- Quali sono le motivazioni che hanno spinto un esiguo contingente di nostri connazionali ad arruolarsi con milizie ucraine dopo l’invasione russa ordinata da Vladimir Putin?
- Quello dei foreign fighters italiani è un fenomeno molto ristretto se paragonato ad altri paesi, ma che risale già alle prime fasi del conflitto con l’annessione della Crimea nel 2014
- I combattenti partiti nel 2022 però presentano alcune differenze rispetto ai loro predecessori: sono più giovani e ispirati più da motivazioni personale e da ideali che dalle ideologie di estrema destra
Dopo oltre sei mesi di guerra in Ucraina, è possibile fare un primo bilancio sul ruolo dei volontari stranieri nel conflitto, in particolare di quelli italiani. Prima dell’invasione di febbraio, buona parte di chi si recava a combattere nel Donbass era spinta da un percorso di forte radicalizzazione ideologica e militanza politica, specialmente in movimenti neofascisti. La nuova generazione di volontari, tuttavia, sembra mossa da motivazioni personali e meno legata all’estremismo politico che ha contraddistinto la fase precedente.
La Legione Internazionale
Il 27 febbraio 2022 il governo di Kiev ha istituito la Legione Internazionale per la Difesa dell’Ucraina, che in pochi giorni ha raccolto migliaia di richieste di arruolamento da oltre cinquanta paesi. La Legione è formalmente inquadrata nella riserva delle Forze di Difesa Territoriale e schierata dall’Esercito, salvo un contingente speciale sotto il comando dell’intelligence militare (Gur).
Talvolta i media confondono altre unità e milizie che combattono per l’Ucraina, ma non fanno parte della Legione Internazionale. Tra queste figurano la Legione Nazionale Georgiana, fondata da veterani della guerra del 2008 nel paese caucasico, il reggimento Kastuś Kalinoŭski e il battaglione Pahonia, composti da volontari bielorussi, i battaglioni ceceni Sheikh Mansur e Dzhokhar Dudayev, ma anche la cosiddetta Legione Russia Libera, creata da dissidenti del regime di Putin.
In particolare, il contingente bielorusso è alimentato da dissidenti del regime di Lukashenko ma ultimamente sono emersi attriti fra i combattenti e il governo in esilio di Svetlana Tsikhanouskaya. Infatti, la leader dell’opposizione democratica ha nominato un ex ufficiale delle forze speciali quale delegato per il settore difesa, ma è mal visto dai volontari bielorussi in Ucraina. A causa di queste tensioni interne, il battaglione “Terror” del reggimento Kalinouski si è reso autonomo, ma il malcontento serpeggia anche negli altri due, “Volat” e “Litvin”. I comandanti di queste unità hanno ambizioni politiche per il post-Lukashenko e non vedono di buon occhio gli ordini imposti dal gabinetto di Tsikhanouskaya.
La Legione Internazionale, invece, gode di minore autonomia operativa rispetto alle altre unità, che hanno leadership più forti e maggiore omogeneità nazionale. Dopo il bombardamento russo del 13 marzo sul centro addestrativo di Yavoriv, al confine polacco, molti volontari stranieri sono rimasti traumatizzati e hanno lasciato il paese, perché si sono resi conto di cosa fosse veramente la guerra. Il governo ucraino ha perciò ristretto i criteri di reclutamento, limitando a candidati con precedente esperienza di combattimento.
I membri della Legione firmano un contratto di servizio con le forze armate e percepiscono uno stipendio pari a quello dei commilitoni ucraini, perciò non si possono definire combattenti irregolari o foreign fighters. Attualmente, la Legione Internazionale consiste in un battaglione su tre compagnie (Alpha, Bravo, Charlie), per un totale di circa duecentocinquanta effettivi. La compagnia Bravo è stata schierata per mesi a difesa di Kharkiv, mentre la Charlie è stata trincerata sulla sponda ovest del fiume Donets, tra i villaggi di Molodova e Staryi Saltiv, ma con la controffensiva ucraina di settembre il fronte è avanzato di molti chilometri. A queste compagnie va aggiunto il reparto speciale di svariate centinaia di uomini gestito direttamente dall’intelligence militare (Gur), che attinge al bacino di volontari della Legione ma opera in autonomia insieme alle forze speciali ucraine, in azioni di sabotaggio come quelle compiute nel mar Nero contro navi russe. Nella Legione, gli stranieri possono ottenere al massimo il grado di caporale, perché gli ufficiali sono sempre ucraini. Questa situazione crea talvolta problemi di comunicazione con i superiori e frustrazione per non essere apprezzati in base alla propria esperienza pregressa.
I profili dei volontari italiani
Nonostante l’Italia sostenga l’Ucraina anche con la fornitura di armi, il Codice penale vieta ai suoi cittadini di prendere parte a un conflitto estero «in modo da esporre lo stato italiano al pericolo di una guerra» e prevede la reclusione da sei a 18 anni. Il primo italiano indagato per essersi recato a combattere in Ucraina è il 19enne Kevin Chiappalone, militante genovese di CasaPound, che a inizio maggio è stato ammesso nella Legione Internazionale, benché privo di esperienza militare e con un background di estrema destra. Si tratta perciò di una violazione dei criteri stabiliti da aprile per essere reclutati. Chiappalone ha poi preso le distanze da CasaPound, probabilmente per tutelarsi dall’indagine, e ha difeso la sua scelta di aiutare in armi l’Ucraina, dove si trova attualmente nella compagnia Charlie, secondo plotone, con il nome di battaglia “Milza”.
L’impressione è che le procure aprano indagini solo su quei volontari che hanno un chiaro passato in movimenti estremisti. L’intelligence italiana sta monitorando gli italiani tra i ranghi delle forze ucraine, che sarebbero circa venti. Oltre a Chiappalone, tra di loro la più nota è l’ex allieva pilota Giulia Schiff, classe 1999, che ha fatto parte del reparto speciale della Legione gestito dal Gur e poi è passata all’unità indipendente Masada, fondata da volontari di origine ebraica tra cui il suo attuale fidanzato israelo-ucraino, rimasto ferito in combattimento. L’ex militare italiana, espulsa dall’Aeronautica dopo un lungo iter legale, si è arruolata per solidarietà con il popolo ucraino e per un senso di rivalsa, dichiarando di aver trovato un senso di realizzazione personale partecipando al conflitto. Ha combattuto sul fronte del Donbass ed in quello meridionale di Kherson. A ottobre è brevemente tornata in Italia ed è intervenuta a Roma in una manifestazione in piazza Venezia per parlare della guerra, ma è già tornata al fronte.
Un altro italiano che si è offerto volontario è Ivan Luca Vavassori, ex calciatore 29enne nato in Russia ma adottato da una famiglia italiana. A inizio maggio ha deciso di rientrare per lo stress accumulato combattendo a Mariupol e per ragioni sentimentali. Il pool antiterrorismo della procura di Milano aveva aperto un’inchiesta conoscitiva per verificare eventuali canali di reclutamento, ma senza iscrivere Vavassori nel registro delle notizie di reato.
Altri volontari hanno il passaporto per origini italiane, ma provengono da paesi dell’America Latina o del Nord Europa (ad esempio un italo-argentino attualmente al fronte e uno svedese di origine italiana che è morto). È anche il caso di Benjamin Giorgio Galli, 27enne italo-olandese nato nella provincia di Varese ma residente nei Paesi Bassi, che si è arruolato nella Legione Internazionale a inizio marzo ed è morto in combattimento nella zona di Kharkiv a settembre. Galli e Chiappalone condividevano la passione per il soft air, oltre a non aver inizialmente informato le famiglie della propria partenza, elemento comune a tutti i volontari più giovani.
Due generazioni a confronto
Sul lato dei filorussi, il 30 marzo era già morto Edy Ongaro, 46enne originario di Portogruaro, che si era unito ai separatisti dal 2015, ma apparteneva alla “prima generazione” di italiani nel Donbass. Così come Andrea Palmeri, 42enne ex capo ultras della Lucchese e militante neofascista di Forza Nuova, che da anni è latitante in Donbass a fianco dei filorussi. Tra quelle fila sono passati anche Riccardo Cocco, Massimiliano Cavalleri e Riccardo Sotgia. Risale al 2016 anche l’impegno di Giuseppe Donini, 52enne estremista di destra di Ravenna, che però dal 2015 si era unito agli ucraini del reggimento Azov, con Valter Nebiolo, e combatte tutt’ora nell’est. Ad ottobre, invece, è stato ucciso in Donbass anche il sardo Elia Putzolu, che si era unito ai filorussi nel 2019, dopo un passato di militanza nei centri sociali milanesi.
I volontari italiani nella Legione Internazionale e nelle altre formazioni militari ucraine costituiscono una percentuale esigua se comparati con quelli provenienti da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, ma anche dall’Europa centro-orientale. L’età media della “seconda generazione” italiana è significativamente più bassa della prima. La provenienza si concentra nel nord Italia, con alcuni volontari del centro e altri di origine italiana ma residenti all’estero.
Il ruolo dell’estrema destra
Ad oggi, l’unico combattente noto della nuova generazione per avere un background di estrema destra è Kevin Chiappalone, mentre gli altri hanno espresso semplici motivazioni di solidarietà e non sono affiliati a movimenti politici. Nel corso di questi mesi sono emerse foto del fondatore di CasaPound, Gianluca Iannone, insieme a combattenti ucraini del battaglione “Revansh”. Si tratta di una formazione nazionalista di estrema destra che ha “omaggiato” i neofascisti italiani in occasione dell’anniversario della Marcia su Roma con una foto che ha scatenato polemiche: volontari di Revansh reggono un cartello con la scritta “La Marcia Continua, 28 ottobre 1922 – fronte ucraino 2022”. Tuttavia, al di là di un viaggio di Iannone per portare qualche pacco umanitario, non si hanno notizie di altri militanti di CasaPound che abbiano imbracciato le armi in Ucraina.
L’unica donna, Giulia Schiff, è anche l’unica tra gli italiani ad avere un’esperienza militare pregressa, maturata all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli con addestramento di volo, paracadutismo e uso delle armi, benché non esperienza di combattimento. A livello numerico il fenomeno dei volontari italiani in Ucraina resta limitato, ma è significativo perché testimonia un cambiamento nel corso degli anni, da combattenti fortemente ideologizzati in un processo di radicalizzazione verso una “seconda generazione” di giovani, spinti da un insieme di ragioni personali e ideali.
Questa tendenza non è limitata alla componente italiana, ma si riflette in tutto il bacino di volontari stranieri accorsi in difesa dell’Ucraina. Lo staff della Legione Internazionale sta spingendo affinché il parlamento di Kiev istituzionalizzi per legge il reparto di stranieri, sulla falsariga delle legioni straniere francese e spagnola, ma tra i vertici militari ucraini non tutti sono favorevoli.
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