- Nel 2015, quando Emmanuel Macron era il ministro dell’Economia di François Hollande, un gruppo di giovani entusiasti ha creato un movimento autonomo e precursore: i Jam, i giovani con Macron.
- Europeisti convinti e lontani dai concetti tradizionali della destra e della sinistra, molti giovani all’epoca hanno aderito al movimento e cominciato a militare per il futuro presidente. Dopo il primo mandato, l’entusiasmo è ora scemato.
- Anthony Paul, che era coordinatore dei Jam, si è pure dimesso. I giovani, preoccupati dal cambiamento climatico, non si sentono più coinvolti dal progetto politico del presidente, arrivato ormai a maturità. Viaggio nella galassia (stanca e delusa) dei giovani macroniani.
«Quando Macron è arrivato al governo ho apprezzato la sua personalità politica: era giovane e fresco nella sua visione del mondo», dice Anthony Paul, classe 1996.
Anthony è stato, fino a dicembre 2021, il coordinatore dei Jeunes avec Macron (Jam), il movimento dei giovani per Macron, nel dipartimento del Val-de-Marne, a sud-est della capitale.
Il dimissionario
In prima linea durante le campagne elettorali delle comunali nel 2020 e delle regionali nel 2021, Anthony decide di smettere dopo quasi due anni di «impegno folle ma faticoso».
A volte nessuno è pronto a mobilitarsi, a distribuire volantini la domenica mattina: «Quando si è a capo del movimento, metterci tutta l’energia senza ottenere necessariamente l'impatto desiderato è stancante», dice il giovane.
Studente di scienze politiche, Anthony cresce in una famiglia di destra, senza però sentirsi parte di quell’ambiente: «I giovani militanti di destra sono un po’ lo stereotipo dei rampolli dei ricchi».
Si sente europeista e progressista, e il suo impegno politico coincide con l’ascesa di Macron, all’epoca ministro dell’Economia: «La scintilla è stata la “Loi Macron” e la liberalizzazione degli autobus a lunga percorrenza: da studente, la misura ha avuto un impatto concreto nella mia vita».
La Loi Macron, ovvero la legge per la crescita, l’attività e l’uguaglianza delle opportunità economiche, viene promulgata dal parlamento il 6 agosto 2015 e apre al mercato e alla concorrenza interi settori dell’economia francese. Il testo crea un entusiasmo inedito, soprattutto nell’ala moderata dei giovani socialisti. Quattro di loro, Sacha Houlié, Pierre Person, Florian Humez e Jean Gaborit, creano un fan club di Macron: i Jam.
I giovani con Macron
Inglobati nella galassia di En Marche – diventato nel frattempo Renaissance – solo nel 2018, i Jam vantano oggi 31mila membri, «il primo movimento politico giovanile di Francia!», si legge sul sito ufficiale.
Nel quartier generale di rue du Rocher, nel cuore dell’ottavo arrondissement, i Jam occupano un intero piano, hanno un proprio budget, degli impiegati a tempo pieno e quattro deputati che siedono in parlamento.
Una prova della gratitudine del presidente verso quei giovani che gli hanno spianato la strada. «Abbiamo da sempre un ruolo di precursori. Per essere un movimento di giovani siamo ascoltati», dice Maxime Hérault, 25 anni, coordinatore nazionale della comunicazione dei Jam. Proveniente dalla sinistra, il giovane lavora nella squadra della ministra dell’insegnamento superiore, Sylvie Retailleau.
Tra il ministero e la Sorbona, nella saletta di un bar, Maxime elenca a bassa voce tutte le proposte dei Jam adottate dalla maggioranza: «I pasti a un euro nelle mense universitarie durante la pandemia, gli assorbenti gratuiti nelle università, il “pass’sport”, un aiuto da 50 euro da utilizzare per iscriversi a un’attività sportiva…».
Il governo di Jean Castex ha stanziato addirittura 6,5 miliardi di euro per facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, il programma «un giovane, una soluzione». Ma, come ammette lo stesso Macron in un’intervista a France 2, non basta: «È dura avere vent’anni nel 2020».
Gli orfani della République
Due anni dopo, il clima è cambiato. «L’effetto Macron», capace di attrarre giovani come Anthony e Maxime in politica è scemato. Tra il primo e il secondo turno delle presidenziali 2022, circa 500 studenti e liceali hanno occupato per 30 ore la Sorbona, sbarrando gli ingressi con sedie e cassonetti della spazzatura.
Nell’aula magna non riecheggiava più il celebre discorso sul futuro dell’Unione europea, pronunciato da Macron nel 2017, bensì uno slogan, scandito dagli studenti asserragliati: «Né con Macron l’ultraliberale, né con Le Pen la fascista».
L’Europa non è bastata a scaldare gli animi. I giovani si sono sentiti ai margini del programma del presidente: «Nella maggioranza si lavora troppo sulle crisi internazionali, mentre noi militanti ci ritroviamo di fronte a delle persone normali, dei giovani imprenditori, degli studenti», dice Anthony, prima di proseguire: «Alle presidenziali si vota per o contro il presidente». O non si vota.
I più giovani, infatti, hanno disertato le urne. Alle elezioni legislative di giugno 2022 è andata ancora peggio: il 75 per cento degli under 24 si è astenuto.
Una delle ragioni è il bilancio negativo sulle questioni ambientali. Nei sondaggi, l’ecologia e la lotta alle disuguaglianze arrivano regolarmente in cima alla lista delle preoccupazioni dei giovani.
Secondo Maxime, nonostante Macron «abbia mantenuto le sue promesse sull’ambiente, i giovani hanno preferito ascoltare Mélenchon, protagonista di un’ottima campagna elettorale, focalizzata su alcuni temi forti, come l’ecologia». A nulla è servito l’appello lanciato dal presidente a Marsiglia, durante la campagna elettorale: «Il prossimo mandato sarà ecologico o non sarà».
L’ecologia o niente
In realtà, «i fan di Macron sosterranno che nessun presidente si è occupato dell’ambiente quanto lui» dice Léa Falco, nata nel 1998 e astro nascente di una militanza diversa da quella dei giovani barricati nella Sorbona. «Ed è vero! Ma non serve paragonarsi al passato e limitarsi a fare meglio degli altri, bisogna fare meglio in assoluto».
Laureata in sviluppo internazionale a Sciences Po, Léa fa parte del collettivo Pour un réveil écologique, dove convergono studenti dalle scuole che formano le élites del paese: HEC, Sciences Po, AgroparisTech, Ecole Polytechnique... Nell’ultimo anno, durante le cerimonie di consegna dei diplomi di laurea, molti studenti si sono espressi pubblicamente contro la logica del profitto del sistema attuale. L’idea è di «ricattare le grandi aziende, mettendole sotto pressione », spiega Léa.
«Sulla carta abbiamo una laurea prestigiosa, le imprese ci vogliono. Questo ci permette di scegliere un’azienda in linea con le nostre convinzioni ecologiche». Un modo per ridare visibilità alle rivendicazioni delle marce per il clima e farle arrivare negli uffici delle imprese e sui banchi dell’Assemblea nazionale.
A giugno 2022, il collettivo organizza, insieme a 35 scienziati dell’Ipcc – il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico – un atelier di mezz’ora fuori dal parlamento, per formare i deputati sulle questioni climatiche. Per ritrovare la spinta dei giovani, la maggioranza dovrà puntare di più sull’ecologia.
«Ecologia e Europa sono legate, è lì che si gioca il futuro », sostiene anche Maxime, ma basterà?
Anthony, ormai dimessosi dai Jam, è cauto. Renaissance è diventato un partito maturo, tra i tre più ricchi di Francia, ma nel 2027 Macron non potrà ricandidarsi. Un problema per «un movimento che funziona per sostenere una sola e unica persona. C’è un’ideologia che è portata da Macron stesso: il principale obiettivo è farlo eleggere». Ora che le elezioni sono passate e l’obiettivo raggiunto, molti sostenitori se ne vanno.
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