La guida dei socialisti resta agli spagnoli con Iratxe García Pérez, ma la segretaria Pd conta sul «credito» accumulato con Sánchez e Scholz. Intanto punta su Laureti, Zingaretti e Bonaccini. Più a sinistra, sviluppi cruciali per The Left e per Wagenknecht
Nel vortice di nomine europee ed elezioni francesi, la sinistra sceglie i tempi lunghi. Vale anzitutto per la famiglia socialista europea: anche se il Pd è diventato la delegazione più corposa, questo martedì Iratxe García Pérez ha potuto essere riconfermata capogruppo. Non ci sarà un ricambio visibile alla guida del gruppo prima di due anni e mezzo.
Più a sinistra, nel gruppo di The Left, i tempi lunghi sono quelli per l’assetto del gruppo stesso, tra divergenze interne e concorrenze esterne: Fabio De Masi, l’uomo di Sahra Wagenknecht nell’Europarlamento, sta ancora tentando di battezzare un gruppo rossobruno. E se nel giro di una settimana ci saranno i numeri sufficienti, includerà gli eurodeputati dei 5 Stelle di Giuseppe Conte.
Se non vuole perdere pezzi, il gruppo della sinistra europea deve al più presto trovare una sintesi tra le posizioni dei nordici e chi specialmente sulla guerra in Ucraina è sensibile alla sirena di Wagenknecht. Questo martedì si è svolto un bureau proprio per tentare una ricomposizione.
Schlein e García Pérez
«Confermando l’appoggio del Pd a Iratxe García Pérez, Elly Schlein ha fatto una scelta di politica pura», dice a Domani Nicola Zingaretti, che secondo diverse fonti dem a Bruxelles sarà verosimilmente il capodelegazione del Pd all’Europarlamento. Qui Zingaretti era già stato nel 2004: «Erano i tempi della lista Uniti nell’ulivo e all’epoca io ero il primo capodelegazione che riuniva Ds e Margherita. Il Parlamento Ue sarà interessante come luogo di protagonismo: dovremo incarnare la forza più innovatrice d’Europa».
Perché non farlo sùbito e in modo visibile, facendo valere il peso numerico del Pd? Nei corridoi brussellesi è questa la domanda ricorrente tra gli osservatori, molti dei quali si sarebbero aspettati un cambio di passo rispetto a quello di García Pérez, la fedelissima di Pedro Sánchez che ora fa valere la sua riconferma come «un segno che finora si è fatto bene». La scorsa settimana la segretaria dem è venuta a Bruxelles a negoziare ma bisognerà aspettare almeno due anni e mezzo per vedere un nome italiano al vertice: la congiuntura favorevole sarebbe che García Pérez prendesse la guida dell’Europarlamento alle elezioni di metà mandato, lasciando la direzione del gruppo al Pd.
Tempi lunghi, appunto. Zingaretti spiega la scelta di Schlein così: «Una scelta intelligente perché Elly che rappresenta la forza più in ascesa aiuta la famiglia socialista e così acquista un credito», anzitutto con il cancelliere tedesco e il premier socialista, che avevano trovato un’intesa sulla capogruppo spagnola.
I nomi del Pd
Altre fonti dem fuori microfono spiegano che per la segretaria del Pd era cruciale non incrinare l’asse con Sánchez, col quale c’è una visione affine su temi come il Medio Oriente o la spesa pubblica, a differenza della delegazione tedesca che su Gaza e sul debito ha posizioni lontane dall’asse meridionale.
Intanto Schlein conta sull’elezione – che si tiene questo mercoledì – di Camilla Laureti come vicepresidente del gruppo. Agli italiani dovrebbero spettare una o due presidenze di commissione di rilievo (la variabile dipende da quante ne incasseranno i socialisti in generale) e queste nomine serviranno anche a pacificare tutte le anime del partito, visto che qualche nube potrebbe addensarsi ad esempio sulla competizione interna per la vicepresidenza dell’Europarlamento. Al momento Stefano Bonaccini è il più quotato, ma Pina Picierno che ha avuto questo ruolo nello scorso mandato mira a rinnovarlo.
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