Tra contraddizioni interne e afasia su Gaza, l’Ue perde l’ennesima occasione di influire. Non è «né superpotenza, né potenza regionale», come dice Borrell in un incontro con gli ambasciatori che per l’Ue somiglia a una seduta di autocoscienza
Davanti agli ambasciatori Ue, Josep Borrell ha definito il conflitto in corso in Medio Oriente come «l’esito di un fallimento politico e morale, del quale sono i popoli a pagare le conseguenze». E se è vero che questo fallimento «politico e morale» non è attribuibile solo all’Europa, come è ovvio, è altrettanto chiaro che un’Unione europea in perenne crisi di identità non può risultare incisiva nel dossier Israele-Gaza.
L’incontro con gli ambasciatori, che si è tenuto questo lunedì, è apparso più illuminante di una seduta di autocoscienza, tra Ursula von der Leyen che com’è sua abitudine va da sola, Charles Michel che evoca conferenze di pace sulle quali ben pochi governi europei mettono il loro peso politico, e Josep Borrell che parla di un’Ue «né superpotenza, né potenza regionale».
Nel frattempo è passato un mese dagli attacchi di Hamas contro Israele: alle vittime e agli ostaggi israeliani si sono sommate migliaia e migliaia di vittime civili palestinesi, tra le quali una percentuale impressionante di bambini e donne. Eppure l’Unione europea resta immobile, poco più in là di dove l’avevamo lasciata.
L’afasia europea
Mentre l’Unione europea va all’unisono nel condannare gli attacchi di Hamas e rivendicare il diritto di Israele di difendersi nel rispetto del diritto internazionale, quando poi si tratta di stigmatizzare la strage di civili in corso a Gaza si registra un’afasia dell’Ue, i cui vertici lambiscono la questione senza però dichiarare apertamente il carattere sproporzionato della reazione di Israele, e senza stigmatizzare in modo chiaro le scelte del governo Netanyahu.
La presidente della Commissione europea legge la questione dei «bambinetti estratti dalle macerie» sotto la lente unidimensionale di «Hamas che usa palestinesi e ostaggi come scudi umani», e si limita a suggerire a Israele che «è essenziale evitare vittime civili». Anche nelle conclusioni del Consiglio europeo di fine ottobre si contempla il dramma umanitario senza però esplicitare le responsabilità del governo israeliano nell’assedio e nel massacro di civili.
Charles Michel, che del Consiglio è il presidente, il 4 novembre ha interloquito con Benjamin Netanyahu, dopodiché riaffermando «la sentita solidarietà verso Israele per gli attacchi di Hamas» e invocando «la liberazione degli ostaggi», ha dimenticato di inserire nella sua dichiarazione anche lo stop all’uccisione di civili, donne e bambini, a Gaza; ha solo «ricordato l’appello a garantire gli aiuti vitali ai civili» e la necessità di «mantenere la stabilità in Cisgiordania».
Una risposta politica
Sul ruolo di Israele in Cisgiordania è più esplicito Borrell, che nel suo intervento di questo lunedì ha stigmatizzato la crescente «colonizzazione e impunità», con una «brutalità che si è accresciuta dopo il 7 ottobre».
L’alto rappresentante è tra coloro che sin dall’inizio spingono per «una soluzione politica» e per «la prospettiva dei due stati», orizzonte che ora anche von der Leyen – la presidente Ue nota per i suoi posizionamenti filo Usa – ricorda di citare. La guida della Commissione Ue ventila anche «una missione di pace internazionale sotto l’egida Onu, e un’autorità palestinese alla guida». Un’autorità palestinese come soluzione per Gaza: questo è lo scenario che Washington ha messo in circolo negli ultimi giorni. Von der Leyen potrà apparire coordinata su questo versante, ma continua a non coordinarsi con il resto delle istituzioni europee, come aveva già fatto schierandosi incondizionatamente con Israele e andando a incontrare Netanyahu. Quando si tratta di affari esteri, il primo riferimento dovrebbe essere Borrell, che fa da cinghia di trasmissione coi governi.
Cosa resta in concreto, degli zeli europei, misti ad afasie? Che von der Leyen inietta altri 25 milioni di euro per aiuti umanitari, e che Michel ricorda la prospettiva di una conferenza di pace, già auspicata nel Consiglio di fine ottobre su spinta del premier socialista spagnolo. Nel mezzo ci sarebbe un disastro da fermare. Ma su questo l’Ue – che come dice Borrell rischia di essere accusata di «doppi standard» – è ancora preda dei suoi smarrimenti.
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