiti, no a Macron»

Prima di entrare nel movimento dei gilet gialli, nessuno dei tre ha militato in un partito politico o in una struttura sindacale. Tutti e tre sono d’accordo su un punto: Emmanuel Macron è il presidente dei ricchi e non ha ascoltato i gilet gialli: le misure sociali come l’assegno di 100 euro lordi per aiutare le fasce più modeste a far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, sono fumo negli occhi. Secondo Ninja «Macron ha agito per i ricchi, eliminando la tassa sulla fortuna, per esempio». «Noi non gli interessiamo, secondo me detesta il popolo, tutti gli ordini che dà al parlamento sono di votare contro il popolo».

(I gilet gialli alla rotatoria di Lione. Foto Luisida De Ieso)

Rotatorie di destra e sinistra

Nel tempo le divisioni nel movimento si sono accentuate secondo Picka. «Prima era un movimento senza partiti, adesso ci sono le rotatorie di destra, quelle di sinistra». Lei è di sinistra, ma non voterà alle presidenziali, nessun candidato la convince. Se dovesse definire il suo candidato ideale, sarebbe quello che porta più giustizia sociale, un alloggio ai senzatetto, e difende la sanità pubblica. Anche Ninja chiede più giustizia sociale e neppure lui andrà a votare. «Ho stracciato la tessera elettorale. Prima votavo in segno di rispetto verso chi ha perso la vita affinché avessimo questo diritto, ma adesso il voto è deciso prima». Per lui i politici sono «oligarchi che non rappresentano più il popolo». Cosa pensa dell’Europa. «Uscire dall’Ue, perché no?, visto che è un’Europa degli oligarchi, Io sono per un’Europa federatrice, ma non quella della finanza che ha ridotto la nostra sovranità e ci ha resi più poveri». Laetitia invece voterà, a sinistra, e chiede misure di sostegno alla sanità pubblica come più posti letto e personale negli ospedali, l’aumento dei salari bassi e del potere d’acquisto delle classi più modeste.

Polizia e repressione

Tutti e tre denunciano la repressione da parte della polizia, subita o osservata sulle rotatorie e alle manifestazioni. Nei tre anni di esistenza del movimento è emersa la diffidenza nei confronti della polizia, alimentata dalla repressione delle manifestazioni, nota Christophe Parnet, ricercatore del laboratorio Triangle a Lione, co-autore di un’inchiesta sociologica sul campo sui gilet gialli nel 2019 e di un libro in uscita, Sur le terrain avec les gilets jaunes. All’inizio invece c’era perfino una sorta di «complicità» con i poliziotti cui i gilet gialli servivano il caffè sulle rotatorie, riferisce Parnet. Secondo lui, l’altro elemento che unisce i gilet gialli è il rifiuto delle forme di rappresentanza politica tradizionali. Proprio perché il movimento non ha un orientamento politico definito, perché diffida del sistema politico attuale e rifiuta ogni strumentalizzazione politica, non esistono veri e propri candidati del movimento alle presidenziali.

Frastagliati per definizione

«Ma cercare di determinare l’essenza del movimento è una chimera: ha subito varie mutazioni» dice Parnet, anche se le condizioni materiali di vita e i temi legati al potere d’acquisto restano fattori centrali della mobilitazione. Inoltre la loro critica delle istituzioni è difficile da trasformare in proposta politica. «Perché di rivendicazioni ce ne sono tantissime, ma non è possibile armonizzarle» dice il politologo, proprio perché si tratta di un «movimento plurale», nel quale convivono proposte diverse, non unanimemente condivise, come il RIC (referendum d’initiative citoyenne, il referendum d’iniziativa popolare), la riforma della costituzione, la riduzione dell’Iva o delle tasse in generale, la ridistribuzione delle ricchezze. Neppure l’opposizione al green pass o alla vaccinazione può essere considerata una caratteristica comune a tutto il movimento.

Caro energia e scenari futuri

Gli aumenti recenti dei prezzi dell’energia possono incidere sulla ripresa del movimento, ma «una mobilitazione massiccia dipende soprattutto dal livello di organizzazione» dice Parnet. La frustrazione dovuta alla repressione poliziesca, le divisioni, la stanchezza, il costo della mobilitazione per i gilet in gran parte appartenenti alle classi popolari, la crisi sanitaria, hanno contribuito ad affievolire il movimento. «C’è stata una dispersione, non una scomparsa. Interessante è ciò che resta al di là del movimento: ha generato una presa di coscienza politica spingendo verso altre forme di militanza. Lo abbiamo già visto con la partecipazione di alcuni gilet alle manifestazioni per il clima o contro le violenze poliziesche. Sarà interessante vedere come si mobilitano coloro che non indossano più il gilet ma hanno maturato un ideale e affinato le proprie opinioni grazie all’esperienza nel movimento. Se si sono avvicinati a partiti politici, sindacati o altri movimenti». Non si può dire se il movimento riprenderà sotto forma di gilet gialli o diversamente, con l’avvicinarsi delle presidenziali. Parnet abbraccia comunque l’ipotesi che il movimento abbia permesso di proseguire la lotta sotto altre forme. «Ha così segnato la Francia che possiamo aspettarci molteplici forme di eredità».

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