- «Abbiamo chiesto agli elettori di Mélenchon chi voteranno al ballottaggio». Mathieu Gallard è direttore di ricerca all’istituto di sondaggi Ipsos France, e ha in mano dati molto ambìti in queste ore. Il 22 per cento incassato al primo turno da Mélenchon, che convoglia sia la mobilitazione giovanile che il «voto utile» del campo progressista, appare ora come un tesoretto di voti agli occhi di Macron e Le Pen.
- A chi andranno quei voti? Gallard ci dà i dati. E poi ci sono anche le storie, e i sentimenti: il «désespoir» di una giovane che lotta per il clima, il senso di «sentirsi in trappola» di un’attivista per la sanità pubblica, raccontano la difficoltà di chi vuol frenare Le Pen ma non si riconosce nelle politiche neoliberiste di Macron.
- Cosa farà il presidente in carica per attrarre quei voti? Mentre Le Pen lancia esche all’elettorato di sinistra, Macron punterà soprattutto sul cordone sanitario. Ma è sempre più logoro e abusato.
«Abbiamo chiesto agli elettori di Jean-Luc Mélenchon, dopo i risultati del primo turno, chi voteranno al ballottaggio. Il 34 per cento è orientato su Emmanuel Macron, il 30 su Marine Le Pen, e il 36 non lo sa ancora, o si asterrà. Ma nei giorni che ci separano dal 24 aprile, questi numeri possono cambiare». Mathieu Gallard è direttore di ricerca all’istituto di sondaggi Ipsos France, e ha in mano dati molto ambìti in queste ore, dopo il primo turno delle elezioni presidenziali francesi. La sinistra ecologista di Jean-Luc Mélenchon è fuori dal ballottaggio per un soffio: dopo il presidente in carica, che al primo turno ha incassato quasi il 28 per cento di voti, e a distanza ravvicinata dalla leader del Rassemblement National con il suo 23 per cento, c’è lui, Mélenchon. Il suo 22 per cento, che convoglia sia la mobilitazione giovanile sia il «voto utile» del campo progressista, appare ora come un tesoretto di voti agli occhi di Macron e Le Pen. Le sorti di quei voti non sono chiare, e Gallard lo sa bene: nel 2017 Mélenchon è uscito dal primo turno con quasi il venti per cento di voti, e «all’epoca abbiamo fatto la stessa domanda ai suoi elettori. La maggior parte riteneva indigeribile Le Pen. Un venti per cento disse che l’avrebbe scelta, al ballottaggio, ma poi oltre la metà al momento del voto non lo ha fatto».
In trappola
Al primo turno Mélenchon è il candidato che è riuscito a entusiasmare di più i giovani e a catalizzare il loro voto. Tra i 18 e i 34 anni, uno su tre ha scelto lui. «I giovani in Francia tendono a votare meno rispetto agli anziani, e il leader della France insoumise è riuscito ad avere un ottimo risultato in questa fascia d’età perché ha fatto sue le loro preoccupazioni sul clima, su temi come il femminismo e i diritti lgbt», dice Gallard di Ipsos. Queste energie hanno trovato rappresentanza politica al primo turno, ma al secondo non hanno un’alternativa in cui riconoscersi. «È un momento molto difficile per noi», dice Pauline, che è impegnata per la sanità pubblica. Tutta la famiglia Londeix si sente «come in trappola: mia madre, insegnante in pensione, voterà Macron, ma con il cuore distrutto».
La «trappola» sta nell’indigeribilità di un voto per Le Pen, ma anche nella convinzione che «l’attuale presidente ha distrutto i servizi pubblici, ha fatto crescere l’estrema destra, ha umiliato gli elettori di sinistra, e dobbiamo di nuovo votarlo per evitare il peggio». I sentimenti che Pauline Londeix riporta sono simili a quelli di Leia Meimoun, che ha 18 anni ed è un’attivista per il clima. «Ma sono impegnata in generale per tutte le lotte di giustizia sociale, antirazziste e femministe. Nell’ultimo mese ho dato una mano alla France Insoumise per la campagna. Ora dovrò votare Macron per fermare Le Pen e il suo retroterra di neonazisti e negazionisti». Ma non sarà l’attuale presidente, dice Leia, «ad ascoltare le nostre istanze, né sul clima né sul resto: la sua impostazione neoliberista non glielo consente».
La scelta
In università di Parigi come Paris 8 «ci sono campus occupati: vogliamo far sentire le nostre rivendicazioni, la collera di noi giovani. La verità è che affrontiamo il doppio turno con un senso di désespoir», dice Meimoun. Questo senso di afflizione, di mancanza di alternativa, Mélenchon deve averlo messo in conto. A urne chiuse, sfumato il ballottaggio, ha invitato a continuare la lotta e ha aggiunto: «Conosco la vostra collera, miei compatrioti. Sappiate che non vi abbandoniamo: non commettete errori irreparabili, non perdiamo fiducia nella democrazia! A Le Pen non dovete dare neppure un voto!». Non si tratta di un’indicazione per votare Macron, ipotesi incongruente con profilo e programma di Mélenchon. Lascia aperta la scelta individuale dell’astensione o del voto nullo, con una preghiera a non cedere alla destra estrema.
Strategie di seduzione
Marine Le Pen prova in ogni caso a sedurre gli elettori di Mélenchon. Macron costruisce il suo fronte repubblicano contro di lei, Le Pen tenta un «fronte anti Macron» puntando ai delusi e agli esclusi. «Mi rivolgo alla destra e alla sinistra», ammiccava Le Pen già domenica sera: «Il mio è un progetto di giustizia sociale». Lunedì il suo portavoce, Sébastien Chenu, ha continuato l’opera: «Agli elettori di Mélenchon dico, siate davvero insoumis, indomiti: non salvate Macron, i suoi piani sulle pensioni e per abbattere i servizi pubblici».
Identikit dell’elettore
Chi cerca di portare a sé, Le Pen? «L’elettorato di Mélenchon può essere diviso in due tipologie», spiega Gallard di Ipsos. «Il primo è più politicizzato, di sinistra, istruito, vive in città». Al secondo turno, questa tipologia «voterà per Macron o si asterrà». L’altro tipo «ricorda gli elettori dei Cinque stelle delle origini: ha un sentimento antipolitico e oltre all’astensione potrebbe considerare un voto per Le Pen». Mentre i voti per Macron sono arrivati da pensionati, quadri dirigenti e categorie di reddito privilegiate, le classi popolari hanno preferito Le Pen e Mélenchon; quest’ultimo raccoglie i migliori risultati sia tra le fasce di reddito basse che più alte. Il suo elettore tipo ha un buon livello di istruzione. Nel 2017, tra chi è passato da Mélenchon a Macron al secondo turno, il 70 per cento lo ha fatto per bloccare l’estrema destra.
Il cordone di Macron
Dopo il primo turno, Macron a parole apre a tutto il campo repubblicano. I voti di Mélenchon fanno comodo anche a lui, ma è improbabile che decida di attrarli virando le sue politiche a sinistra. Anche se questo lunedì si è detto disponibile a discutere «sui tempi» della riforma delle pensioni, da tempo lavora a destra, verso Sarkozy e Pécresse. E poi, «per virare a sinistra dovrebbe fare annunci sociali importanti, anche su potere d’acquisto e clima. Ma è troppo neoliberista per cercare compromessi su questo», dice Boris Plazzi del sindacato Cgt. Alla stessa conclusione arriva Gallard: «Macron è visto come centrodestra ed è complicato per lui andare a sinistra. Non significa che non abbia bisogno di mobilitare quell’elettorato. Lo farà in un altro modo: riattivando la paura dell’estrema destra». La strategia è ancora buona, ma il cordone sanitario è sempre più abusato e logoro: «Nel 2002 funzionò molto bene, Chirac prese l’82 per cento. Nel 2017, Macron ha preso il 66. Pare che stavolta prenda il 54». Funziona ancora, ma per quanto?
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