L’Austria è vicina. Fin troppo, inizia a temere qualcuno nella democrazia cristiana tedesca: l’inversione di rotta della ÖVP sull’opportunità di entrare in una coalizione di governo con l’estrema destra della FPÖ ha sollevato perplessità forti anche oltre confine. Con la campagna elettorale che inizia a entrare nel vivo, la Cdu continua a giurare che terrà in piedi la Brandmauer, il muro di fuoco che da sempre limita l’agibilità nel panorama politico tedesco verso l’estrema destra, ma è sempre più sotto pressione. I paralleli con la situazione austriaca sono parecchi, non ultimo il ruolo esplosivo dei partiti liberali nel governo uscente in Germania e nella trattativa per la formazione del governo a Vienna.

La grossa differenza per il momento rimane l’atteggiamento dei cristianodemocratici che hanno dimostrato negli anni maggiore coerenza della ÖVP, visto che i popolari avevano portato al governo gli estremisti già diversi anni fa. Ma le due formazioni restano appaiate: il partito dell’ex cancelliere austriaco Karl Nehammer fa parte del Ppe come la Cdu. A mettere il dito nella piaga è stato il segretario della Spd Lars Klingbeil, che ha rimproverato ai cristianodemocratici di non aver preso le distanze dalla decisione della ÖVP.

A complicare le cose per il partito nazionale ci sono le priorità che la gemella bavarese Csu vorrebbe dare alla campagna elettorale, decisamente lontane da quelle privilegiate dalla Cdu. Mentre il candidato alla cancelleria Friedrich Merz vorrebbe infatti puntare sui temi economici che padroneggia meglio, la leader di AfD Alice Weidel e il governatore bavarese Markus Söder lo costringono a intervenire sull’immigrazione con alterne fortune. La sua proposta di togliere il passaporto tedesco a chi detiene due cittadinanze e commette reati è stata duramente criticata e qualcuno è arrivato addirittura a sollevare dubbi sulla costituzionalità.

Ma Merz deve trovare un’identità, e presto: già oggi comparirà infatti di fianco a Söder sul palco del congresso della Csu al convento di Seeon, dove i bavaresi sono riuniti da domenica. A quel punto, Merz dovrà dimostrare di essere autonomo rispetto alla propaganda dell’estrema destra – che continua a rimproverare alla Cdu di aver perso l’occasione di collaborare con AfD negli ultimi mesi della legislatura – e di non limitarsi a subire quella del suo alleato interno. 

Destra e più destra

Intanto, Söder, a capo di quella che tradizionalmente è l’ala più conservatrice dei cristianodemocratici, si schiera sì contro l’estrema destra, ma adottandone gli slogan. E imputando la deriva austriaca alle conseguenze del governo di Popolari e Verdi che ha governato la repubblica delle Alpi negli ultimi anni. Il governatore sventola lo spauracchio di un rafforzamento dell’estrema destra come ulteriore argomentazione contro una possibile coalizione con gli ecologisti (che Merz, a dire il vero, non ha ancora escluso).

Da Lubecca il candidato cancelliere dei Verdi Robert Habeck gli ha risposto per le rime: «Proprio considerando il fatto che in Austria non è stato possibile formare una coalizione tra conservatori, socialdemocratici e liberali l’arroganza che arriva dalla Baviera dimostra che si è completamente persa di vista la storia». Nel complesso, i negoziati per la formazione del nuovo governo si preannunciano in salita: anche il candidato della Spd Olaf Scholz ha criticato i Verdi per il loro auspicio di aumentare le spese della difesa al 3,5 per cento del Pil. Un piano mal concepito, secondo il cancelliere uscente. 

In un Bundestag che rischia di essere formato da quattro sole forze (cinque, se la Linke dovesse riuscire a strappare i tre mandati diretti per tornare in parlamento anche restando sotto la soglia di sbarramento), una campagna elettorale troppo ruvida potrebbe portare a un contesto troppo ostile per la creazione di un governo, esattamente com’è successo in Austria. Uno stallo prolungato, però, aprirebbe praterie ad AfD: anche qui, è utile guardare a Vienna, dove la FPÖ, esclusa dal primo giro di consultazioni, ha guadagnato nel giro di tre mesi quasi dieci punti percentuali nei sondaggi. 

Comunque andrà a finire, AfD ha già portato a casa un grandissimo risultato, imponendo, grazie anche all’inattesa leva dell’attentato di Magdeburgo l’immigrazione come priorità assoluta della campagna elettorale. I cristianodemocratici arrancano, consapevoli del fatto che l’elettorato non ama le imitazioni: in un recente sondaggio di Bild AfD è risultata il partito più credibile per quanto riguarda la messa a terra di una politica di rimpatri più coerente. Ma dello spostamento a destra del dibattito risentono anche le formazioni progressiste: giusto ieri il governo uscente si gloriava dell’aumento dei rimpatri eseguiti nel 2024: nei primi undici mesi del 2024 sono state espulse 18.384 persone, nell'intero anno precedente erano state 16.430. 

© Riproduzione riservata