- Quella parolina insolita, cioè “tassonomia”, doveva essere la bandiera del progresso: l’Europa voleva indirizzare gli investimenti verso le attività più sostenibili per l’ambiente.
- Ma le pressioni delle lobby, e soprattutto una solida alleanza di governi guidati dalla Francia, hanno portato alla resa di Bruxelles: adesso la Commissione fa ciò che Parigi e altre capitali, compresa la nostra, speravano. Concede al gas, e al nucleare, l’etichetta di “green”.
- Lo fa allo scoccare del Capodanno, ma invece di guardare al futuro rinnovabile, ritorna al passato. Non tutto è già deciso, ma per cambiare questa decisione serve una maggioranza ampia di governi; e al momento troppi governi stanno con Bruxelles.
Perché si torna a parlare di nucleare?
Sui tavoli europei c’è un dossier da chiudere. Si chiama “tassonomia”, ed è un sistema con cui l’Unione europea definisce quali sono le attività economiche da ritenersi sostenibili. Etichettare qualcosa come “green” significa mandare un preciso messaggio positivo agli investitori, alle aziende e ai decisori politici stessi.
Non a caso su questo dossier le pressioni sia delle lobby che dei governi, Francia in testa, sono molto forti. E hanno fatto breccia sulla Commissione: la proposta avanzata da Bruxelles a capodanno concede l’etichetta verde a gas e nucleare.
Cosa è la tassonomia e perché è cruciale?
In teoria, la tassonomia dovrebbe essere orientata da criteri scientifici. Il motivo per cui l’Ue ha scelto di dotarsi di questo sistema di classificazione è proprio di essere all’avanguardia e di orientare gli investitori verso le fonti sostenibili.
Quali investimenti sono green? Su cosa investire per andare al passo con il futuro? La tassonomia nasce per dare risposte a questo e quindi per orientare il mercato in direzione verde. Il report dello EU Technical Expert group, e cioè il dossier tecnico che forniva alla Commissione i dati necessari per elaborare la sua proposta, detta i limiti di emissioni tali perché una fonte possa essere ritenuta sostenibile. Stando a quei criteri, il gas non potrebbe essere verde. Ma ben presto nell’elaborazione della decisione hanno preso il sopravvento criteri assai più politici.
Chi ha spinto per avere gas e nucleare "verdi”?
Sia le lobby sia i governi nazionali. Le pressioni delle industrie del gas e del nucleare su Bruxelles si sono fatte sempre più intense: tra gennaio 2020 e maggio 2021, i lobbisti del gas hanno ottenuto 323 incontri con i funzionari Ue. Il settore nucleare ha raddoppiato il ritmo degli incontri, l’azienda francese Edf da sola ha speso oltre due milioni all’anno per influenzare Bruxelles. Ma la vera svolta è arrivata dai governi, a cominciare da Parigi.
Travestire il nucleare e il gas da energie verdi è il piano anti clima che Emmanuel Macron, con un gruppo di altri paesi e con la complicità del governo Draghi, porta avanti in Europa. Macron ha utilizzato il caro prezzi dell’energia come pretesto per dare ulteriore spinta al piano: etichettare il nucleare come verde, e dare ulteriore impulso al settore.
La Francia ha costruito un fronte di una decina di paesi, tra i quali Polonia e Ungheria, e non li ha attratti solo con promesse sul nucleare. L’alleanza lanciata da Macron è un patto di reciproco sostegno tra chi vorrebbe green il nucleare, e chi il gas, come Slovenia, Bulgaria, gruppo di Visegrad. Anche per Roma la priorità è il gas.
Cosa fa ora Bruxelles?
Sin dal Consiglio europeo di ottobre è apparso chiaro l’orientamento della Commissione: concedere l’apparenza di green a gas e nucleare, sotto la spinta insistente dei governi per fare in fretta e chiudere la partita prima che il nuovo governo tedesco a componente verde potesse ostacolare il piano. Bruxelles ha aspettato il giorno dei festeggiamenti di Capodanno per far trapelare la bozza della sua proposta.
A dieci minuti dalla mezzanotte, il 31 dicembre, il testo ha iniziato a circolare. Cosa dice? Che gas e nucleare sono green, con queste precisazioni: quanto al nucleare, fino al 2045 nuove centrali saranno coperte dall’etichetta verde, purché ci siano depositi sicuri per le scorie.
Una condizione che però tuttora non è rispettata: il problema delle scorie radioattive è ancora irrisolto, e Parigi stessa lo affronta a modo suo; Greenpeace Francia ha svelato a ottobre che le aziende «spediscono i rifiuti radioattivi in un sito non sicuro a Seversk, in Siberia».
E il gas? Anche verso gli investimenti nel gas naturale Bruxelles è indulgente: li riconosce come verdi con l’alibi di essere una risorsa di transizione, e accompagna la regola ad alcuni standard da rispettare per le nuove centrali.
Siamo sicuri che andrà a finire così?
La tassonomia non è nelle sole mani di Bruxelles: il dossier deve passare anche dai governi riuniti in Consiglio, e dall’Europarlamento. Gli ambientalisti sono in rivolta in tutta Europa, e i Verdi annunciano battaglia sia dai loro scranni nel Parlamento Ue che dai posti di governo in Germania. Berlino dopo Fukushima ha avviato la denuclearizzazione del paese e un ritorno al passato crea problemi al cancelliere.
Ma il gruppo di paesi pro gas e pro nucleare, i quali hanno costituito tra loro un’alleanza, è al momento troppo forte perché i contrari possano rovesciare la decisione in sede di Consiglio europeo.
Cosa succede ora?
C’è ancora un passaggio che riguarda la Commissione: Bruxelles deve aspettare la reazione del gruppo tecnico di esperti, i quali hanno tempo fino al 12 gennaio per esprimersi. La tassonomia, che formalmente è un atto delegato, verrà poi adottata ufficialmente dalla Commissione entro fine gennaio.
A quel punto il tema passa alle altre istituzioni, cioè Consiglio ed Europarlamento. Governi ed eletti europei hanno quattro mesi per valutare la proposta, e possono chiederne altri due: c’è quindi un margine di mezzo anno.
Ma perché la direzione della proposta possa essere ribaltata serve una corposa maggioranza: in questo caso non serve solo una maggioranza qualificata rinforzata, ma bisogna trovare questi numeri non per approvare bensì per mettere in discussione. Servono quindi almeno venti stati membri che rappresentino il 65 per cento di europei, per poter obiettare.
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