C’è un sistema collaudato di “pushback” illegali e di violenze sistematiche, alle quali sfugge solo un migrante su dieci. Invece di dare protezione, l’Europa picchia e respinge persino i bambini. I “Black books” inchiodano Bruxelles e gli stati membri, compresa l’Italia, alle loro responsabilità
- Invece di poter chiedere asilo, almeno 12mila migranti sono stati respinti illegalmente, nove su dieci hanno anche subito violenze. Mille e cinquecento pagine di dati e testimonianze mostrano che la violazione dei diritti non è un’eccezione ma la prassi.
- Anche l’Italia è coinvolta nel sistema di respingimenti: rimanda i migranti in Slovenia senza che possano fare richiesta di asilo nel nostro paese. Dalla Slovenia si arriva nella Croazia delle torture.
- I “libri neri” sono una antologia di Spoon River delle violenze. Ma la Commissione Ue non fa che aumentare i fondi alla polizia croata.
Non sono casi isolati, ma un grande scandalo a cielo aperto che la politica non può più fare finta di non vedere. L’Europa respinge illegalmente i migranti che avrebbero diritto alla protezione umanitaria, mette in atto violenze e persino torture. I respingimenti illegali sono fatti in modo crescente e sistematico da diversi stati, compreso il nostro. E sono pure minuziosamente coordinati, con la complicità e il tacito consenso, se non il ruolo attivo, dell’Unione europea. Mille e cinquecento pagine dimostrano che la violazione dei diritti non è un’eccezione ma la prassi: pagine che parlano di respingimenti illegali, di torture, di umiliazioni, di cani che sbranano uomini, donne e bambini, di spedizioni punitive, di teste che vengono rasate, di persone derubate, denudate, violentate. Le violenze sono così tante che non è bastato un solo libro per contenerle tutte. I due Black books of pushbacks, i libri neri dei respingimenti, sono una massiccia opera di raccolta di dati e testimonianze condotta dal Border violence monitoring network (Bvmn), una rete di 14 organizzazioni attive sul campo. La sinistra (The Left) dell’Europarlamento ha commissionato questa collezione di dati e di scandali per costringere Bruxelles a fare i conti con il tema, finora negato o derubricato a fenomeno episodico.
Questo venerdì Malin Bjork, europarlamentare della sinistra, ha consegnato i due volumi alla commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson. «Non può far finta di non vedere e non sapere», dice Bjork, che sta negoziando l’avvio di una commissione di inchiesta dell’Europarlamento sul tema. Il fatto è che la Commissione non ha “azzerato Dublino”, come ha annunciato questo autunno: non c’è alcuna svolta solidale in corso. Ma in un certo senso è vero che Dublino è stato azzerato: i migranti non riescono più neppure a presentare la loro richiesta di asilo.
Scandalo su larga scala
Quanti sono i migranti che vengono respinti senza poter esercitare il loro diritto di asilo? Gli autori del dossier possono provare con verifiche sul campo e testimonianze oltre 12.600 casi (nel senso di persone coinvolte) dal 2017 a oggi, e la tendenza è in aumento. Quattro anni fa i casi erano circa 1.200, l’anno scorso 3.300, nel 2020 più di 6mila. Raddoppiano di anno in anno. Oltre il 40 per cento dei casi riguarda minorenni. I migranti che in Europa cercano protezione vengono non solo respinti, ma molto spesso durante i respingimenti subiscono anche violenze dalla polizia di frontiera. Le subiscono quasi tutti: solo uno su dieci è risparmiato. Otto migranti su dieci sono privati degli oggetti personali, sette su dieci vengono picchiati. Tre su dieci sono costretti a denudarsi. Qualcuno è minacciato con le pistole, altri sono attaccati dai cani o con scosse elettriche: un’ampia gamma di torture.
Il ruolo dell’Italia
I respingimenti via mare operati nel Mediterraneo dal governo italiano, con la partnership della Guardia costiera libica, sono solo una delle pratiche sistematiche denunciate nel dossier, che riferisce di oltre 420 persone respinte illegalmente dal nostro paese tra gennaio e metà aprile. Il porto di Bari è in testa, con 311 casi. Anna Brambilla, avvocata dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, ha curato la parte dei libri che riguarda l’Italia. Dice che «la prassi dei respingimenti in mare è nota da tempo, mentre quelli via terra alla frontiera italo-slovena sono aumentati di recente. L’Italia rinvia i migranti in Slovenia, da qui vengono rispediti in Croazia, dove la polizia usa violenza, come è noto a tutti e anche al nostro governo; dalla Croazia vengono mandati in Bosnia, in una catena collaudata di respingimenti. Il ministro dell’Interno ha persino rivendicato la scelta».
Il Viminale si appella a un accordo bilaterale firmato nel 1996, senza neppure la ratifica del parlamento, e le chiama «riammissioni di migranti in Slovenia». A maggio ha pure annunciato di voler incrementare il numero di “riammissioni”. Il parlamentare di +Europa Riccardo Magi a luglio ha fatto una interrogazione parlamentare: dice che «la ministra Luciana Lamorgese ha ammesso la prassi dei respingimenti, giustificandola con questo accordo del 1996. Ma non c’è niente di legale nel rimandare i migranti fuori dal nostro paese senza neppure notificare le loro richieste di asilo». Brambilla sta portando avanti un ricorso sul tema. «Intanto però - dice Magi - tutto va avanti come se nulla fosse. Spediamo i migranti verso le torture croate ma nessuno si scandalizza». Non si scandalizza il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, sodale del premier populista sloveno; e non si scandalizza il governo, che “rialloca” sempre più risorse per la “difesa” dei confini.
Le torture d’Europa
Dall’Italia parte una catena ben collaudata di respingimenti. La tappa croata è la più sconvolgente: è servito l’intero secondo volume per riferire tutte le testimonianze. Milena Zajovic è presidente della ong croata Are You Syrious e ha contribuito al report. Dice che «a inizio 2016 abbiamo iniziato a scoprire i respingimenti al confine con la Serbia. Inizialmente erano casi sporadici, illegali ma non violenti. Poi tutto è cambiato: i respingimenti sono diventati sistematici, quest’anno conto oltre 1.600 casi, e pure la violenza. Nel 2020 la gravità delle torture si è intensificata». Zajovic riferisce di minorenni uccisi a colpi di pistola, spedizioni punitive, violenze sessuali, trattamenti degradanti. La sezione del libro che raccoglie le testimonianze è una antologia di Spoon River delle violenze croate: «La polizia ha picchiato mia madre», «il cane ci aggrediva e la polizia rideva», «ci trattano come animali», «sembrava di essere in guerra». Il governo croato continua così, l’Ue fa finta di nulla e anzi, premia persino la polizia croata: nel dicembre del 2018 Bruxelles ha dato 7 milioni di euro aggiuntivi al paese per il controllo della frontiera. In una lettera dello scorso luglio, la commissaria Johansson fa riferimento a un progetto recente da 11 milioni a beneficio del ministero dell’Interno croato; parte del budget è proprio per l’addestramento della polizia di frontiera. I soldi a chi respinge e tortura aumentano, i controlli no.
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