Gennaio – Elezioni in Turingia

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In genere, le elezioni regionali hanno un impatto molto limitato sulla politica nazionale tedesca, questo perché essendo molto forte l’impianto federale, sono delle realtà che si incrociano in pochissime occasioni. Non è stato così a gennaio 2020, quando le elezioni in Turingia costarono il posto all’allora delfina di Angela Merkel Annegret Kramp-Karrenbauer. 

Ma facciamo un passo indietro: a fine 2019 dalle elezioni era uscita come prima forza la Linke, seguita a stretto giro dagli estremisti di destra di Afd e dal partito di Merkel Cdu. Impossibile creare una maggioranza, considerato che per la Cdu una maggioranza con l’estrema sinistra era impossibile. Dopo una serie di trattative, il primo presidente eletto fu Thomas Kemmerich, dei liberali, votato nel parlamento regionale oltre a Cdu e partito liberale anche da Afd. Uno scandalo, considerato che in tutta la Germania vige una sorta di patto per non coinvolgere Afd in alleanze di alcun tipo. Il neoeletto presidente non trovò una maggioranza che volesse collaborare con lui, e a inizio febbraio anche la presidente della Cdu Kramp-Karrenbauer dovette annunciare le proprie dimissioni e la rinuncia alla corsa per la cancelleria.

Febbraio – L’attacco a Hanau

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Il 19 febbraio nella cittadina di Hanau in Assia un quarantatreenne ha ucciso dieci persone lasciandone altre sei ferite. L’attentatore girava per la città e ha sparato a molte delle vittime per strada, raggiungendo poi un bar shisha, per poi uccidersi dopo aver colpito a morte anche la madre. Le vittime erano quasi tutte di origine straniera.

Durante le indagini gli inquirenti hanno individuato una movente razzista, giungendo alla conclusione che l’attentatore avrebbe agito sotto gli effetti di una schizofrenia paranoica e fosse anche vicino a un’«ideologia della destra radicale». A spingerlo verso l’azione sarebbero state una combinazione tra fantasie dovute alla malattia e fanatismo politico. Il gesto ha causato un grande dibattito sulla diffusione delle armi in Germania e sulla capacità dello stato di proteggere le minoranze.

Aprile-Maggio – I no mask

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La pandemia di Covid-19 ha portato a un lockdown totale anche in Germania. Ma già a maggio piccoli nuclei di oppositori alle norme per arginare la pandemia si riunivano in diverse città tedesche. Una di quelle che ha fatto più notizia è stata quella di Stoccarda, inizialmente vietata dall’amministrazione cittadina ma poi concessa in seguito a un ricorso alla Corte costituzionale. Un po’ alla volta si è imposta come principale associazione organizzatrice di questi eventi, compreso quello di agosto, quando a Berlino si sono radunate 30mila persone quella dei Queerdenker, i cospirazionisti che a loro volta si ispirano alle teorie di Qanon e agli antivax. Le proteste sono diventate sempre più numerose: a Lipsia hanno raccolto 45mila persone, altre 9mila hanno manifestato a Berlino contro l’Infektionsschutzgesetz, la legge quadro delle misure restrittive anti-Covid. In queste occasioni, ormai aggressioni a giornalisti e forze dell’ordine sono diventate la normalità. 

Luglio – Inizio della presidenza di turno tedesca

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Iniziata subito con un appuntamento-monstre, il dibattito per la conclusione del pacchetto di aiuti per la ripartenza post-pandemica abbinata allo scontro coi paesi frugali per stabilire che una gran parte degli aiuti venisse garantito attraverso finanziamenti a fondo perduto, la presidenza di turno della Germania del Consiglio europeo è partita subito in salita. Dopo diversi giorni di discussione, alla fine l’accordo è stato trovato, ma la presidenza, schiacciata sotto il macrotema del Covid-19, ha avuto ben poco tempo per occuparsi delle altre questioni in agenda: immigrazione, Turchia e Brexit (forse per quest’ultima è in vista per gli ultimi giorni dell’anno un compromesso in extremis). Ha pesato tantissimo anche il duello costante con il ricatto di Polonia e Ungheria, pronti a “prendere in ostaggio" i fondi del Recovery fund per non veder abbinati gli stanziamenti al rispetto dello Stato di diritto come voluto dal parlamento europeo. 

Settembre – Lo scandalo Wirecard

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A tenere incollati agli schermi gli appassionati di finanza in Germania a fine estate è arrivato il caso Wirecard. Già a giugno l’intermediario dei pagamenti aveva ammesso che per il 2019 non sarebbe riuscito a ottenere la certificazione dell’azienda di revisione EY per mancanza di riferimenti per liquidità per quasi 2 miliardi di euro. Successivamente l’azienda ha comunicato che il denaro, probabilmente, non esiste. L’amministratore delegato Michael Braun si dimise, fu arrestato e rimesso in libertà in cambio di una cauzione da 5 milioni di euro. Il direttore operativo Jan Marsalek, licenziato a fine giugno, è scomparso ed è ricercato con un mandato di cattura internazionale. Le indagini seguite alle prime indiscrezioni sollevate dal Financial Times hanno portato a ragionare in maniera critica sulle responsabilità del revisore EY, che valutava i conti di Wirecard da dieci anni, ma anche su quelle dell’autorità di settore tedesca, che forse era in parte consapevole di cosa stava succedendo e non è intervenuta per tempo. È stata appositamente istituita una commissione d’inchiesta. 

Novembre – La Germania cancella dalla Costituzione la parola “razza”

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Nell’articolo 3 della Costituzione tedesca, così come in quello del testo italiano, si esplicita l’uguaglianza di tutti i cittadini, per lingua, origini, religione e per l’appunto, per la sua razza. Il governo ha annunciato per bocca della ministra della Giustizia Christine Lambrecht ha annunciato che il termine, che era stato ripreso dagli autori della Costituzione per prendere le distanze dal regime nazionalsocialista, sarà cancellato dal testo. Senza però andare a intaccare il concetto di protezione di tutte le minoranze esplicitato nel testo: una delle proposte alternative prevede di sostituire il termine con l’espressione “Heimat und Herkunft”, cioè “patria e luogo d’origine”. 

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