Dopo un lunghissimo scontro interno il partito conservatore si avvia a incoronare Laschet candidato alla cancelleria: la Csu ha promesso di adeguarsi alle decisioni di Berlino e alla fine Söder ha annunciato il pieno sostegno del suo partito al governatore del Nord Reno-Vestfalia
I conservatori tedeschi hanno deciso «col favore delle tenebre», si direbbe in Italia: il candidato alla cancelleria dell’Unione di Cdu e Csu sarà Armin Laschet, da pochi mesi a capo del partito di Angela Merkel. La mossa, consacrata dalla concessione della vittoria interna da parte del capo della Csu Markus Söder, sembra quasi affrettata, dopo la presentazione da parte dei Verdi di Annalena Baerbock per la corsa verso Berlino, che ha raccolto grande consenso. L’Unione, già in sofferenza, non può vantare un entusiasmo del genere.
La campagna elettorale si avvia verso la decisiva fase estiva, e mentre gli altri due partiti che ambiscono alla cancelleria hanno preso la loro decisione (Olaf Scholz per la Spd, appunto Baerbock per i Verdi), l’Unione appare divisa come non mai. Un paradosso, se si guarda agli ultimi sedici anni, in cui ci sono stati alcuni allontanamenti dalla linea di Merkel, che però è riuscita a tenere sempre a bada le correnti.
Quasi di corsa, lunedì notte i vertici della Cdu hanno trovato l’accordo su Laschet in una riunione del Präsidium, l’assemblea che prende le decisioni di indirizzo del partito. L’organismo raccoglie cancelliera, ministri, dirigenti di partito, tesoriere e altri membri eletti. Il voto è stato tutt’altro che unanime: su 46 membri votanti Laschet, governatore del Nord Reno-Vestfalia, ha raccolto solo 31 voti, in 9 si sono espressi per Söder e 6 si sono astenuti.
Lo scontro
È l’esito di una lunga settimana di discussioni con il capo del partito gemello Csu (in tedesco Scwesterpartei, partito-sorella, visto che il sostantivo è femminile). Söder, che governa la Baviera, aveva lanciato la sua candidatura, creando così uno stallo all’interno dell’unione conservatrice. Un caso più unico che raro: dalla fine della guerra solo in due occasioni la Csu ha scelto il candidato cancelliere. È accaduto nel 1980, quando poi Franz Josef Strauß, dominatore della Csu del boom economico perse contro il socialdemocratico Helmut Schmidt, e nel 2002, quando Edmund Stoiber ebbe internamente la meglio su una giovane Angela Merkel, ma poi perse contro il cancelliere uscente Gerhard Schröder.
La Csu non ha espresso un cancelliere, ed è ormai chiaro che l’ambizione del competitivo governatore è agguantare il primato.
Per ora il suo sogno è rimandato: dopo la faticosa discussione interna, il politico di Norimberga ha concesso la vittoria a Laschet, annunciando la promessa di un pieno sostegno suo e del suo partito, «con tutta la forza, senza rancore», almeno a parole.
Söder è apparso deluso e ha ringraziato per il sostegno che ha ricevuto «da tutto il paese»: una piccola rivendicazione velenosa che il governatore ha voluto inserire nel suo discorso per ricordare a tutti chi sarebbe stato il «candidato dei cuori», come lo ha chiamato poco dopo il segretario generale della Csu Markus Blume. Perché sui consensi tra i due non c’è storia, né ce ne sarebbe stata se avessero votato i parlamentari: in molti, anche tra le fila della Cdu, per mantenere il proprio seggio avrebbero puntato sul bavarese. La definizione un po’ kitsch di Blume mette però in luce un elemento importante e sottintende una minaccia diretta a Laschet: se da ora in poi sarà candidato unico lo deve soltanto a Söder, che, diversamente da lui, detta legge nel suo partito e ha un pacchetto di consensi da piazzare. Se avesse deciso di impuntarsi, la Csu non lo avrebbe mai lasciato solo.
Non c’è dubbio che Söder farà pesare questo suo ruolo cruciale, soprattutto se i conservatori dovessero essere ancora al governo, figurarsi altrimenti, quando potrà far intendere che con lui come candidato sarebbe andato tutto diversamente. E poi ha solo 54 anni (contro i 60 di Laschet), quindi alle prossime elezioni potrebbe ancora dire la sua, anche se tradizionalmente la Csu esegue in maniera quasi automatica le istruzioni che arrivano da Berlino.
Danno d’immagine
«Dopo il tempo delle discussioni, arriva il tempo delle decisioni», ha detto Söder, lasciando però dire a Blume che la scelta è stata quella sbagliata e i conservatori hanno detto di no a «un’offerta dannatamente buona». Una decisione ai conservatori però serviva parecchio, dopo il contrasto stridente con l’immagine compatta che hanno dato i Verdi, principali concorrenti nella prima campagna elettorale che li vede davvero competitivi con i partiti tradizionali. Ma ormai il danno è fatto e, almeno per il momento, l’Unione sembra un’alleanza forzata in cui nessuno è all’altezza dell’eredità di Merkel.
Adesso la strategia della Cdu è ancora una volta quella di sperare nella prosecuzione del miracolo di Merkel, che ha avuto la capacità di raccogliere il paese al centro, sfondando i recinti tradizionali del partito conservatore: il rischio è quello che Laschet non venga percepito dall’elettorato come affidabile quanto Merkel, e per avere la dimostrazione che i primi a non essere convinti sono i membri del partito basta guardare al voto di lunedì sera.
Raccogliere i cocci
Ora il conservatore moderato, cattolico e maggiore di tre figli che all’università ha seguito studi giuridici deve puntare al centro e recuperare tutti quei voti della borghesia che cercano una presenza rassicurante che ponga un freno alle ambizioni verdi. Ma per mettersi al sicuro, Laschet deve tenere a distanza i Verdi, che oggi sono più vicini che mai. I sondaggi danno i conservatori intorno al 27 per cento e i verdi al 21: un divario che l’ambiziosa Baerbock punterà a chiudere il più possibile per arrivare a negoziare ad armi pari con Laschet o per riuscire addirittura a evitarlo puntando a un’alleanza verde-rossa-rossa, con Spd e Linke. Ma è ancora presto per pensare alle coalizioni, soprattutto per Laschet, che ora deve modellare una campagna elettorale che risollevi il partito da un minimo storico: a metà gennaio i consensi erano ancora superiori di quasi dieci punti. La Cdu è in condizioni difficili dopo aver dato una pessima prova nella gestione della seconda ondata di pandemia, in cui la cancelliera è sembrata in balia delle decisioni dei governatori dei Land finché non si è imposta con una legge che impone restrizioni automatiche oltre una certa soglia. In sofferenza è anche il suo ministro della Salute, Jens Spahn, della Cdu, che è stato considerato per un periodo un possibile erede di Merkel: il solo pensiero sarebbe impossibile anche solo da formulare oggi, dopo che è stato lambito dallo scandalo sull’acquisto di mascherine che ha coinvolto diversi parlamentari e ha contribuito a polverizzare la fiducia nel partito. Diverse inchieste giornalistiche hanno sollevato casi di laute provvigioni ottenute da deputati che avrebbero mediato durante il primo lockdown per garantire alle imprese tedesche mascherine dall’estero quando in Germania non erano disponibili.
Quel che resta da vedere è se Laschet, nella sua rincorsa del voto moderato, non perderà di vista il bacino più conservatore che guardava con entusiasmo a Söder: proprio per questo motivo gli servirebbe avere al proprio fianco il capo della Csu, in una sorta di tandem che assomigli vagamente a quello con cui correranno i Verdi. Da quelle parti si spera che il carisma di Robert Habeck possa dare alla competente candidata cancelliera la spinta di cui ha bisogno per vincere la gara. Quanto le due primedonne dei conservatori possano stare sullo stesso palco è ancora tutto da vedere, ma probabilmente i conservatori cercheranno di inserire nel programma elementi per strizzare l’occhio alla fazione più conservatrice. Il testo non è ancora stato presentato (diversamente da quasi tutti gli altri partiti). Resterà da vedere quanto del consenso che aveva Merkel (che nel 2013 era arrivata al 41,5 per cento) riuscirà a raccogliere il candidato della Cdu. Una sfida difficile per chiunque, probabilmente impossibile per Laschet.
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