Per il secondo sabato consecutivo, i cittadini sono scesi in piazza per manifestare contro l’articolo 24 della nuova norma che vieta, tra le altre cose, di riprendere i poliziotti mentre sono in servizio. Macron: «Tante sciocchezze su questo provvedimento: il nostro paese non limita alcuna libertà»
Auto e cassonetti in fiamme, lanci di oggetti dei manifestanti contro la polizia e lacrimogeni di risposta: per il secondo sabato consecutivo la Francia è diventata teatro di proteste contro la nuova “legge sulla sicurezza globale” e soprattutto contro il contestatissimo articolo 24, che per come è stato scritto vieta la condivisione di immagini degli agenti mentre sono in servizio. Anche oggi, come settimana scorsa, la città di Parigi è stato il fulcro delle manifestazioni. L’appuntamento era alla Porte del Lilas, nella periferia est della città, per arrivare poi fino a Place de la Republique. Ma già all’inizio di quella che era nata come una protesta sindacale contro la precarietà, alcuni gruppi di persone hanno preso di mira poliziotti, cassonetti, automobili e vetrine dei negozi. Presenti anche alcuni esponenti dei gilet gialli.
L’unione delle due cause è stata sancita anche dal segretario generale del sindacato CGT Philippe Martinez: «Non c'è differenza tra libertà pubbliche e individuali e il fatto di lottare contro la precarietà e la disoccupazione, soprattutto in questo periodo», ha detto. Secondo il ministro dell'Interno, Gérald Darmanin, sono almeno 22 le persone fermate fino a ora. «Grazie alle forze dell'ordine mobilitate oggi, talvolta davanti a individui molto violenti», ha aggiunto. Le proteste però hanno avuto luogo anche in altre città della Francia: in totale, sono state organizzate circa 90 manifestazioni.
Le sommosse, già settimana scorsa, sono state alimentate da un episodio di violenza – documentato proprio da alcuni filmati – con protagonisti alcuni agenti che hanno picchiato un uomo di colore, il produttore musicale Michel Zecler. I responsabili, sotto indagine, al momento sono in custodia cautelare: il presidente Emmanuel Macron ha definito l'episodio «una vergogna per la Francia».
Il dibattito sull’articolo 24
I manifestanti puntano il dito soprattutto sull’articolo 24 della nuova “legge sulla sicurezza globale”, che punisce la pubblicazione di immagini di agenti di polizia in servizio con l’intento di nuocere alla loro “integrità fisica o psicologica”. I cittadini chiedono il ritiro dell’articolo, che «limita le libertà pubbliche fondamentali della Repubblica», oltre al fatto che «prevede strumenti di sorveglianza di massa». Ma vengono criticati anche gli articoli 21 e 22, che disciplinano l’uso di droni e telecamere pedonali da parte delle forze dell’ordine, come anche il nuovo “Schema nazionale per il mantenimento dell’ordine” che, durante le manifestazioni, obbliga i giornalisti a disperdersi quando le forze dell’ordine lo dispongono, impedendo loro di coprire eventi successivi.
La legge sulla sicurezza globale è stata approvata dall’Assemblea nazionale, ma è ancora in attesa di approvazione da parte del Senato. L'ex ministro dell'Interno Christophe Castaner, capogruppo all'Assemblea Nazionale di En Marche (il partito di Macron), dopo le proteste di settimana scorsa ha detto che il testo della legge sarà sospeso e completamente riscritto dalla maggioranza. Ma il suo annuncio non ha convinto i francesi, che anche in questo sabato sono scesi in piazza.
Intervistato dal portale “Brut”, lo stesso presidente Macron ha detto che durante le manifestazioni i cittadini e i giornalisti potranno continuare a filmare le forze dell'ordine in servizio. Sulla successiva diffusione di tali immagini, il capo dell’Eliseo ha preferito non sbilanciarsi: «Penso che la risposta sarà sì, potranno essere pubblicate». Infine, ha aggiunto: «Su questo progetto di legge si stanno dicendo molte sciocchezze. Alcuni ritengono che in Francia ridurremo le libertà. Ma finché sarò qui non sarà il caso. Siamo forse un paese in cui la libertà di manifestare è a rischio? No. E la libertà di stampa è messa in causa? No. E' una grande bugia. Non siamo l'Ungheria né la Turchia».
© Riproduzione riservata