Il motore franco-tedesco d’Europa è in avaria: il governo Scholz sarà anche in crisi nera dopo le elezioni del weekend, ma che dire della Francia? Non si tratta solo del fatto che un governo non c’è ancora (a parte quello deputato a sbrigare gli affari correnti). C’è pure la variabile non trascurabile di un paese cruciale per tutta l’Unione europea che si trova ad affrontare una procedura europea per deficit eccessivo, e che in tutto questo si confronta con le scadenze imminenti della legge finanziaria in evidente ritardo data la situazione politica (innescata dalle scelte presidenziali) a dir poco instabile; e dire che Emmanuel Macron aveva respinto in blocco ogni ipotesi di governo del Fronte popolare in nome della «stabilità».

Una volta rigettata Lucie Castets, la difensora dei servizi pubblici proposta dal Fronte per palazzo Matignon, Macron Cunctator (il presidente temporeggiatore) potrebbe ora uscirsene con una proposta che appare a confronto paradossale: c’è un volto che viene dalle assicurazioni private – Thierry Beaudet – tra i nomi circolati questo lunedì come premier. A ciò si aggiunga che pare che l’Eliseo, noto per aver protratto lo stallo politico, abbia però rapidamente già scelto il capo di gabinetto prima ancora di svelare il nuovo premier in pectore. È solo uno dei versanti opachi di questa fase della vita politica francese.

Da Cazeneuve a Beaudet

Il secondo turno delle elezioni legislative si è svolto il 7 luglio, ma solo settimane dopo – ovvero venerdì 23 agosto – Macron ha cominciato le consultazioni. Quel venerdì si diceva che un nome per palazzo Matignon sarebbe arrivato «da martedì», dunque dal 27 agosto. Ma si è arrivati a settembre senza che quel nome uscisse dalla bocca del presidente. L’unica certezza che ha offerto con una comunicazione ufficiale – perché tanto era prodigo di interventi tv in campagna elettorale quanto dopo la batosta è apparso raramente via lettera e poche righe scritte – è la certezza che a nessuna condizione (neppure quella di escludere ministri della France Insoumise) la sinistra unita nel Fronte popolare avrebbe potuto governare.

A quel punto il presidente ha proseguito le sue consultazioni, invitando personalità a sua discrezione, ed è a questo punto della storia che si è arrivati questo lunedì: all’Eliseo sono arrivati l’ex premier hollandiano Bernard Cazeneuve, François Hollande stesso (che oltre a essere un ex presidente della Repubblica si è fatto eleggere deputato con il Fronte), un altro ex che però non ha mai smesso di influenzare le politiche macroniane e cioè Nicolas Sarkozy. Intanto fonti vicine all’Eliseo hanno assicurato: il nome del premier arriverà tra martedì e mercoledì. L’effetto è un déjà vu di agosto (per il ripetersi degli incontri e per quella promessa: «Da martedì il premier»); ma ora serve una sintesi. Tutto il dibattito si è concentrato negli ultimi giorni su alcune ipotesi; a parte il governatore di regione d’Alta Francia, Xavier Bertrand, che è di estrazione repubblicana e che sogna da tempo l’Eliseo (ma non nasconde di gradire Matignon), la strada più battuta porta il nome di Bernard Cazeneuve.

Se Macron ha considerato il suo profilo, è perché pareva adattarsi perfettamente alla tattica del presidente: mirare a spaccare il Fronte, disancorando anzitutto i socialisti. Nel 2022 Cazeneuve, proprio come Hollande (che però ha sostenuto il progetto del Fronte questa estate per farsi eleggere), si è opposto all’idea della Nupes, la prima unione tra socialisti e France Insoumise, al punto da lasciare il partito socialista; l’unione si è però rivelata vincente, tanto che i socialisti sotto la guida del segretario Olivier Faure hanno ripreso vigore. Riportare la sinistra all’èra Hollande è una prospettiva respinta duramente da buona parte del Fronte, e indigesta pure a una parte ingombrante dei socialisti stessi. «Non ho problemi personali con Cazeneuve, ma come farebbe a garantire di non restare ostaggio dei macroniani, non avendo peraltro neppure cercato l’appoggio del Fronte?», ha detto Faure qyesto lunedì. La carta di Cazeneuve verrà messa sul tavolo se Macron ha chance che passi, possibilmente frantumando i frontisti; qualora ciò non accada, meglio esplorare un’alternativa. E pare che una porti il nome di Thierry Beaudet.

Da presidente del Conseil économique, social et environnemental (Consiglio economico, sociale e ambientale), può essere presentato con un manto da tecnico; essendosi speso su temi come l’eutanasia, Macron può giocare la carta dei diritti civili, a cui aggiungere il posizionamento di Beaudet contro l’estrema destra prima del voto. Ma resta nella sua biografia il ruolo importante di presidente della Fédération nationale de la mutualité française; non esiste un equivalente italiano, ma si tratta in sostanza di una camera delle assicurazioni private che lavorano anche col settore pubblico. Macron avrebbe combinato già pure l’ipotesi come capo di gabinetto: sarebbe Bertrand Gaume, amico stretto di un socialista, Benoît Hamon. Tanto per sfaldare al meglio l’opposizione a sinistra.

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