Per affrontare la crisi abitativa diffusa in molti paesi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha promesso un piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili. Per questo, per la prima volta, l’Ue ha un commissario per il diritto all’abitare, il socialdemocratico Dan Jørgensen, il cui lavoro coinvolgerà anche i fondi strutturali della politica di coesione, dal Fondo europeo di sviluppo regionale al Fondo sociale europeo.

Secondo Eurostat, del resto, dal 2010 a oggi i prezzi delle case sono cresciuti in media del 52 per cento e gli affitti del 25 per cento. Unica eccezione è rappresentata dall’Italia, che registra una diminuzione del 5 per cento (mentre gli affitti non sono diminuiti). La Federazione europea delle organizzazioni nazionali che lavorano con i senzatetto (Feantsa) ha invece stimato che almeno 700mila persone senza fissa dimora dormano per strada o in alloggi di emergenza. Con un aumento del 70 per cento rispetto al 2010.

Con quali fondi

Tra i fondi di coesione, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo+ supportano l’accesso all’edilizia sociale e i servizi correlati, inclusa la costruzione e la ristrutturazione di abitazioni a prezzi accessibili, migliorandone l’efficienza energetica. Nell’ambito del Fesr, le misure sono sostenute all’interno del Programma nazionale inclusione e riduzione della povertà e del Programma nazionale Metro+ e città medie del Sud. In totale, in Italia i programmi legati al Fesr stanziano oltre 314 milioni per l’edilizia sociale.

L’Fse contribuisce all’assistenza abitativa con programmi e servizi pensati anche per le persone senza fissa dimora, in linea con l’approccio housing first, un modello innovativo basato sull’inserimento dei senzatetto in singoli appartamenti. Ciò rappresenta il punto di partenza di percorsi di integrazione sociale, affiancandosi a interventi di accompagnamento e supporto alla persona. In Italia la Fio.Psd (Federazione italiana degli organismi per le persone senza fissa dimora) sta svolgendo un ruolo chiave nell’attuazione dell’housing first.

Per turismo no

Il piano progettato da Jørgensen dovrebbe prevedere «enormi investimenti per proteggere i tre quinti inferiori della società dai costi record degli alloggi» e mettere mano alle norme europee sugli aiuti di stato per «ridurre le barriere e consentire gli investimenti nell’edilizia abitativa». Mettendo anche nero su bianco che «i fondi di investimento dell’Ue possono essere utilizzati solo per alloggi a prezzi accessibili, non per affitti turistici».

Parole che servono ad assicurarsi che i fondi non vadano a finire a realtà come Airbnb (e ai loro clienti), che sono responsabili di alcune distorsioni del mercato immobiliare. Il servizio di prenotazione online, infatti, contribuisce all’aumento dei prezzi degli immobili in molte città europee, da Parigi a Barcellona: la proliferazione di case vuote da affittare ai turisti riduce il numero di quelle disponibili per i residenti e, a domanda crescente, la diminuzione dell’offerta di alloggi non turistici comporta un aumento dei prezzi.

A rischio speculazione

La Commissione è quindi stretta tra l’esigenza di proteggere i fondi dalle mire predatorie di alcuni privati – «Gli alloggi sociali in affitto devono essere gestiti dalle autorità pubbliche, non dai fondi di investimento», ha detto Jørgensen nella sua audizione di conferma – e la necessità di un approccio inclusivo che coinvolga i portatori di interessi, dato che «la maggior parte degli investimenti dovrà essere privata». L’idea è di appoggiarsi alla Banca europea per gli investimenti (Bei) e implementare una piattaforma di investimenti paneuropea.

Inoltre, l’esecutivo Ue proporrà di consentire agli stati membri di raddoppiare gli investimenti previsti dalle politiche di coesione per gli alloggi a prezzi accessibili. «Gli investimenti potrebbero interessare la ristrutturazione del parco immobiliare, il miglioramento dell’efficienza energetica e il sostegno a nuovi sviluppi adattati alle esigenze regionali», ha detto Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo per la coesione e le riforme. «Abbiamo poco più di 7 miliardi di euro già assegnati, l’obiettivo è raddoppiare queste risorse».

Il piano sarà importante anche per gli obiettivi del Green deal 2.0, considerando che gli edifici sono un elemento chiave per migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni. «Le ristrutturazioni riducono il consumo di energia e possono affrontare le cause della povertà energetica, con il 10 per cento degli europei che lo scorso anno non ha potuto riscaldare casa», ha ricordato Fitto. Per non rendere tutto inutile, però, bisognerà garantire che gli inquilini – a riqualificazioni ultimate – non siano vittime di sfratti o di aumenti dei canoni d’affitto.

Il modello Messina

Un esempio di come i fondi di coesione possono supportare condizioni abitative degne arriva da Messina, dalla baraccopoli nata dopo il terremoto del 1908 e diventata luogo di vita stabile per centinaia di persone, in un contesto di degrado estremo. Qui è stata realizzata la strategia territoriale Capacity, che ha permesso l’uscita dal “ghetto” di oltre 200 persone grazie a investimenti privati e a fondi pubblici, tra cui quelli del Pon Metro 2014-2020. Una trentina di famiglie hanno optato per l’assegnazione di una casa popolare, ma quaranta hanno ottenuto un’abitazione di proprietà.

Ciò è stato possibile tramite il “capitale di capacitazione”, che include un sostegno per chi accede a forme di welfare sussidiario per l’acquisto di una casa. L’abitazione è inalienabile fino all’estinzione del mutuo e se il beneficiario viene condannato per reati di mafia la proprietà passa al comune: un meccanismo che stimola la responsabilizzazione e il senso di appartenenza alla comunità, forse il fine più alto delle politiche di coesione. In questo caso i fondi strutturali sembrano davvero “avvicinare gli europei” riducendo i divari, anziché limitarsi a interventi tampone.

Un circolo virtuoso

Il passaggio nelle nuove case si è poi legato all’apertura di percorsi di lavoro stabili e alla rigenerazione delle aree liberate dalle baracche e destinate a funzioni pubbliche, tra cui una biblioteca e un orto. Secondo una valutazione di impatto del 2017, con il trasferimento delle persone in varie zone della città si sono impediti i tipici meccanismi di stigmatizzazione associati agli sgomberi e la riproduzione di quartieri ghetto. Inoltre si è evitata la costruzione di nuovi palazzoni, limitando il consumo di suolo.

La strategia Capacity, quindi, è riuscita a proteggere i fondi dalle intenzioni speculative di alcuni. A ciò va aggiunto che metà dei nuclei in precedenza considerati “non bancabili” hanno avuto accesso al mercato creditizio, con microcrediti erogati dalla Mecc (Microcredito per l’economia civile e di comunione) che hanno ridotto il ricorso all’usura. Le famiglie che hanno comprato casa hanno poi aumentato il capitale da trasferire a figli e nipoti, impedendo che le disuguaglianze si cristallizzino e passino da una generazione all’altra.


Questo contenuto giornalistico fa parte del progetto “#CoesioneItalia. L’Europa vicina”, che è finanziato dall’Unione europea. I punti di vista e le opinioni espresse sono tuttavia esclusivamente quelli dell’autore e non riflettono necessariamente quelli dell’Ue. Né l’Ue né l’autorità che eroga il finanziamento possono essere ritenute responsabili per tali opinioni.

© Riproduzione riservata