- Quel che si muove all’Europarlamento in vista del midterm è un segnale di ciò che si sviluppa a Roma, e viceversa. Con l’ingresso dei 5 Stelle nel gruppo socialdemocratico si completerà la parabola da forza antisistema a componente di governo, in coalizione col centrosinistra. «Una scelta di campo anche in Italia», dice Benifei, capodelegazione Pd.
- Il gruppo liberale oltre a Renzi vede arrivare Calenda. Sia in Italia che in Europa, questo è il centro che vuol fare da ago della bilancia. «Un approccio pragmatico», sintetizza il liberale Torvalds.
- Mutazioni in corso anche a destra, dove Salvini, sovranista di governo, sta per volare a Varsavia.
La scacchiera europea è in subbuglio per l’Italia, e l’occasione è il midterm di gennaio. Il midterm è il cambio al vertice che si tiene a metà legislatura all’Europarlamento: gli eurodeputati scelgono il loro presidente, i vice, la guida delle varie commissioni. Ogni gruppo pensa a un candidato di bandiera, ma a fare la differenza sarà la capacità di convergenza: il centrosinistra lavora a un ampio consenso per un’altra presidenza di David Sassoli, mentre la maltese Roberta Metsola dei popolari attira qualche simpatia più a destra.
I 5 stelle socialdemocratici
I 14 eurodeputati pentastellati che un tempo hanno dato la fiducia a Ursula von der Leyen sono diventati otto: quattro sono andati nei Verdi, una nel Ppe, un altro in Renew. Quel che resta è nel gruppo dei non iscritti, quindi non ha cariche nelle commissioni, non può fare da relatore, né presentare emendamenti in plenaria. Perciò già dall’inizio della legislatura il M5s ha scelto di accodarsi: oltre il 90 per cento dell’attività in aula è in sintonia con il gruppo socialdemocratico. L’alta fedeltà a S&D non è cosa dell’ultimo minuto. L’entrata ufficiale nel gruppo – ma non nel partito, socialista europeo – va solo formalizzata. A quel punto la delegazione italiana di S&D (che al momento conta 17 eletti del Pd) ottiene più peso, e così una ulteriore presidenza Sassoli. Confermare la vicepresidenza a un italiano, Fabio Massimo Castaldo, diventa così più improbabile, ma i Cinque stelle possono puntare a una presidenza (e qualche vice) di commissione. Raggiunge il culmine un processo di normalizzazione da forza euroscettica e antisistema a componente di governo in coalizione col centrosinistra. «L’ingresso nel gruppo, quando sarà formalizzato, segnerà una decisione politica di campo ben precisa che vale in Europa ma viene assunta anche in Italia», spiega il capodelegazione del Pd all’Europarlamento, Brando Benifei.
Il centro decide
Il primo a puntare sulla mutazione dei grillini fu a dire il vero un liberale, Guy Verhofstadt. Ma all’epoca – era il 2017 – un pezzo importante del suo gruppo gli ha impedito di concludere l’accordo. In prima fila tra i contrari c’era Nils Torvalds, che ora dice: «I Cinque stelle di oggi, qui all’Europarlamento, sono ormai accettabili, e oggi non avrei detto no al loro ingresso». Le interlocuzioni sono state solo informali, ma non sono andate in porto per due motivi: i grillini erano già orientati su S&D, e gli altri membri italiani di Renew non avrebbero mai accettato. Non che fossero tanti: per Italia viva c’è l’eurodeputato Nicola Danti; uomo di Renzi in Europa è pure Sandro Gozi, seppur eletto nelle liste francesi. Ma ora anche Carlo Calenda, eletto nelle liste del Pd (dunque S&D) per poi staccarsi con Azione, slitta nel gruppo liberale; e dice di farlo proprio per stare alla larga dai Cinque stelle. Come vedono questo spostamento nella Ue? «Anche in Italia avrete le elezioni, e si sta definendo un certo campo politico», dice il finlandese Torvalds. Gozi infatti predica un nuovo spazio politico pure in Italia, e dà appuntamento sabato a Roma. Come si muoverà il gruppo in vista del midterm? Ha da poco acquisito anche il centro polacco di Szymon Holownia. Renew è il terzo gruppo dopo popolari e socialisti: punta a fare l’ago della bilancia. O per dirla con Torvalds, «Siamo aperti a differenti opzioni. Abbiamo un approccio pragmatico».
Il sovranismo di governo
Mutazioni in corso anche a destra. Fratelli d’Italia e Lega partono in Ue da situazioni opposte rispetto a Roma: mentre Meloni, all’opposizione, è presidente dei conservatori europei (Ecr), Salvini, che con Draghi governa, a Strasburgo è ancora nel gruppo sovranista (Id), il più estremista. La delegazione leghista è quella italiana con più eletti in Ue: alle europee la Lega ha superato il 34 per cento. Ma Vincenzo Sofo, compagno di Marion Maréchal, da quando Salvini è al governo si è trasferito in FdI; altri due eurodeputati sono andati nei popolari con Berlusconi... Da 29, ora i leghisti sono 24. L’ala più governista del Carroccio, Giancarlo Giorgetti in testa, virerebbe volentieri verso il Ppe, con un doppio vantaggio: per la Lega, uscire dal cordone sanitario che la lascia a ora senza ruoli neppure nelle commissioni, e avere la benedizione dell’establishment Ue; per il Ppe, indebolito dalla débacle della Cdu e senza appoggi a Roma se non Forza Italia, ingrossare le file. Ma Salvini, pur disposto a scrollarsi di dosso gli estremisti tedeschi di Afd, non rinuncia a far intendere che una nuova formazione a destra è imminente, flirta con l’ungherese Fidesz e i polacchi di Pis. Il cui leader, Jaroslaw Kaczynski, «ha invitato Salvini a Varsavia il 3 e 4 dicembre per discutere di nuovi equilibri a Bruxelles», fa sapere la Lega. Al momento il Pis è nei conservatori. I co-presidenti, Raffaele Fitto di FdI e Ryszard Legutko di Pis, si ritrovano a dover dissipare l’ipotesi che Ecr possa dissolversi: «Confermiamo la volontà di mantenere unito e rinforzare il gruppo nella seconda metà del mandato».
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