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La Germania non riesce a lasciar andare Angela Merkel. L’ultima prova è stato il disastro delle alluvioni: in quel momento la cancelliera era negli Stati Uniti e ha potuto raggiungere le zone del disastro solo nei giorni successivi alla crisi.
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Questa piccolo ritardo nella visita ufficiale ha dato tempo ai tre candidati che ambiscono alla successione alle elezioni di settembre di potersi recare sul posto prima di lei. Ma proprio la loro gestione dell’emergenza ha fatto capire quanto, nonostante gli sforzi, il paese aspettasse solo l’intervento della cancelliera in carica.
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Insomma, la prestazione degli sfidanti è stata poco soddisfacente.
La Germania non riesce a lasciar andare Angela Merkel. L’ultima prova è stato il disastro delle alluvioni: in quel momento la cancelliera era negli Stati Uniti e ha potuto raggiungere le zone del disastro solo nei giorni successivi alla crisi.
Questa piccolo ritardo nella visita ufficiale ha dato tempo ai tre candidati che ambiscono alla successione alle elezioni di settembre di potersi recare sul posto prima di lei. Ma proprio la loro gestione dell’emergenza ha fatto capire quanto, nonostante gli sforzi, il paese aspettasse solo l’intervento della cancelliera in carica. Insomma, la prestazione degli sfidanti è stata poco soddisfacente.
Il primo a raggiungere le regioni più colpite è stato Olaf Scholz. Il vicecancelliere e ministro delle Finanze ha in un primo momento fatto le veci di Merkel in attesa che la cancelliera tornasse da Washington. Un’occasione che il candidato socialdemocratico non ha perso: dato inizialmente come concorrente più sfavorito nella competizione elettorale, negli ultimi mesi ha potuto beneficiare di molte vittorie spendibili in termini di comunicazione politica, prima fra tutti l’accordo sulla tassazione globale raggiunto al G20 finanziario di Venezia.
Sono seguite foto in motoscafo che hanno mostrato il ministro anseatico, considerato rigido e a tratti austero, per la prima volta all’altezza della cancelleria. I suoi indici di gradimento finora arrancavano dietro a quelli di Armin Laschet (Cdu) ma soprattutto della verde Annalena Baerbock, percepita come più innovativa e dirompente nello statico panorama politico tedesco.
La continuità rappresentata da Scholz e dal suo partito, che era rimasto nella grande coalizione solo controvoglia e dopo le pressioni del presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, sembra improvvisamente essere diventata un punto a suo favore. Consumato dal lungo addio alla sua cancelliera, il paese sembra infatti apprezzare un candidato in continuità coi governi Merkel.
Ma la ragione è anche che nessuno degli altri due sfidanti ha trovato una strada per entusiasmare l’elettorato né si è saputo accreditare in maniera credibile come vero erede della cancelliera.
Le difficoltà dei Verdi
Baerbock ha cercato di giocare sulla forza della novità, ma in queste settimane sembra aver difficoltà a gestire le insidie della campagna elettorale. Molta attenzione è stata riservata al suo curriculum, che ha dovuto correggere ed emendare, e al suo instant book, dove un cacciatore di plagi (a cui il libro sarebbe stato caldamente segnalato) ha individuato diversi passaggi critici, creandole altro imbarazzo. Nonostante le alluvioni abbiano reso evidenti a tutti i rischi incombenti di eventi catastrofici causati dal cambiamento climatico, i sondaggi dei Verdi non sono particolarmente migliorati, anzi Baerbock ha voluto visitare i paesi disastrati da sola, senza telecamere. Solo dopo esser tornata a Berlino ne ha parlato in un intervista allo Spiegel, illustrando il suo programma per l’ambiente, fondato soprattutto sulla prevenzione e sulla centralizzazione di alcuni poteri di primo intervento, finora distribuiti tra i Land. Tutto ciò è stato fatto per evitare di apparire cinica e di voler approfittare della tragedia.
Ma Baerbock deve fare i conti anche con l’ingombrante ombra del co-segretario dei Verdi, Robert Habeck, che può contare su una certa esperienza di governo (è stato vicegovernatore e ministro per la Transizione ecologica e l’agricoltura dello Schleswig-Holstein) e su una maggiore capacità comunicativa. E nonostante stia tenendo un basso profilo per non danneggiare la sua candidata, sono sempre di più gli elettori verdi che iniziano a pensare come sarebbe andata se fosse stato lui a correre per la cancelleria.
Gli scivoloni di Laschet
Non sembra quindi esserci, al momento, un vero erede della linea merkeliana. Soprattutto non c’è all’interno del suo partito di appartenenza. Laschet, che era stato scelto proprio come successore più sovrapponibile alla politica della cancelliera, non riesce a vestire i panni, troppo grandi per lui, di neo Merkel. Le esondazioni ne sono state l’ennesima dimostrazione. Il candidato, governatore del Nordrhein Westfalen, uno dei Land più colpiti, aveva l’occasione di mostrarsi finalmente come uomo d’azione, dopo esser rimasto quasi in secondo piano nei precedenti scontri con gli altri candidati. E fino al suo arrivo in galosce di gomma sui luoghi della tragedia era andato tutto bene. A quel punto, però, è arrivata la gaffe di un’immagine che lo ritraeva alle spalle del presidente della Repubblica, sghignazzante per la battuta di un presente. La sua posizione è rimasta irrimediabilmente compromessa e in molti hanno avanzato il dubbio che sia all’altezza della carica di cancelliere, ma anche di governatore. Per recuperare il passo falso si è dovuto avvalere, ancora una volta, del sostegno di Merkel, che fino alla sua investitura era rimasta molto fredda rispetto alle dinamiche interne del partito. Da allora la cancelliera ha continuato a non partecipare a eventi di campagna elettorale e anche in quest’occasione le immagini che ritraggono la visita di Merkel nelle regioni colpite hanno totalmente rubato la scena al candidato Cdu. Laschet si è dovuto muovere all’ombra della leader, mentre la rete ha ironizzato sulle sue scarpe eleganti che stridevano di fronte alle calzature più robuste e adatte alla situazione della cancelliera.
Le parole di Merkel sono sembrate le più adatte alla situazione; il piglio deciso della “cancelliera delle crisi”, come è ormai chiamata, ha rassicurato il paese. Ha promesso di tornare in agosto, una promessa a cui gli abitanti delle zone devastate hanno creduto immediatamente. A favore della sua credibilità giocano sicuramente gli anni in cui la cancelliera ha gestito alcuni dei momenti più difficili per il paese: dalle crisi finanziarie all’estate delle migrazioni lungo la rotta balcanica, per chiudere con la pandemia.
In queste ultimissime settimane del suo governo Merkel stessa sembra essere diventata meno rigida e decisa a togliersi più di qualche sassolino dalle scarpe. Anche in questo caso, la prova arriva dalle immagini. Come quella in cui durante una visita in un paese spazzato via dall’acqua, pragmaticamente, non ha esitato a prendere per mano la governatrice del Rheinland Pfalz, Malu Dreyer, per sostenerla nella fatica che le procurava la sua sclerosi multipla.
Più tardi, in conferenza stampa, ha rimbrottato una cronista di Bild che non stava ascoltando la governatrice. Nell’ultima conferenza stampa con i giornalisti berlinesi, invece, ha risposto con ironia a un cronista che ipotizzava una serie di fratture con diversi colleghi di partito e di coalizione, chiedendogli se «a lui rimanesse almeno qualcosa di integro». Nulla che faccia sbellicare, ma un sorriso bonario accompagna l’eredità di Merkel, che è fatta anche di risultati sostanziosi.
L’ultimo di questi è il via libera degli Stati Uniti alla costruzione di Nord Stream 2 in cambio di un flebile ombrello protettivo tedesco per l’Ucraina nei confronti della Russia. Il doppio accordo sul gasdotto è in discussione da anni, il raggiungimento dell’intesa è un successo di Merkel e della sua caparbietà. Non solo Berlino incasserà il gas russo senza compromettere i rapporti con Washington ma, archiviate le frizioni del passato, la Germania torna in cima alla lista degli interlocutori europei della Casa Bianca.
Per quanto cerchi di restare estranea alla sfida in corso, la lunga ombra della cancelliera si stende sulle ultime settimane di campagna elettorale. I candidati dovranno smarcarsi sui contenuti, una necessità anche per Laschet che, pur puntando sulla continuità, strizza l’occhio all’ala più conservatrice del suo partito e a tutti gli elettori in dubbio tra Cdu e Afd.
Resta però paradossale che a questo punto possa sia il grande svantaggiato della corsa, oltretutto socialdemocratico, il candidato che ha trascorso più tempo al fianco di Merkel assorbendone, implicitamente, una parte dello stile, poco empatico forse, ma sicuramente pragmatico e affidabile.
Dove il futuro è incerto, la continuità è certezza, e questo l’esperto Scholz lo sa bene, così come è ben consapevole del fatto che questa tornata elettorale è la prima in sedici anni in cui la Spd ha l’occasione di mandare i cristianodemocratici all’opposizione e di approfittare dell’ondata di consensi che raccoglieranno i Verdi.
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